
Mario Draghi
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Clan mafiosi sempre più inclini al reinvestimento di capitali illeciti in canali finanziari puliti, ma dai professionisti pugliesi, pochissime segnalazioni all’Uif, l’ente antiriciclaggio di Bankitalia. Nel 2010, infatti, sono state otto le operazioni sospette denunciate da commercialisti, avvocati, notai, revisori contabili, società di revisione e di recupero crediti, e agenzie in mediazione mobiliare. Di queste otto, cinque dalla provincia di Bari, una da Lecce, due da Taranto e nessuna da Brindisi. Rispetto al 2009, l’andamento è al rialzo visto che lo scorso anno furono appena tre le segnalazioni dei soli professionisti. Il distacco dalle altre regioni italiane (per esempio Emilia Romagna 18, Liguria 13 e Toscana 16) è ancora troppo alto, ma resta comunque al di sopra rispetto alle regioni dalla storica presenza mafiosa: in Campania addirittura sono arrivate solo 3 segnalazioni, in Calabria e Sicilia appena una a testa.
I dati sono forniti dall’ente antiriciclaggio, il quale evidenzia, anche per bocca del governatore Mario Draghi, quanto i professionisti siano meno “solerti” a denunciare, visto che, a livello nazionale, “i potenziali segnalanti sarebbero diverse centinaia di migliaia, ma nel 2010 sono pervenute solo 223 segnalazioni”.
Sembra, dunque, che ci sia una sorta di tendenza a coprire i propri clienti da parte dei professionisti, perché le segnalazioni, secondo la Uif, “vengono effettuate a fini cautelativi più che collaborativi, adottando criteri di valutazione poco selettivi. Le segnalazioni, inoltre, sono spesso carenti nella descrizione dei fatti e pervengono con eccessivo ritardo”. In sostanza, segnalare il presunto riciclaggio non per denunciare ma per cautelare se stessi da possibili indagini della Procura.
Fortunatamente, almeno per Bankitalia, non è così per tutte le altre categorie obbligate per legge a segnalare le operazioni di reinvestimento sospette. Difatti, se da una parte ci sono i professionisti pugliesi con otto segnalazioni (223 in tutta Italia), dall’altra ci sono le categorie di intermediari finanziari, che in Puglia hanno compiuto, in tutto il 2010, 1.422 segnalazioni di riciclaggio (sono 36mila 824 a livello nazionale). Quindi intermediari più attivi, ma in rapporto al resto d’Italia la Puglia è alle stesse percentuali, piuttosto basse.
Ma cos’è esattamente il riciclaggio di denaro sporco? E’ un sistema attraverso il quale usufruire dei soldi guadagnati illecitamente reimmettendoli in circolazione in canali legali, senza che possano essere identificati e quindi tassati.
Ad esempio, finanziare un’azienda con capitali provenienti dal traffico di droga, dalle estorsioni o dalla contraffazione; o ancora comprare un’azienda, permettendo ad un determinato clan di avere una doppia entrata, proveniente dalle attività illecite e da quelle lecite. E’ evidente che al di là della violazione di legge c’è anche un aspetto che si riflette sull’economia: il riciclaggio crea automaticamente uno svantaggio competitivo per le imprese che non usufruiscono di questa fonte di denaro. E’ come se qualcuno ti rifornisse di finanziamenti a fondo perduto.
Tutto questo, poi, ha riflessi anche di carattere sociale, perché il danno competitivo subito dalle aziende “legali” che non hanno questi finanziamenti illeciti, può portare queste ultime al fallimento con conseguente aumento della disoccupazione o dell’occupazione sottopagata.
Nella provincia di Bari la situazione non è, quindi, tra le più trasparenti. C’è la contraffazione, ad esempio, che produce milioni di euro; poi c’è il traffico di droga, sempre più legato al canale balcanico; l’usura e l’estorsione. Tutte attività concentrate nelle mani delle mafie. La nostra criminalità, infatti, è come una giovane trentenne (convenzionalmente nata negli anni ‘80 nel carcere di Lecce), che vuole dimostrare a tutti i costi la sua bravura. Così, si scopre quanti clan, come quello di Savino Parisi, siano riusciti negli anni a costruire un sistema di riciclaggio di denaro illecito avanzato e che ha superato la regione, finendo per estendersi in altre zone d’Italia.
Agli atti di indagini della Procura ci sono le dichiarazioni di un testimone, R.P., trasferitosi in un’altra regione italiana. In due diversi verbali di interrogatorio, del 16 febbraio e del 25 maggio 2010, ha spiegato alla Procura e alla Guardia di finanza gli interessi di carattere economico che il clan Parisi-Stramaglia avrebbe in alcune attività commerciali in varie regioni d’Italia.
Anche in questo caso, ci sarebbero imprenditori disposti a incassare fondi neri e professionisti che avrebbero fatto da intermediari, agevolando il clan.
a molfetta non solo si denuncia poco, ma c'è la complicità dell'informazione a censurare o imbavagliare la denuncia… che tristezza!!! :-((