Nel pozzo nero di Finmeccanica, la holding che si è fatta tasca della Politica e sua stanza di compensazione, c’è un affare da 500 milioni di euro il cui costo è stato caricato per intero sul Paese. Su almeno 400 mila piccole, medie e grandi aziende che dal 2010 versano un contributo obbligatorio, di fatto una tassa, per un servizio mai erogato e di cui per sette volte in due anni è stata prorogata l’entrata a regime (l’ultima, al 30 giugno prossimo). Una commessa pubblica per la quale la holding ha già incassato oltre 100 milioni di euro e battezzata “Sistri”, Sistema Integrato di controllo della tracciabilità dei rifiuti. Lo strumento doveva diventare l’arma definitiva nella lotta alle eco-mafie. Sostituire la manipolabile burocrazia di carta che oggi governa il trasporto e lo smaltimento, con un controllo digitale trasparente ed efficiente. Non è andata così.
Con l’opacità propria di ogni affare su cui vengono caricati costi inconfessabili – e di cui ora “Repubblica” è in grado di documentare, svelandoli, alcuni passaggi chiave – la realizzazione del Sistri, nel tempo, annega nelle nebbie e nelle fumisterie dei regolamenti ministeriali, delle norme a misura infilate in decreti legge omnibus (il “mille proroghe” su tutti). Fino a diventare un rebus per iniziati. Soprattutto, l’affare gode di uno status curioso. Diciamo pure assai anomalo. Il governo, il 5 settembre del 2008, con decreto firmato dall’allora Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, pone il “segreto amministrativo” “sul progetto, le opere, i servizi, e le forniture per la realizzazione del Sistema” che il ministero dell’Ambiente, a quella data, ha già scelto di affidare alla “Selex Service management”, società del gruppo Finmeccanica.
Per quale motivo? Perché impedire al Parlamento e dunque all’opinione pubblica di conoscere i termini di un affare di tale rilievo economico e sociale?
Il contratto svelato. Il progetto, la sua esistenza, la sua architettura, non sono un mistero. Ci ha cominciato a lavorare il governo di centro-sinistra già nel 2007. Si tratta di predisporre presso il Ministero dell’Ambiente una rete di dati integrata cui i produttori e i trasportatori di rifiuti “speciali pericolosi” dovranno agganciarsi, garantendo così la tracciabilità dell’intero processo di smaltimento. Per giustificare dunque il “segreto”, al Paese, nel 2008, viene rifilata una frottola che pure ha una sua plausibilità. Finmeccanica – si dice – lavora con una “avanzatissima tecnologia militare” che deve godere della massima protezione e dunque rimanere inaccessibile alle mille mafie che lucrano sul ciclo dei rifiuti. Peccato non sia vero….
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