Sequestrati i cavalli dei boss pluripremiati in odor di doping

 

Con il boss in galera non hanno mai più vinto lo Stato in perdita con i cavalli di Savinuccio

di  FRANCESCA RUSSI – bari.repubblica.it

Gestito dai clan baresi ma nel cuore della camorra. Un grosso centro ippico, l’allevameno Arena s.a.s. in provincia di Caserta, è stato sequestrato questa mattina dalla Direzione investigativa antimafia di Bari. La struttura, dove sono ricoverati oltre 80 cavalli, costituiva uno dei più grossi introiti degli eredi del defunto boss Angelo Michele Stramaglia, braccio destro di Savinuccio Parisi, assassinato il 24 aprile 2009. Nel centro c’erano anche otto cavalli, finiti sotto sequestro, appartenenti alla famiglia di Valenzano, nel Barese, che partecipavano ai gran premi di ippica e correvano sui circuiti regolari vincendo numerose gare e portando a casa quasi 500mila euro. Ma, secondo la procura di Bari, quei cavalli potrebbero essere stati dopati.

Una circostanza già verificata con l’operazione “Domino”: la giustizia prese in gestione quasi 80 cavalli campioni di corsa ma, dopo il cambio di gestione, gli equini non vinsero più nulla. Per questo gli inquirenti hanno aperto un’indagine parallela anche sul doping dei cavalli appartenenti ai clan. Nel caso in cui anche gli otto puledri sequestrati oggi non dovessero confermare le prestazioni da campioni, ci potrebbe essere un’alternativa per il loro riutilizzo. “Potremmo impiegarli per l’ippoterapia” propone il procuratore capo di Bari Antonio Laudati.

Nella mattinata dunque gli agenti del Centro Operativo di Bari, in collaborazione con quello di Napoli, Roma e Bologna, hanno così eseguito il provvedimento di sequestro emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Bari in accoglimento della richiesta formulata dalla Direzione distrettuale antimafia, procedendo ad affidare tutti i beni all’amministratore giudiziario, nominato dal tribunale, che ne curerà la conduzione.

Le indagini erano partite circa due anni fa. Attraverso una serie di articolate verifiche fatte ricorrendo anche alle intercettazioni telefoniche, è stato così individuato il centro ippico, l’allevamento Arena s.a.s. di Orefice Vincenzo & c. con sede in provincia di Caserta, intestato a due napoletani ma in realtà gestito sul posto da personaggi legati allo Stramaglia. Le indagini condotte dalla Dia hanno dimostrato come questi fornivano mensilmente i guadagni che tale centro maturava, con box di ricovero a pensione dei cavalli da corsa, di cui parte utilizzati dallo stesso Stramaglia per il ricovero dei propri puledri e parte locati a terzi.

Un grosso investimento, un centro dotato delle migliori attrezzature per allenare queste “aziende su zampe” quali sono i cavalli da corsa, in quanto in grado di assicurare entrate costanti. E difatti i cavalli vincenti nei gran premi degli ippodromi sparsi per l’Italia, assicuravano al boss Stramaglia denaro fresco da impiegare in altri settori. Alla morte violenta del boss sono sopravvissuti i suoi affari tanto che proprio uomo di fiducia barese, che da sempre affiancava il boss nella gestione del settore ippico, si preoccupava di seguire le attività, raccogliendo il denaro per porlo poi a disposizione della famiglia Stramaglia.

La Dia ha proceduto al sequestro per equivalente, ovvero il rivalersi su beni di valore corrispondente al profitto del reato in quanto non più reperibile, nei confronti del patrimonio di proprietà degli eredi del defunto boss, la moglie Pietrantonio Anna ed il figlio Michelangelo. L’operazione della Dia è stata possibile in relazione alla previsione del cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’ che ha introdotto proprio la possibilità di procedere all’applicazione di misure di sicurezza anche nel caso in cui il soggetto destinatario sia deceduto, rivalendosi sui suoi eredi, proprio per il legame esistente tra il patrimonio e l’accumulo di ricchezza attraverso le attività illecite gestite a suo tempo dal defunto.

L’attrazione per i cavalli da corsa dei boss baresi è noto da tempo alle forze dell’ordine ed alla Dia che, nella relazione annuale del 2011, analizzava come le corse ippiche potessero rappresentare uno dei settori di infiltrazione della criminalità organizzata dove l’illiceità può riguardare sia la gestione delle scommesse sia la gestione delle corse stesse. Racket quindi degli animali, con cavalli all’ultima corsa, come viene evidenziato dall’ultimo rapporto di Legambiente sul “fenomeno delle ecomafie”.

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