
Nella consulenza tecnica disposta dalla Procura l’elenco delle “irrituali forniture di apparecchiature sanitarie ad alta tecnologia, sorprendentemente affidate dalla Regione a un’impresa di costruzioni” – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it
Un tomografo per la Tac acquistato dalla Regione Puglia a 650mila euro quando il suo valore di mercato era circa 250mila; una colonna laparoscopica 4k pagata 261mila euro che avrebbe potuto essere trovata a poco più di centomila; la colonna endoscopica completa di kit per gastro e colonoscopia costata 145mila euro mentre in altre parti d’Italia veniva fornita a 95mila. E poi i tavoli operatori multidisciplinari per urologia da 54mila euro l’uno che in Lombardia venivano acquistati a 30mila, le 80 travi testaletto verticali e le 28 orizzontali per un totale di 800mila euro. Senza dimenticare l’autoclave da 313 litri pagata 61mila euro al cui posto è stata invece installata una da 25mila con diverse caratteristiche.

Nella consulenza tecnica dell’architetto Maurizio Bracchi, disposta dalla Procura di Bari nell’ambito dell’inchiesta sull’ospedale Covid alla Fiera che conta dieci indagati, c’è l’elenco di quelle che vengono definite «irrituali forniture di apparecchiature sanitarie ad alta tecnologia, sorprendentemente affidate dalla Regione a un’impresa di costruzioni». Cioè alla Cobar di Altamura, la ditta che (insieme alla Item Oxygen) si era aggiudicata la procedura per la realizzazione della struttura d’emergenza e che, a lavori in corso, ha cominciato a inviare alla Protezione civile – all’epoca guidata da Mario Lerario – preventivi per la fornitura di apparecchiature mediche non previste nell’offerta con cui si era aggiudicata la gara e che, dopo lo smantellamento dell’ospedale, sono state distribuite al Policlinico di Bari e ad altre aziende sanitarie.
«Appare sorprendente che un’impresa di costruzioni proponga la fornitura di apparecchiature sanitarie ad alta tecnologia – scrive il consulente – e ancor più sorprendente che una pubblica amministrazione prenda in considerazione l’affidamento senza alcuna consultazione del mercato». Perché a guardare i conti, secondo il consulente, Cobar è stata strapagata per tali commesse. «I prezzi proposti – spiega Bracchi – appaiono del tutto spropositati in rapporto ai prezzi di aggiudicazione di analoghe apparecchiature spuntati dalle stazioni appaltanti». Ma di tali ragionamenti non c’è traccia nella documentazione acquisita dal Nucleo Pef della Guardia di finanza alla Regione e sequestrata a Mario Lerario e a Antonio Mercurio, che del megaappalto fu responsabile unico del procedimento.

Nell’ufficio di Mercurio è stato trovato un appunto manoscritto con cui veniva ribaltato l’esito della procedura di gara, che in base alle offerte tecniche avrebbe dovuto essere aggiudicata alla Operamed di Padova, attribuendo punteggi superiori alla Cobar. Nella sede della società della famiglia Barozzi, invece, i finanzieri hanno trovato altri appunti, nei quali si rappresenta una situazione che il consulente definisce «contrattuale e meta-contrattuale». Ovvero viene spiegato come i lavori, appaltati per 8,5 milioni, siano lievitati fino a 29. Esattamente la cifra che Lerario aveva indicato in una serie di messaggi inviati al governatore Michele Emiliano prima dell’avvio della gara, nell’ottobre 2020, quando l’allora capo della Protezione civile spiegava cosa aveva previsto per l’ospedale in Fiera. «Pensiamo a 272 posti letto, con moduli a pressione negativa, per 64 sub intensiva e 144 di degenza medica/infettiva, con due sale operatorie, una radiologia, locali tecnici, deposito farmaceutico, laboratorio, accettazione» diceva. E alla domanda di Emiliano sui fornitori, rispondeva: «Faremo lavorare tutti…».
In effetti, di aziende ne hanno lavorato tante, oltre 20 secondo i finanzieri, «sebbene nessun atto di autorizzazione al subappalto risulti emanato dalla stazione appaltante». Ciò che risulta sono invece i cinque ordini di servizio per lavorazioni aggiuntive, emanati da Lerario e pagati da Mercurio, che hanno consentito alla Cobar di aumentare ulteriormente i guadagni. Come quelle per la realizzazione di uffici e sale formazione nel padiglione 10, «non oggetto di consegna da parte della stazione appaltante», in cui Lerario voleva allocare una sede della Protezione civile regionale e per cui fu speso un altro milione e settecentomila euro.