Simulavano l’acquisto di oro all’estero, sequestrati 133 milioni. Tra gli arrestati anche un molfettese

Lecce, simulavano l’acquisto di oro all’estero: 7 arresti e 133 milioni sequestrati – IL VIDEO  – fonte: www.lagazzettadelmezzogiorno.it

Sette persone agli arresti per una frode fiscale milionaria realizzata con la compravendita fittizia di partite d’oro. Agli arresti, per mano della guardia di Finanza di Lecce, sono finiti i membri di una società salentina attiva nel commercio di oro e metalli preziosi. Proprio loro avrebbero realizzato la frode fiscale attraverso società cartiere all’estero alle quali inviavano ingenti somme di denaro simulando inesistenti acquisti di partite di oro.

I Finanzieri su disposizione del gip ha emesso il provvedimento nei confronti di 8 soggetti (1 in carcere, 6 agli arresti domiciliari, 1 misura interdittiva) cui sono stati contestati – nelle diversificate vesti di promotori, organizzatori, amministratori, prestanome e liberi professionisti – i reati di associazione per delinquere, emissione e/o utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio, autoriciclaggio, sottrazione al pagamento delle imposte e bancarotta fraudolenta. Si tratta di Emanuele Esposito, 40 anni, di Racale (l’unico finito in carcere),  Stefano Alessandrini, 24 anni, residente in Bulgaria ma domiciliato a Taviano (Lecce); Andrea Chetta, 28 anni, di Taviano; Pasquale Mazzola, 53 anni, di Molfetta; Salvatore Mercurio, 56 anni, di Taviano; Tommaso Spiri, 71 anni, di Taviano; Fulvio Venneri, 31 anni, di Taviano. Gli ultimi sei sono ai domiciliari.

L’attività ruota principalmente  intorno a un “operatore professionale” del commercio di «oro, metalli preziosi ed oro da investimento», iscritto nell’apposito elenco della Banca d’Italia, con sede nel Salento, al centro di una fitta rete di società cartiere (italiane ed estere) e di un complesso sistema di frode fiscale e riciclaggio internazionale di denaro.

Il gip ha disposto nei confronti delle persone interessate e delle società coinvolte il sequesto preventivo – anche nella forma dell’equivalente – di oltre 133 milioni di euro ritenuti profitto dei reati contestati. Sotto chiave anche 3 fabbricati per uso commerciale e artigianale, un intero ramo d’azienda, del valore di circa 1.400.000 euro.

Le indagini ispettive, tributarie e bancarie sono state portate avanti dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Lecce e successivamente coordinate dalla Procura. Scavando nell’attività professionale dell’uomo sarebbe emerso «un complesso sistema di frode fiscale, sistematicamente esteso in ambito intra ed extra U.E. (Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Gran Bretagna, Albania, Australia e Svizzera)».

I titolari della società salentina, con il concorso di alcuni professionisti, facendo ricorso ad articolata rete di “prestanome”, molti dei quali partecipanti nella associazione per delinquere, nel periodo dal 2016 al 2020, avrebbero utilizzato diverse società “cartiere”, ubicate fuori dall’Italia, verso le quali sarebbero state bonificate ingenti somme di denaro giustificate con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, idonee a simulare l’acquisto di “partite” d’oro dall’estero.

«Quasi contestualmente – spiegano dalla Guardia di Finanza – le ingenti liquidità bonificate dalla società pugliese presso banche per lo più estere, attraverso rilevanti prelevamenti di denaro contante, sarebbero state ritirate e reintrodotte sul territorio nazionale, in parte anche utilizzate per ulteriori transazioni finanziarie “estero su estero”, innalzando la complessità degli accertamenti e facendone perdere ogni tracciabilità con l’originaria provvista».

Si è calcolato che in un solo triennio, sarebbero stati ritirati per contante, all’estero, oltre 120 milioni di euro, suscitando conseguente allarme anche presso le Autorità estere. In tale ambito, il sodalizio criminoso, per impedire all’Erario di incassare le ingenti imposte non pagate, con una serie di atti dispositivi fraudolenti si sarebbe liberata fittiziamente degli asset patrimoniali della società – destinata ad una irreversibile situazione di dissesto e poi fallita – trasferendoli ad altra società con la medesima attività e riconducibile di fatto alla stessa governance. Di conseguenza, secondo un preordinato schema illecito, la sede sarebbe stata trasferita fittiziamente in Bulgaria nel tentativo di evitare o sottrarsi ad eventuali conseguenze giudiziarie civili dei creditori (in primo luogo l’Erario).

L’operazione ha interessato diverse province italiane (Roma, Bari, Catanzaro, Arezzo, Barletta e Caserta) per perquisizioni e sequestri, e ha visto impegnati oltre 100 militari.

 

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