Tangenti alla Regione Puglia, ecco perché chi governa deve rispondere sulle persone che ha scelto

Il commento di Rocco D’Ambrosio sul nuovo filone dell’inchiesta partita dalle tangenti all’ex capo della Protezione civile. “I due mandati della presidenza Emiliano sono segnati da atti discutibili politicamente ed eticamente” – fonte: Rocco D’Ambrosio – bari.repubblica.it

Così tutte le forme di illecito, da quelle più sornione a quelle più feroci – come spiegava Italo Calvino, nel 1980, in “La coscienza a posto”si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilità e compattezza e coerenza e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto“.

La Regione Puglia è uno di questi sistemi? Sembrerebbe di si, viste le diverse irregolarità e presunti reati, che alla base hanno – direbbero i latini – un pactum sceleris, ovvero un “patto di scelleratezza” o meglio un “patto per il delitto“, che può essere di sinistra come di destra. Al potere giudiziario spetta il dovere di procedere come Costituzione e leggi comandano; ai cittadini e alle altre istituzioni di interrogarsi sul fatto.

E qui si pone il primo rilievo: la corruzione indigna sempre meno. In ampi strati dell’opinione pubblica è ritenuta “normale“. La si tratta come un raffreddore passeggero: essa è, invece, una vera e propria bronchite cronica; in altri termini un sistema perverso, una trama accattivante, un male pervasivo (cf. R. D’Ambrosio et Al., La corruzione: attori e trame). Essa, infatti, non è la semplice somma di atti illegali e immorali, ancora per Calvino, è un “sistema stabile, compatto e coerente“; per papa Francesco “uno stato personale e sociale, nel quale uno si abitua a vivere“. Suoi ingredienti sono fattori di diversa natura quali: “Centri di potere – sempre Calvino – mezzi finanziari smisurati, favoritismi, finanziamenti illeciti, illegalità, tangenti, complicità passiva, cattiva amministrazione della cosa pubblica, impunibilità, associazioni a delinquere di tipo tradizionale, sequestri di persona, svaligiamenti di banche, organizzazioni del terrore, presunzione di essere il miglior sistema possibile“. La lista è lunga e, purtroppo, nella Regione Puglia, il numero dei “fattori” sembra aumentare più che diminuire.

I due mandati della presidenza Emiliano sono segnati da atti discutibili, politicamente ed eticamente: un continuum dove attività istituzionale e di partito, relazioni con imprenditori e attori istituzionali sono confuse e intrecciate tanto da non poterle distinguere per natura e finalità. Con una squadra di assessori che non brilla tanto, la presidenza Emiliano nomina persone in ruoli strategici, rinforzando trame fitte con dubbi personaggi, siano essi politici o pubblici amministratori o imprenditori. Ovviamente non parlo di elementi penalmente rilevanti (del resto non compete a me stabilire se lo siano o meno), ma si tratta, comunque, spesso di scelte personali e politiche, dal punto di vista etico, fortemente discutibili.

La lotta alla corruzione passa prima di tutto dall’adottare criteri ineccepibili nelle scelte politiche e amministrative: come Weber insegnava i politici devono sempre “rispondere delle conseguenze prevedibili delle loro azioni. Ciò significa rispondere anche di sé e dei propri collaboratori, sul perché sono stati scelti e su chi ha vigilato su di loro. Se non si fa questo si contribuisce a creare una zona d’ombra dove la corruzione ha il terreno fertile per attecchire, ramificarsi e crescere. La storia evangelica si ripete: la zizzania si insinua tra il grano in mille modi. E invece di indignarsi davanti a questo spettacolo, ci ritroviamo con un assordante silenzio, della maggioranza come dell’opposizione, sui fatti accaduti. Il non schierarsi, l’ambiguità possono, anch’essi, diventare terreno fertile per la corruzione e per la perdita di fiducia dei cittadini (compreso il non voto).

Servire un’istituzione – espressione così spesso usata da diventare retorica stucchevole – non vuole dire tacere o parlare, operare o astenersi solo se il consenso elettorale cresce. Servire un’istituzione vuol dire amarla, spendersi per essa con “disciplina, onore e imparzialità” (Costituzione artt. 54 e 97), rispettare la legge, parlare meno e lavorare duro nel portare frutti di bene pubblico, evitare autoreferenzialità e vanagloria, allontanare i corrotti e promuovere chi fa il bene, saper lasciare quando è giunto il tempo. La Puglia ne ha avuti di esempi fulgidi, purtroppo con pochissimi imitatori tra i politici di oggi. Due per tutti: Aldo Moro (1916-1978) e Nicola Occhiofino (1937-2011).

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