Sabato 2 marzo 2019 lo ricorderemo per essere stato un giorno infausto per la libertà di stampa, e di pensiero, nella nostra città. Nello stesso giorno un articolo apparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno parla delle sparatorie avvenute il 19 e 28 febbraio u.s. in via Madre Teresa di Calcutta; mentre un articolo della redazione di MolfettaViva, anche questo pubblicato lo stesso giorno, raccontava gli stessi fatti infarciti di notizie d’archivio degli anni ’90 che avevano interessato alcune famiglie storiche coinvolte in episodi criminali locali. Nella stessa mattinata del 2 marzo l’articolo on line del sito di MolfettaViva, e su Facebook, sono stati oscurati a causa delle minacce che l’editore e la redazione hanno subito da parte di alcuni esponenti delle famiglie malavitose molfettesi di cui si parlava nell’articolo. Noi avevamo salvato l’articolo oscurato e ve lo riproponiamo di seguito senza i riferimenti a persone e famiglie. Invece l’articolo della Gazzetta del Mezzogiorno, pur avendo generato scomposte reazioni non poteva essere oscurato perché già stampato e letto dai molfettesi. L’articolista Matteo Diamante è stato comunque minacciato e diffidato da un noto pregiudicato, nonostante nell’articolo non vi fosse alcun riferimento a persone e famiglie criminali. Il Liberatorio Politico conferma la solidarietà, già espressa, ai giornalisti e alla redazione di MolfettaViva.
Se fosse confermata un’altra sparatoria avvenuta a mezzanotte circa tra il 13 e 14 marzo avvenuta in via Freemantle, angolo via Molfettesi d’America, avremmo un quadro d’insieme preoccupante. In poco meno di un mese tre sparatorie e i Carabinieri di Molfetta cercano di chiudere il cerchio e si spera di poter leggere a breve i risultati delle loro indagini. Mentre sul versante politico il silenzio è assordante. Il sindaco tace su questi episodi assieme a tutte le forze politiche.
Di seguito l’articolo scomparso dalla rete a causa delle minacce ricevute da noti pregiudicati e loro familiari
Almeno 8 colpi, fra il 19 ed il 28 febbraio, sono stati esplosi contro il portone di uno stabile popolare di via Madre Teresa di Calcutta, a Ponente. Potrebbe essersi trattato di una intimidazione nei confronti di XXXXXXXXXXXXXXXXXXX, che abita proprio in quella palazzina.
Sullo scenario, la tensione, evidentemente tornata alle stelle, tra le due principali famiglie criminali che si contendono l’egemonia locale per il controllo dello spaccio di sostanze stupefacenti a Molfetta: la famiglia XXXXXXXXXXX detta «XXXXXXX», che in città commercializza prodotti ortofrutticoli al dettaglio ed all’ingrosso, da sempre opposta a quella dei XXXXXXXX, detti «XXXXXXXXX».
Il primo raid è avvenuto il 19 febbraio scorso, alle ore 15.30: «Due individui, su una moto – secondo quanto riportato dal Liberatorio Politico, in una nota -, hanno esploso tre colpi d’arma da fuoco sui vetri di un portone condominiale. Nel silenzio pomeridiano le esplosioni si sono sentite nitidamente e i tre fori rimasti sui vetri sono la prova che l’arma usata non era “un giocattolo“».
Il secondo episodio, invece, è accaduto il 28 febbraio scorso, alle ore 03.30: «Alcuni colpi d’arma da fuoco sono stati esplosi da un’auto in corsa», è la denuncia riportata dal movimento civico di Matteo d’Ingeo. A terra, i Carabinieri della locale Compagnia, giunti sul posto dopo l’allarme lanciato alla centrale operativa del 112, hanno recuperato 5 bossoli dei proiettili. Che si sommano ai precedenti 3. Totale: 8 colpi.
Il mistero è fitto, i militari che hanno compiuto tutti i rilievi stanno cercando di capire il movente e soprattutto l’obiettivo reale degli spari. Diverse le famiglie che potrebbero essere coinvolte, ma il nome principale che ha catturato l’attenzione degli investigatori molfettesi è quello di XXXXXXXXXXXX XX XXXX, residente proprio in quella palazzina di edilizia popolare di via Madre Teresa di Calcutta, all’estrema periferia di Ponente.
L’uomo, conosciuto negli ambienti criminali con il soprannome di “XXXX“, balzò agli onori della cronaca il 22 luglio 1997, quando uccise XXXXXXXXXXXX, del clan rivale, il quale lo aveva offeso schiaffeggiandolo. E proprio quell’episodio diede il via ad una sanguinosa faida culminata in un triplo ferimento, avvenuto nel 2006: l’uomo, tornato in libertà grazie ai benefici dell’indulto, organizzò un agguato in piena regola, in mezzo a decine di persone.
Voleva vendicarsi della violenza sessuale subita da una sua parente ancora minorenne. Fu questo il motivo principale che spinse XXXXXXXXXXX XX XXXX, 28 anni all’epoca dei fatti, a sparare tra la folla la mattina del 10 ottobre al mercato di Molfetta ferendo tre persone, tra cui un pensionato di 69 anni. Nell’agguato rimasero feriti XXXX XXXXXX XXXXXX e XXXX XXXXXX, affiliati ai XXXXXXXXX XXXXX cugini del defunto XXXXXXX XXXXX.
Ma nelle palazzine interessate di personaggi dalla fedina penale non proprio limpida ce ne sono diversi, oltre a gente incensurata. Naturalmente le indagini sulla doppia sparatoria, affidate ai militari diretti dal capitano Vito Ingrosso, non escludono alcuna pista, mentre i due episodi hanno fatto salire il livello di allerta: «Qui si vedono solo brutte facce – è lo sfogo di un residente che preferisce rimanere anonimo – È meglio starsene a casa, al sicuro».
Restano tante domande: che succede a Molfetta? Lo scenario si fa via via più preciso: è in corso una faida tra le famiglie XXXXXXXXX x XXXXX e XX XXXX, che puntano a conquistare il monopolio del traffico di stupefacenti? Bocche cucite con ago e filo dalle fonti ufficiali della Compagnia di Molfetta, mentre il Liberatorio Politico afferma: «Negli anni ’90 le sparatorie e gli atti dinamitardi erano necessari quando qualcuno sconfinava nel territorio altrui».
«Cosa c’è dietro questi fatti? I soliti screzi personali, fatti passionali? – s’interroga il movimento civico di Matteo d’Ingeo -. Oppure siamo tornati ai vecchi tempi con le nuove generazioni (molto pericolose) alla ricerca di ribalta e affermazione nell’ambito dei nuovi assetti organizzativi delle nostre “famiglie” per il controllo dello spaccio della droga e di molteplici attività illecite?».
Ma si tratta di ricostruzioni che vanno calate in un contesto cittadino quanto mai rovente, che fa i conti con dinamiche nate anche in altri spaccati metropolitani, come ad esempio Bari. Una città nella morsa di almeno una faida, di almeno un focolaio di violenza ancora vivo.