Scempio al Duomo Vecchio, Molfetta è in rivolta. S’arrabbia anche il parroco

 

Quanto sta accadendo nelle ultime settimane a Cala Sant’Andrea e in tutto l’ampio perimetro urbano intorno al Duomo Vecchio di Molfetta sta sollevando nella comunità un acceso dibattito. I residenti lamentano il degrado di una della zone storiche più affascinanti di Molfetta e probabilmente anche della stessa Puglia. Una zona intensamente rianimata, grazie ai locali della movida. Tuttavia, nella folla serale e notturna, non mancano gli incivili, la cui azione sta facendo infuriare i residenti. E di- sperare il parroco del Duomo Vecchio.

È infatti proprio la voce di don Gino Samarelli, parroco del Duomo intitolato a San Corrado, a sollevarsi autorevole sulle altre. «Pensavo di intraprendere il comune sentimento dei nostri cittadini ed amministratori pur comprendendo la fatica e la contraddizione di chi ha responsabilità pubbliche e private – ha commentato il sacerdote – Ma lo sforzo di impegnarsi in nome di una bellezza che caratterizza l’intera nostra storia e resta nel cuore e negli occhi di tutti coloro che la visitano, questo sforzo credevo fosse doveroso da parte di tutti. Non comprendo per questo il perché del defecare negli angoli nascosti del Duomo e magari coprire gli escrementi con pietre lasciate da qualche improvvisato muratore creando allarme per possibili cadute di massi dalla facciata; non capisco perché l’arco d’ingresso a ridosso del Duomo deve essere utilizzato come urinatoio o peggio come angolo di siesta pomeridiana o serale».

Una situazione insostenibile sia dal punto di vista igienico che sotto il profilo del decoro urbano. «Sono queste e tante altre le cose che non capisco – prosegue nel suo intenso sfogo don Gino Samarelli – salvo il bisogno di costruire due nuove torri per ricordare quelle più antiche abbandonate, forse, al loro destino. Si riprenda con coraggio e serietà il senso di responsabilità di tutti i cittadini, amministratori compresi, perché quest’ultimo sperone di roccia continui a far sognare i passanti e restituisca il profumo della brezza marina e non il tanfo dell’urina e della sporcizia».

Parole molto dure che sanno di denuncia e critica a cittadini ed amministratori. Ma il parroco non è il solo ad essere indignato. Alle sue parole si aggiungono quelle di Luigi Tedesco residente del quartiere intorno a Cala S. Andrea. È stato lo stesso residente, nelle dichiarazioni rilasciate a Gazzetta, a puntare il dito contro l’installazione dei due chioschi (adibiti a locali da movida) che, a suo dire, deturperebbero il paesaggio. «Da quando sono nati i due “chiringhitos”, dopo il tramonto – ha affermato il signor Tedesco – Cala Sant’Andrea si illumina come un luna park, con file interminabili di luci che stridono violentemente col contesto, dove il silenzio e lo sciabordio del mare è oramai “vio- lentato” dal vociare costante, continuo, fastidioso delle persone. E questo invasivo vociare si protrae fino a tardi creando per i residenti un ennesimo scadimento della qualità della vita. Ho parlato con uno dei responsabili del primo “chiringhito”, il quale mi ha risposto che stava riqualificando la zona di Cala Sant’Andrea, rovesciando in modo davvero surreale la situazione. Cala Sant’Andrea deve essere considerata un bene di tutti e non può passare l’idea che ognuno possa fare quello che vuole, in nome del denaro. E questo è un processo grave – ha concluso – perché l’idea del bello, l’idea del bene comune va lentamente degradandosi».

Il tema tuttavia, non è la movida, che fa rivivere le città, piuttosto l’abuso che i frequentatori della notte consumano a discapito della comunità.

fonte: Matteo Diamante – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

 

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