“Sistema Trani”, nell’inchiesta spunta uno studio legale a Bari

E scritto a Bari un pezzo dell’inchiesta sul “sistema Trani” che ha svelato la corruzione dentro quegli uffici giudiziari e fatto finire in carcere l’ex gip Michele Nardi e I’ex pm Antonio Savasta (oggi ai do-miciliari). Nato da una denuncia di Flavio D’Introno, imprenditore di Corato, e dalla trasmissione di al-cuni atti a Bari da parte della Procura di Lecce. Documenti che riguardano presunti episodi corruttivi che sarebbero stati commessi da magistrati che sono stati in servizio presso la commissione tributaria. Sulle indagini vige il riserbo, ma alcuni particolari sono venuti fuori nel corso dell’incidente probatorio di D’Introno davanti al gip leccese Giovanni Gallo.

Le indagini baresi.

Dopo gli arresti e il mio interrogatorio del 2 febbraio ho ricevuto minacce da un altro magistrato —ha detto — e per questo motivo ho presentato denuncia alla Procura di Bari“. Che non ha esitato a con-vocarlo e a fargli mettere nero su bianco le pesanti dichiarazioni su quel personaggio, che per spaventarlo avrebbe fatto riferimento alla mafia garganica. Di tali minacce, del resto, l’imprenditore aveva parlato anche con lo stesso Savasta durante un colloquio a novembre, registrato e consegnato ai carabinieri e riportato nell’ordinanza di custodia cautelare del gip Gallo. “Pure questo qua, che ti dice che ti manda la mafia garganica….“, diceva il pm. E D’Introno ribadiva: “Quello è proprio un ani-male “. Nei primi interrogatori i davanti ai carabinieri di Barletta e agli inquirenti di Lecce (il procura-tore Leonardo Leone de Castris e la pm Roberta Licci) I’imprenditore di Corato non aveva voluto rive-lare i nomi di altri magistrati coinvolti nella tangentopoli tranese. “Non mi fidavo ancora“, ha detto durante l’incidente probatorio: i nomi sono venuti fuori soltanto dopo gli arresti di gennaio.

II ruolo di Scime

D’Introno ha confermato davanti al gip il coinvolgimento dell’ex pm tranese Luigi Scimè, oggi in servizio a Salerno e indagato per corruzione in atti giudiziari. Il tramite sarebbe stato sempre Nardi: “Chiamava al telefono Scimè e gli diceva: ricordati quella cosa”. Ovvero di sistemare i processi di D’Introno, quello per usura e quello per gli attentati alla villa della moglie, dietro i quali si ipotizzava ci fosse un tentativo di truffare l’assicurazione e per i quali bisognava a tutti i costi ottenere l’archiviazione. Al pm titolare dei suoi fascicoli, D’Introno ha raccontato di avere pagato “direttamente 30 mila euro e 15 mila tramite altri due magistrati”: ovvero Nardi e Savasta. Delle consegne ha fornito anche una descrizione dettagliata. Una avvenuta a Trani sotto l’abitazione di Nardi, che prese i soldi materialmente dalle mani dell’imputato mentre Scimè osservava da lontano. “Ho visto che ha preso la busta e se ne è andato», ha risposto D’Introno durante il controesame dell’avvocato Mario Malcangi (che difende Scimè) cercando di evidenziare alcune incongruenze del suo racconto. La linea dell’imprenditore però è rimasta ferma: i soldi li hanno presi tutti. E per dare sostegno al proprio racconto, ha spiegato anche la consegna di una mazzetta a Scimè, avvenuta a Milano, durante un appuntamento nei pressi di piazza Duomo, che era stato concordato tramite Savasta. “Gli ho dato la busta, ho detto “buongiorno dottore” e sono andato via — ha riferito — Poi I’ho rivisto in corso San Babila con una ragazza”.

Lo studio legale di Bari

Anche alcuni professionisti del capoluogo potrebbero avere avuto un ruolo nel mantenimento della “macchina delle tangenti” che secondo la Procura di Lecce sarebbe stata ideata da Michele Nardi. Nella complicata vicenda della villa del magistrato, che D’Introno afferma di avere interamente ristrutturato a sue spese, compare a un certo punto un misterioso “studio legale di Bari“, davanti al quale sarebbe stato sottoscritto un lodo arbitrale con una marca da bollo retrodatata. “Nardi mi fece questa richiesta — ha detto il testimone-indagato — di trovare una marca quanto più vecchia possibile, io mi rivolsi a una tabaccheria di Corato, dove ho anche pagato tutte le utenze del dottor Nardi, e il tabacchino mi diede questa marca del 2010”. Che sarebbe stata apposta sul contratto siglato appunto nello studio legale barese e poi sottoposto a sequestro su ordine della Procura di Lecce. Se per la messa a punto di quegli atti (che potrebbero essere falsi) ci sia stata la complicità degli avvocati, non e dato saperlo. Almeno per ora, considerato che le indagini sono ancora in corso e che il gip Gallo ha imposto una proroga delle misure cautelari (carcere per Michele Nardi e il poliziotto Vincenzo Di Chiaro), domiciliari per Savasta. Oggi l’incidente probatorio di quest’ultimo.

fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

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