“Sangue Infame” è una narrazione dei nostri tempi e non sembra una storia di fantasia. Le vicende dei protagonisti sembrano essere ambientate nel mezzogiorno d’Italia. Mi piace immaginare che la storia possa svolgersi in una qualsiasi città pugliese, molto simile a Molfetta; gli odori, gli orizzonti e i colori sono gli stessi, e chissà forse anche quel sistema mafioso strisciante non scritto, non detto, che ci avvolge quotidianamente come una coperta protettiva che ci rende sempre più indifferenti all’illegalità diffusa che ci sta travolgendo. La mafia tende a essere una coperta che copre anche chi non la vuole.
La mafia è nei gesti quotidiani, nell’operato di un giudice che su intercessione del notabile di turno archivia un procedimento a carico di quest’ultimo invece di rinviarlo a giudizio; la mafia è nel comportamento di un dirigente comunale che ti nega l’accesso agli atti di un permesso a costruire, perchè nasconde un illecito commesso dallo stesso a favore di un terzo favorito; atteggiamento mafioso é quello di un pubblico ufficiale che, a richiesta del galantuomo di turno, non sanziona reiterate violazioni ai regolamenti comunali commesse da quest’ultimo. La mafia si esprime in diversi modi, ma non per questo cessa di essere tale.
Il termine “mafia”, senza riferimento ad organizzazioni come Cosa Nostra, ‘Ndrangheta o altri clan localmente denominati con i nomi delle famiglie che ne hanno il comando militare, finisce così per inquadrare qualunque forma di malaffare politico-amministrativo che abbia in sé connotati tali da costituire un reticolo clientelare finalizzato al conseguimento di vantaggi economici e prestigio politico-sociale.
Il finale è pieno di speranza, quella nelle giovani generazioni, le stesse che sfilano nelle cittá nel giorno della memoria in ricordo delle vittime di mafia; la stessa speranza che abbiamo ereditato dal pensiero di Falcone, quando diceva che la mafia è solo un fenomeno umano ed è destinato ad avere una fine.
Questo è il messaggio morale che il protagonista della narrazione ci lascia; Giovanni, uno di noi, un cittadino attivo di cui ha bisogno ogni nostra comunità.
di Matteo d’Ingeo
Le prime 65 pagine le trovi QUI