RAPPORTO “AGROMAFIE” sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti/Eurispes

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CRISI: COLDIRETTI/EURISPES, GONFIA BUSINESS AGROMAFIA A 14 MLD (+12%)

Il volume d’affari complessivo dell’agromafia sale a circa 14 miliardi di euro nel 2013, con un aumento record del 12 per cento rispetto a due anni fa, in netta controtendenza rispetto alla fase recessiva del Paese perché la criminalità organizzata trova terreno fertile proprio nel tessuto economico indebolito dalla crisi. E’ quanto emerge dal Rapporto “Agromafie” sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti/Eurispes e presentato al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Cernobbio. L’agricoltura e l’alimentare sono considerate aree prioritarie di investimento dalla malavita che ne comprende la strategicità in tempo di crisi perché del cibo, anche in tempi di difficoltà, nessuno potrà fare a meno, ma soprattutto perché consente di infiltrarsi in modo capillare la società civile e condizionare la via quotidiana della persone in termini economici e salutistici. È peculiarità del moderno crimine organizzato estendere, con approccio imprenditoriale, il proprio controllo dell’economia invadendo i settori che si dimostrano strategici ed emergenti, come è quello agroalimentare. In questa opera di infiltrazione le mafie stanno approfittando della crisi per penetrare anche nell’imprenditoria legale. Per questo le mafie – sottolineano Coldiretti/Eurispes – hanno già imposto il proprio controllo sulla produzione e la distribuzione di generi alimentari del tutto eterogenei tra loro. Controllano in molti territori la distribuzione e talvolta anche la produzione del latte, della carne, della mozzarella, del caffè, dello zucchero, dell’acqua minerale, della farina, del pane clandestino, del burro e, soprattutto, della frutta e della verdura. Potendo contare costantemente su una larghissima ed immediata disponibilità di capitale e sulla possibilità di condizionare parte degli organi preposti alle autorizzazioni ed ai controlli, si muovono con maggiore facilità rispetto all’imprenditoria legale. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente. Alcune stime – precisano Coldiretti/Eurispes – valutano almeno 5.000 locali di ristorazione in Italia in mano alla criminalità organizzata (bar, ristoranti, pizzerie), nella maggioranza dei casi intestati a prestanome. Questi esercizi non garantiscono solo profitti diretti, ma vengono utilizzati anche come copertura per riciclare denaro sporco. In alcuni casi agenti dei clan rappresentano specifici marchi alimentari, che impongono in tutta la loro zona di influenza. Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali: usura, racket estorsivo, furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine, danneggiamento delle colture, contraffazione e agropirateria, abusivismo edilizio, saccheggio del patrimonio boschivo, caporalato, truffe ai danni dell’Unione europea. A tutte le pressioni e minacce, esercitate in particolare nei confronti degli agricoltori del Mezzogiorno, si aggiungono i nuovi sistemi di condizionamento mafioso per imporre dazi illegali ed assorbire grosse fette del settore. Secondo la Direzione Investigativa di Roma ben il 15 per cento del fatturato realizzato dalle attività agricole appartiene all’illecito, pari al 15 per cento mentre l’Osservatorio Flai Cgil contro le agromafie e il caporalato denuncia come su 1.558 aziende confiscate alle mafie oltre 90 siano attive in ambito agricolo; dei 10.563 beni confiscati, ben 2.500 sono terreni con destinazione agricola. Le organizzazioni mafiose sono consapevoli che, pur non trattandosi del settore che garantisce i guadagni più consistenti e nel più breve tempo, il cibo costituisce la necessità primaria, di cui nessuno potrà mai fare a meno. Mettendo le mani sul comparto alimentare le mafie hanno inoltre la possibilità di affermare il proprio controllo sul territorio. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza ed il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma – concludono Coldiretti/Eurispes – compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy.

CRISI: RACKET CIBO FA LIEVITARE PREZZI DA CAMPO A TAVOLA (+294%)

Tutti i passaggi utili alla creazione del valore vengono intercettati e colonizzati dalla criminalità, dall’’intermediazione dei prodotti, al trasporto e lo stoccaggio fino all’acquisto e all’investimento nei centri commerciali. E’ quanto emerge dal Rapporto “Agromafie” sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti/Eurispes e presentato al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Cernobbio dal quale si evidenziano i pericolosi effetti sulle tasche degli italiani e sul reddito delle imprese agricole, con rincari anomali dei prezzi e aumento dei costi. Le organizzazioni criminali, infatti, impongono, con maggior vigore in determinate zone territoriali, i prezzi d’acquisto agli agricoltori, controllano la manovalanza degli immigrati con il caporalato, decidono i costi logistici e di transazione economica, utilizzano proprie ditte di trasporto (sulle quali spesso vengono anche occultate droga e armi), possiedono società di facchinaggio per il carico e lo scarico delle merci. Inoltre, negli ultimi anni, si può dire che esse arrivano fino alla tavola degli italiani, grazie all’ingresso diretto nella Grande distribuzione organizzata (Gdo) con supermercati ed insegne proprie. Naturalmente – spiegano Coldiretti/Eurispes – questa presenza si ripercuote sul mercato, distruggendo la concorrenza e instaurando situazioni di monopolio od oligopolio. Un’indagine conoscitiva dell’Antitrust ha evidenziato che i prezzi per l’ortofrutta moltiplicano in media di tre volte dalla produzione al consumo, ma i ricarichi variano del 77 per cento nel caso di filiera cortissima (acquisto diretto dal produttore da parte del distributore al dettaglio), del 103 cento nel caso di un intermediario, del 290 per cento nel caso di due intermediari, fino al 294 per cento per la filiera lunga (presenza di 3 o 4 intermediari tra produttore e distributore finale). La moltiplicazione delle intermediazioni, l’imposizione di servizi di trasporto e logistica, il monopolio negli acquisti dai produttori agricoli provocano non solo l’effetto di un crollo dei prezzi pagati agli imprenditori agricoli, che in molti casi non arrivano a coprire i costi di produzione, ma anche – concludono Coldiretti/Eurispes – un ricarico anomalo dei prezzi al consumo che raggiungono livelli tali da determinare un contenimento degli acquisti. “I punti più sensibili per le infiltrazioni malavitose sono costituiti dai servizi di trasporto su gomma dell’ortofrutta da e per i Mercati; dalle imprese dell’indotto (estorsioni indirette quali ad esempio l’imposizione di cassette per imballaggio); dalla falsificazione delle tracce di provenienza dell’ortofrutta (come la falsificazione di etichettature: così, prodotti del Nord-Africa vengono spacciati per comunitari); dal livello anomalo di lievitazione dei prezzi per effetto di intermediazioni svolte dai commissionari mediante forme miste di produzione, stoccaggio e commercializzazione”, secondo la Direzione Nazionale Antimafia.

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