di BEPI MARTELLOTTA – www.lagazzettadelmezzogiorno.it
La Casta si ribella per essere finita sotto i fari dei mass media sulla vicenda dei rimborsini per le indennità arretrate. E reagisce stizzita, prendendo qualche scivolone, alle cronache riportate in questi giorni dalla «Gazzetta» con la pubblicazione della lista dei 55 consiglieri regionali che non intendono mollare «l’osso» dei 63mila euro ciascuno riconosciuti loro da un parere della Consulta del 2007.
A reagire in maniera scomposta, esibendosi perfino in lezioni di giornalismo, sono il vicepresidente del consiglio Nino Marmo (Pdl) e il capogruppo di Sel Michele Losappio.
Il primo esordisce esprimendo solidarietà ai «colleghi sottoposti a pubblica gogna». In questo caso i colleghi sono i consiglieri regionali, ma Marmo si fregia anche del titolo di pubblicista e, dunque, non manca di rivolgersi ai «colleghi giornalisti che, nella ricerca di qualcosa da scrivere sotto il solleone pre-ferragostano, hanno dedicato a me e all’amico Maniglio una domanda inquisitoria al presidente Introna circa una mia inesistente richiesta di rimborso».
Strano che il «collega» giornalista Marmo, diversamente dal vicepresidente del consiglio Antonio Maniglio, non abbia letto bene la domanda rivolta a Introna sulla «Gazzetta» di ieri: “Dal Pd dicono che nella lista che abbiamo pubblicato non compaiano i nomi di Marmo e Maniglio. Ci sono o no?". Evidente, ma non per Marmo, che a sollevare sospetti sia stato il Pd e non il giornale che rivolge domande.
Ma il disattento Marmo non si ferma: invita «i colleghi giornalisti a corto di argomenti a dedicarsi alle retribuzioni e ai privilegi dei super-burocrati o ai finanziamenti delle tv regionali». E aggiunge: «posso garantire loro che potrebbero riempire di sdegni a comando intere edizioni. Sono a loro disposizione per ogni utile informazione e documentazione. Ma li aspetterò invano».
Peccato davvero che, ieri, il vicepresidente del Consiglio, impegnato a dare lezioni ai giornalisti che hanno osato accendere i fari sui rimborsi arretrati, in Consiglio ci sia stato di sfuggita. Una firmetta in presidenza e via. E peccato che chi lo cercava per avere ragguagli sugli sprechi (o altri preziosi suggerimenti professionali) lo abbia «aspettato invano» a via Capruzzi. Per non farsi mancare nulla, Marmo – rivendicando la legittimità delle richieste di rimborso presentate da altri – invia pure all’ufficio di presidenza una richiesta di indagine interna sulla «intollerabile fuga di notizie da parte di Uffici regionali», sottolineando che alla «pubblica gogna » sarebbero stati sottoposti «non soltanto consiglieri regionali in carica, ma anche ex-consiglieri ormai privati cittadini, dei quali è stato leso il diritto alla privacy».
Le domandine, però, sono arrivate dagli «ormai privati cittadini» per esercitare un diritto tutto inerente la loro funzione pubblica di consiglieri regionali: sarebbe strano che scattasse un diritto di privacy (con la secretazione di atti pubblici) per tutti gli ex sindaci, parlamentari o consiglieri regionali. Marmo chiude la sua arringa puntando l’indice sul «pentimento a comando» manifestato dai 7 consiglieri (dei quali 5 suoi colleghi di partito) che le hanno ritirate.
Il «pentimento a comando» ha colpito, in effetti, Losappio: stizzito dai resoconti, anche lui sale in cattedra chiedendo un’informazione «rigorosa e oggettiva nei fatti» e additando i «pettegolezzi mai verificati».
La cronistoria: il 15 luglio Losappio infila la domanda nella «buca» della presidenza; il 16 luglio Vendola lancia un appello a tutti i consiglieri chiedendo loro di rinunciare e, subito dopo, scopre che proprio il suo capogruppo aveva presentato domanda. S’infuria. Il lunedì successivo, il 18, i capigruppo di centrosinistra (Losappio compreso) annunciano pubblicamente il ritiro e il 19 Losappio ritira la domandina.
I fatti, per il politicamente incauto Losappio, sono purtroppo rigorosi e verificabili. Inviperito come Marmo, anche il capogruppo Sel va oltre, accusando di «acuto strabismo» chi, come la «Gazzetta», avrebbe scambiato «come diversivi le profonde modifiche strutturali, come la riduzione del numero di consiglieri ed assessori» apportate dal Consiglio. Peccato che quelle modifiche, pur importanti e dai risparmi notevoli (21 milioni in 5 anni), scatteranno solo dal 2015.
Per i rimborsini, invece, il pallottoliere del Bilancio rischia di scattare ben prima. Giovanni Epifani (Pd), infine, rimarca di aver già formalizzato «la rinuncia al rimborso richiesto» e accusa l’Ufficio di presidenza di «immobilismo». La sua richiesta di rimborso, intanto, sino a ieri non risultava ritirata.
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