Regione Puglia, si è dimesso l’assessore all’Ambiente Caracciolo, indagato per corruzione

L’assessore all’Ambiente della Regione Puglia, Filippo Caracciolo, indagato per corruzione e turbativa d’asta, ha comunicato al governatore Michele Emiliano, la sua decisione di rimettere le deleghe. Caracciolo è candidato del Pd alla Camera in un collegio uninominale. «Tale decisione – informa una nota – è motivata esclusivamente dall’intento di tutelare l’amministrazione regionale e di consentire una serena prosecuzione delle indagini». Emiliano ha assegnato le deleghe di Caracciolo all’assessore al Bilancio, Raffaele Piemontese.

EMILIANO: FIDUCIA IN CARACCIOLO, CHIARIRA’ – Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, esprime la sua «personale fiducia sul fatto” che l’assessore regionale all’Ambiente, Filippo Caracciolo, indagato per corruzione e turbativa d’asta, «chiarirà completamente ogni dubbio sollevato dall’Autorità giudiziaria sulla sua condotta». 
«La cultura istituzionale e politica della quale Filippo Caracciolo è portatore – aggiunge Emiliano – lo ha indotto a tutelare le istituzioni che rappresenta prima di ogni altra cosa». «E non posso – conclude – che apprezzare questo gesto che contribuisce a consentire una, mi auguro, rapida conclusione delle indagini senza turbare la regolare attività della giunta regionale». 

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fonte: http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it – di MASSIMILIANO SCAGLIARINI

BARI – Una gara d’appalto da 5,8 milioni di euro per la costruzione della nuova sede della scuola media «Giovanni XXIII» di Corato vinta da una società riconducibile all’imprenditore Massimo Manchisi, arrestato il 5 dicembre nell’ambito dell’inchiesta sull’Arca Puglia. Ed è proprio indagando sull’ex istituto delle case popolari e sui «rapporti d’affari» (la definizione è dell’accusa) dell’ex direttore generale Sabino Lupelli, anche lui arrestato, che la Procura di Bari è arrivata all’assessore regionale all’Ambiente, Filippo Caracciolo: l’appalto per quella scuola lo avrebbe truccato lui, promettendo un posto di lavoro al presidente della commissione aggiudicatrice in cambio di «assistenza elettorale» da parte dell’imprenditore.

Per questo Caracciolo, esponente del Pd, candidato alle prossime Politiche alla Camera nel collegio uninominale di Andria, è stato iscritto nel registro degli indagati per le ipotesi di corruzione e turbativa d’asta insieme a Lupelli, ai fratelli Manchisi (c’è anche Amedeo) ed al presidente della commissione di gara. E ieri la Procura, con il pm Savina Toscani, ha mandato i finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria a perquisire l’ufficio e l’abitazione dell’assessore regionale barlettano, oltre che degli altri indagati, alla ricerca di documentazione.

La Procura ha infatti valorizzato una informativa di venerdì scorso con cui la Finanza ha ricostruito la vicenda. Partendo dagli esiti di un pedinamento svolto il 30 settembre: fuori da un ufficio della Regione, Caracciolo si sarebbe incontrato con il presidente della commissione aggiudicatrice, Donato Lamacchia, dirigente dell’ufficio Lavori pubblici del Comune di Barletta, cui avrebbe consegnato un foglio arancione. Caracciolo e Lamacchia avrebbero poi incontrato il direttore generale dell’Arpa Puglia, Vito Bruno: secondo l’accusa, in cambio dell’interessamento per pilotare l’appalto a favore della società di Manchisi, Caracciolo avrebbe promesso a Lamacchia il passaggio presso l’Agenzia regionale per l’ambiente.

Nei mesi precedenti all’arresto, la Finanza ha monitorato gli spostamenti di Lupelli ed il 3 novembre scorso ha documentato un pranzo tra l’ex dg, Caracciolo e Manchisi presso il ristorante «Tabula Rasa» di Bari: qui, per l’accusa, si sarebbe discusso dell’imminente seduta di gara programmata per il giorno 8. Gara che si è conclusa con l’aggiudicazione a un’associazione temporanea di imprese composta dal consorzio Consital di cui fa parte la Caementarius. Tuttavia la gara è stata impugnata davanti al Tar dalla seconda classificata, e proprio questa circostanza ha indotto la Procura a intervenire: la commissione di gara (la Finanza ha perquisito anche il Rup e gli altri due componenti, pur non indagati) sta infatti predisponendo una relazione per gli avvocati del Comune di Corato, e dunque potrebbe – in astratto – modificare gli atti, mentre d’altro canto una richiesta di proroga delle indagini ha fatto sì che sia Lupelli che Massimo Manchisi sappiano di questo nuovo filone di indagine.

L’inchiesta sull’Arpa è deflagrata il 5 dicembre scorso con una serie di arresti: quello di Lupelli e di due imprenditori, Antonio Lecce e Massimo Manchisi, per l’accusa di corruzione, ma anche quello dell’avvocato Fabio Mesto e della cancelliera Teresa Antonicelli per il tentativo di carpire informazioni sull’inchiesta in corso attraverso l’accesso abusivo agli archivi della Procura. Nell’interrogatorio di garanzia, Lupelli ha respinto l’accusa di aver preso mazzette ammettendo solo di aver accettato buoni benzina. Già nell’ordinanza di dicembre, apparivano almeno sette incontri tra Caracciolo, Massimo Manchisi e Lupelli, compresa una serie di pranzi tra i tre pagati sempre dall’imprenditore cui l’assessore – secondo l’accusa – avrebbe garantito un appalto sicuro in cambio di aiuto per la campagna elettorale.

IL SEGRETARIO PD-PUGLIA, LACARRA – «Noi continuiamo a essere garantisti” e «siamo fiduciosi che la magistratura faccia il suo corso e che possa accertare l’estraneità di Caracciolo». Così il segretario del Pd Puglia, Marco Lacarra, commenta la notizia dell’indagine per corruzione e turbativa d’asta a carico dell’assessore regionale pugliese all’Ambiente, Filippo Caracciolo, che è anche candidato del Pd alla Camera in un collegio uninominale.

Rispetto alla opportunità che Caracciolo debba dimettersi dal suo incarico di assessore e dal ruolo di candidato in Parlamento, Lacarra ritiene che debba essere lo stesso Caracciolo a valutare: «Non credo – evidenzia il segretario Pd Puglia – debba essere coartato in decisioni che competono alla sua persona». Infine, ribadendo che «siamo garantisti», Lacarra precisa che «l’avviso di garanzia è a garanzia dell’indagato: non è – conclude – un atto che di per sé implichi alcuna ipotesi di responsabilità». 

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