Strisciuglio, chiesti 554 anni di carcere per quaranta presunti affiliati al clan

bari.repubblica.it/cronaca

Sono quaranta le condanne chieste dal pm Antimafia della Procura di Bari Patrizia Rautiis nei confronti di altrettanti presunti affiliati al clan Strisciuglio. Comprese fra 17 anni e 7 anni di reclusione, le pene richieste per associazione mafiosa e traffico di droga raggiungono complessivamente 554 anni di carcere. Dopo le udienze dedicate alle arringhe difensive, la sentenza della Corte d’Assise è prevista per il prossimo 18 novembre.

Tra le imputazioni, anche l’omicidio del pregiudicato Antonio Chiarolla, di cui si è autoaccusato il collaboratore di giustizia Giovanni Amoruso. Per lui l’accusa ha chiesto la condanna a 10 anni di reclusione. La condanna più pesante, a 17 anni 5 mesi e 10 giorni di reclusione, è quella richiesta per il pregiudicato Giorgio Fanelli, ritenuto dagli investigatori uno dei vertici dell’organizzazione. Condanne a 15 anni per 24 dei 40 imputati: tra questi il presunto reggente del clan al quartiere Enziteto di Bari, Luigi Spano, uno dei responsabili dei “gruppi di fuoco”, Vito Valerio, il referente dell’alleato clan Telegrafo del quartiere San Paolo, Carlo Iacobbe, e il pregiudicato Giovanni Lovreglio. Questi nei giorni scorsi ha ottenuto dal Tribunale di Sorveglianza di Roma la revoca del regime del carcere duro. Secondo i giudici Lovreglio non avrebbe una “biografia criminale di spessore” tale da giustificare il regime carcerario del 41 bis, al quale sono sottoposti i boss.

Nel procedimento, denominato “Libertà”, la Procura ha ricostruito le attività illecite del clan capeggiato da Domenico Strisciuglio soprannominato ‘Mimmo La Luna’, dal 2006 al 2012, a partire dalla “rigenerazione” – come l’ha definita il pm in aula – del gruppo criminale dopo il blitz ‘Eclissi’ del gennaio 2006 che aveva decimato il clan con 182 arresti. Il clan Strisciuglio rappresenta “un contro-Stato capace di seminare morte sul suo cammino”, ha detto il pm, tramite “assoggettamento, intimidazione, omertà”.

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