
Un imprenditore: «Per evitare il fallimento vendetti una villa all’ex dg Monachino» – fonte: Massimiliano Scagliarini – www.lagazzettadelmezzogiorno.it
C’era un gruppo di dieci grandi clienti a cui, per qualche motivo, tutto veniva concesso. Finanziamenti milionari che la Popolare di Bari, ai tempi guidata dalla famiglia Jacobini, potrebbe avere erogato in assenza di adeguate garanzie e, soprattutto, omettendo o ritardando la riclassificazione a sofferenza delle posizioni quando i clienti non pagavano più. La conseguenza – secondo la Procura di Bari – è che gli ex vertici della banca, insieme a un gruppo di manager, avrebbero non solo falsificato i bilanci ma anche ingannato i risparmiatori: nascondere mezzo miliardo di sofferenze – dice l’accusa – significava far risultare solida una banca che invece traballava, e che infatti a dicembre 2019 verrà commissariata da Bankitalia.
A febbraio 2022 il Nucleo di polizia economico-finanziaria di Bari agli ordini del colonnello Luca Cioffi ha depositato una informativa sulla gestione dei dieci più grandi clienti della banca: ci sono Fimco-Maiora (già al centro di uno dei processi per concorso in bancarotta), ma anche altri importanti immobiliaristi come i romani Cieri, Pulcini, Parnasi, Mainetti, il gruppo Cattolica Partecipazioni di Molfetta, i costruttori baresi Nitti e De Bartolomeo e l’avvocato Giacomo Olivieri. Nessuno di loro è indagato.
L’analisi dei militari mostra la «benevolenza» riservata a quelli che alcuni dipendenti PopBari – sentiti come persone informate – hanno definito «gruppi direzionali», in quanto seguiti direttamente dalla direzione e in particolare da Gianluca Jacobini. «Dalla consulenza tecnica – scrive la Finanza – è emersa una generalizzata propensione da parte di Bpb a ritardare o ad omettere il passaggio a “Utp” (Unlikely to pay) anche di posizioni manifestatament “insolventi” evidenziate nella stessa proposta dai gestori o dagli istruttori centrali. In alcuni casi le linee di credito “sofferenti” venivano persino prorogate o rifinanziate». Un esempio: nel 2017 a Cattolica Popolare viene concesso un affidamento basato sull’accrescimento del valore di alcune azioni, ritenuto impossibile. La posizione andrà a sofferenza solo dopo una ispezione della Banca d’Italia.
Uno dei casi più delicati è quello del gruppo Nitti, fallito a maggio 2017. Una società con 10mila euro di capitale ha ottenuto finanziamenti per 60 milioni, in pool tra PopBari e Popolare Vicenza, per sviluppare la lottizzazione Immoberdan di Bari. Nei fatti l’impresa non ha mai aperto il cantiere, eppure una prima tranche di 26,5 milioni è arrivata nonostante la convenzione bancaria subordinasse l’erogazione al ritiro del permesso di costruire. Un dipendente, F.V., sentito dalla Finanza, fa capire come funzionava: se avesse espresso parere contrario «ti avrebbero reso – parliamoci chiaro – la vita difficile». L’indagine ha fatto emergere anche altre strane operazioni. «Il sospetto – scrive la Finanza – è che Bpb possa aver finanziato il gruppo Nitti avvalendosi di terzi soggetti o prestanomi».
Lo stesso Nicola Nitti, sentito a febbraio 2022, ha raccontato come arrivò a comprare i terreni di via Oberdan. «Immoberdan fu costituita nel dicembre 2010 e la trattativa finale è avvenuta con Lello Degennaro. Per l’operazione di acquisto ho dovuto pagare all’avvocato Olivieri una parcella di tre milioni su un affare complessivo di circa 110. La parcella è stata corrisposta mediante effetti cambiari a favore dell’avvocato Olivieri. Fu da allora che cominciarono i problemi con le mie imprese». Quella parcella è costata a Nitti e Olivieri una richiesta di rinvio a giudizio per concorso in bancarotta della Immoberdan.
Così come emerso nel caso delle imprese Fimco e Maiora di Vito Fusillo, anche con Nitti sarebbero state effettuate operazioni circolari. «Con la prima erogazione di 26,5 milioni la PopBari ha provveduto principalmente al rientro delle proprie posizioni nei confronti delle mie imprese, per cui dall’importo erogato restava una esigua disponibilità» con cui avviare la costruzione degli immobili. Che non partirà mai, perché verrà fuori l’inquinamento del suolo (causato da un vecchio impianto delle Ferrovie Sud-Est) che richiederà 8 milioni di bonifica.
Nel frattempo, però, Olivieri aveva il mandato per vendere gli appartamenti di Immoberdan. «Un giorno – mette a verbale Nitti – Olivieri mi propose di ricevere circa 3,5 milioni di cambiali a firma della Eurologistica di Bitonto, facente capo a Lello Degennaro, per la vedita di una intera palazzina. Fu così che presentammo allo sconto le cambiali in cambio di liquidità, in realtà tutti gli effetti furono protestati. Non ho mai potuto effettuare l’azione di rivalsa in quanto il dottor Loperfido (dirigente della banca indagato, ndr) mi rasserenava dicendomi che i titoli erano sul conto tecnico».
Nitti ha raccontato anche come provò a salvarsi dal fallimento. «Presso il complesso Neapolis di Polignano fu alienata a favore dell’avvocato Olivieri dapprima una villa alla Puglia srl e in seguito un’altra alla fondazione Maria Rossi, attraverso l’accollo di un mutuo che detenevo nei confronti della BpB. Un’altra vendita è stata effettuata nei confronti di un avvocato, il quale mi riferì che in sede di rogito definitivo sarebbe subentrato il ragionier Monachino». Ovvero l’ex direttore generale della Popolare, anche lui indagato nell’inchiesta chiusa l’8 marzo. La Finanza ha verificato la circostanza, confermandola: la villa è stata acquistata dal figlio di Monachino con l’accollo di un mutuo della stessa Popolare. E ancora: «Per poter estinguere le esposizioni pendenti nei confronti della BpB – dice Nitti – sono stato costretto ad alienare nei confronti della Debar Costruzioni un terreno in località Japigia stimato da me in circa 5 milioni per soli due milioni, con la quale non ho mai avuto contatti in quanto tutta l’operazione incluso il prezzo di vendita fu interamente diretta dal dottor Loperfido».
Anche Olivieri, considerato tra i grandi clienti, ha lasciato alla Popolare un insoluto rilevante, e otteneva rilevanti aperture di credito nonostante sconfinamenti già accertati. La Finanza ne ha chiesto conto a M.B., ex direttrice della filiale della Popolare in cui erano correntisti sia Nitti che Olivieri. «Questo cliente (Olivieri, ndr) veniva gestito dalla sede centrale nella persona del nostro allora direttore Gregorio Monachino, che aveva diretti contatti con l’avvocato Olivieri. Era Monachino che mi contattava dandomi disposizioni».