Regione Puglia, truffe all’agricoltura: trovato il «tesoro» degli avvocati

Il miglior modo di nascondere qualcosa è lasciarlo sotto gli occhi di chi lo cerca. E il «tesoro» degli avvocati Michele Primavera e Oronzo Panebianco, accusati di aver messo a segno una truffa milionaria nei confronti della Regione, era a pochi passi: sul conto di tesoreria dell’ente. Proprio dove ieri la Finanza, su ordine del pm Francesco Bretone, ha cominciato a eseguire il sequestro dei crediti: potrebbe trattarsi di diversi milioni di euro.

L’inchiesta è quella che il 16 dicembre ha portato i militari a eseguire sei ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari per il «giochino» (definizione del gip Giovanni Abbattista) collegato all’indennità compensativa agricola, che dal 2006 al 2018 avrebbe fruttato al gruppo di avvocati 23 milioni di euro. Soldi di cui il gip ha ordinato il sequestro, anche mettendo i sigilli al patrimonio immobiliare di Primavera e della sua famiglia. Ma fino a 48 ore fa la ricerca aveva dato un esito infruttuoso. Poi è arrivata l’«illuminazione», sottoforma di un tabulato che la Regione ha consegnato alla Procura. Contiene l’elenco dei pignoramenti effettuati sul conto di tesoreria ma che non sono stati ancora oggetto di una ordinanza di assegnazione. E quelli a nome degli avvocati indagati sono diverse centinaia.

Il meccanismo ricostruito dalla Procura, che secondo il gip Abbattista costituirebbe una truffa ai danni delle casse pubbliche, è infatti piuttosto complesso. Partendo dalle vecchie sentenze per l’indennità sostitutiva che (negli anni ‘90) la Regione non ha pagato agli agricoltori, nel corso del tempo gli avvocati avrebbero eseguito migliaia di pignoramenti concessi dai giudici di pace di mezza Italia per qualche centinaia di euro. In sede di esecuzione sarebbero poi intervenuti come creditori, in proprio (facendosi rappresentare da un altro avvocato dello studio), vantando competenze legali non pagate per qualcun altro dei decreti ingiuntivi: quasi sempre il pignoramento risultava incapiente, e dunque il giochino ricominciava per il recupero della somma non pagata e delle nuove spese legali…

Sul conto di tesoreria della Regione sono stati individuati pignoramenti che risalgono anche a 15 anni fa (i pignoramenti presso terzi non decadono mai). I conti si faranno nei prossimi giorni, ma si parla di cifre piuttosto rilevanti. Tanto più che da un aggiornamento effettuato dalla Ragioneria – anche questo depositato agli atti – emerge che dal 2018 al 31 dicembre scorso il «bottino» della presunta truffa è salito a 28,2 milioni di euro. E questo senza contare le centinaia di richieste ancora pendenti.
Per la Regione (che a maggio 2018 presentò la denuncia da cui è nata l’indagine) il sequestro è una ottima notizia. Significa che quei soldi, sottoposti a vincolo, non finiranno più nelle tasche di chi non ne ha diritto. E dunque presto o tardi torneranno a disposizione.

L’accusa (che ipotizza, a vario titolo e secondo le rispettive responsabilità l’associazione per delinquere oltre che la corruzione in atti giudiziari, l’interruzione di pubblico servizio, la truffa aggravata ai danni della Regione, la falsificazione di firme e di domicilio oltre che riciclaggio e autoriciclaggio) ha finora retto anche davanti al Tribunale del Riesame, che ha confermato i domiciliari per Primavera e Panebianco. Secondo le difese la presenza di un provvedimento giudiziale (il pignoramento) escluderebbe la possibilità di configurare una truffa e questo farebbe venire meno l’intero impianto accusatorio. Ma le indagini vanno avanti e abbracciano anche altri episodi.

fonte: Massimiliano Scagliarini – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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