
Cinque persone indagate. La somma sequestrata è considerata dalla procura il profitto delle dichiarazioni falsate dalle fatture emesse per operazioni inesistenti dal 2016 al 2021. La società e le cooperative si occupano di trasporto merci soprattutto per le catene della grande distribuzione – fonte: bari.repubblica.it
La Guardia di finanza di Bari ha eseguito un decreto di sequestro preventivo – emesso dal gip del capoluogo pugliese – del valore di 60 milioni di euro nei confronti di un consorzio esercente attività di “servizi logistici relativi alla distribuzione delle merci” e di tre società cooperative che operavano nello stesso settore. I 60 milioni sono considerati il profitto di dichiarazioni fraudolente mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (per gli anni di imposta dal 2016 al 2021) e di omesso versamento dell’Iva. Cinque persone risultano indagate pur non essendo state sottoposte a misura: si tratta del dominus del consorzio e dei legali rappresentanti delle cooperative.
Le aziende e gli indagati
Il sequestro preventivo da oltre 60 milioni di euro eseguito dalla Guardia di finanza di Bari ha colpito la società consortile a responsabilità limitata Soa, operante nel settore dei servizi logistici relativi alla distribuzione delle merci, e le cooperative Mida, Lexlab e Agon. In particolare, alla Soa sono stati sequestrati 38,5 milioni, alla Mida 15,9 milioni, alla Lexlab più di 3,5 milioni e alla Agon 3,8 milioni. Indagati a piede libero l’amministratore della Soa Oronzo Angiulli (considerato dalla Procura “amministratore di fatto” anche delle altre cooperative) e i rappresentanti legali della Lexlab, Gabriela Selcuk; della Mida, Donato Raspatelli e Marco Bellini; e della Agon, Vanna Ruggeri. A loro sono contestati i reati di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e omesso versamento dell’Iva, fatti relativi agli anni tra il 2016 e il 2021.
Le indagini
Come ricostruito dagli inquirenti la Soa (definita “società filtro”), dopo aver ricevuto alcuni lavori in appalto da marchi importanti della grande distribuzione, li avrebbe poi subappaltati a cooperative (“società serbatoio”) di fatto amministrate dalla stessa persona, Angiulli, ma formalmente da soggetti definiti dagli inquirenti “teste di legno”. E gli stessi dipendenti, sulla carta assunti dalle cooperative, sarebbero stati invece lavoratori della Soa. Le cooperative avrebbero emesso fatture alla Soa “corrispondenti ai costi relativi al personale”, accumulando nel frattempo “ingenti debiti Iva sistematicamente non versati all’amministrazione finanziaria”. La Soa, attraverso i “simulati contratti di subappalto (in realtà somministrazioni irregolari di manodopera)”, avrebbe maturato “un indebito credito Iva utilizzato per compensare in tutto o in parte il debito Iva generato dalle fatture attive emesse nei confronti delle società committenti”.
L’inchiesta
“Emerge con palmare evidenza – scrive il gip Giuseppe Montemurro che ha firmato il provvedimento – la riconducibilità di tutte le cooperative investigate a un unitario centro di interesse, facente capo” ad Angiulli. “Le società cooperative coinvolte nella vicenda”, scrive ancora il gip, sono state “costituite e strumentalmente utilizzate come ‘bad companies’, sulle quali far confluire ingenti debiti Iva”, nella consapevolezza che si sarebbero “impunemente sottratte al pagamento di quei debiti Iva”. “Le società cooperative – si legge ancora nel decreto – utilizzano le strutture e i mezzi del consorzio per la gestione del personale e l’esecuzione dei servizi”.
Il sistema
“L’attenzione investigativa – spiegano gli inquirenti – è stata focalizzata sulla individuazione di strutturati meccanismi di frode fiscale, che vedono il coinvolgimento di soggetti economici, operanti nei più vari settori commerciali, costituiti nella forma di cooperative, di consorzi o di società di capitali, che presentano una ingente forza lavoro e che fungono da meri serbatoi di manodopera”.
“Questi meccanismi apparentemente legali servono alle grandi catene societarie per risparmiare a spese dello Stato”, ha detto il procuratore di Bari, Roberto Rossi: “Con quelle somme ci si possono costruire scuole, ospedali. È un meccanismo che a livello nazionale comporta 10 miliardi di euro di evasione”.
“Il meccanismo – prosegue il procuratore aggiunto Giuseppe Maralfa – funziona così: società committenti della grande distribuzione affidano alcuni lavori a consorzi chiamati società filtro che a loro volta li subappaltano a cooperative. L’ipotesi accusatoria è che il consorzio e le cooperative fossero amministrate dalla stessa persona: i dipendenti risultavano formalmente assunti presso le cooperative ma in realtà facevano direttamente riferimento al consorzio”. Questo sistema, poi, consentiva alle cooperative “di fatturare questi servizi alle società filtro per operazioni oggettivamente inesistenti – ha aggiunto Maralfa -. La società-filtro le contabilizzava e poi le portava in detrazione, violando la normativa in materia di appalto di manodopera”.