Quel maledetto pomeriggio dell’estate del ’92

Quest’anno non ci sarà alcuna assemblea pubblica del “Movimento Liberatorio” per il consueto anniversario dell’omicidio del sindaco Gianni Carnicella. L’appuntamento è solo rimandato nella consapevolezza che la memoria è un elemento fondamentale per la crescita democratica di una comunità.  Dopo 28 anni da quel maledetto pomeriggio del 7 Luglio 1992,  la memoria di quel grave efferato omicidio s’è persa un po’ per colpa di una classe politica “distratta” che, nel tempo, non ha voluto mantenerla viva nel modo più corretto. Soprattutto i giovani non ne hanno memoria, anche se qualcuno cerca di scrivere articoli d’occasione scopiazzando qua e là dalla rete le notizie senza che ci sia dietro un lavoro di ricerca storica, approfondimento e lettura di documenti processuali e amministrativi.  L’anno scorso c’è stato un altro giovanotto che, senza conoscere chi fosse Cristoforo Brattoli, ha esaltato e promosso l’attività di quest’ultimo come venditore di bibite a Torre Gavetone. L’articolo fu ritirato dal giornale on-line che lo pubblicò e la redazione chiese scusa alla famiglia Carnicella. Ne nacque, sulla pagina FB dello stesso giornale, un dibattito molto scomposto con l’intervento di una certa Merlyn Allegretta che rilasciò delle dichiarazioni allucinanti; questo non era il suo vero nome, ma ve ne parlerò più avanti.

Come sempre, tutti a ripetere la stessa cosa; ma l’assassino ha scontato la pena, deve campare anche lui, è ormai un uomo libero, ecc, ecc…; frasi che in questi anni mi ritornano spesso nelle orecchie e sono state pronunciate anche da autorevoli amministratori.  E invece io dico che Cristoforo Brattoli ha preso in giro tutti quanti; durante il processo “ha perso la memoria”, ha cambiato versione dei fatti e doveva presentare alla città un libro per raccontare tutta la verità sul suo omicidio e fare i nomi di tutte le persone coinvolte nell’omicidio. Non ha mai fatto nulla e ha messo su una rappresentazione scenica del suo falso pentimento. Evidentemente era un escamotage per lanciare un messaggio chiaro a qualche interlocutore “X” attraverso quei manifesti apparsi in città nell’agosto del 2011.

Da allora la sua presenza sul territorio è diventata costante e incontrastata; non ci sono sagre, feste patronali, o di santi e madonne, che la sua famiglia non sia presente per vendere panini, bibite, salsicce, crêpes e zucchero filato. E c’è stata anche un’evoluzione dei mezzi “aziendali”, i furgoni “scassati” diventano sempre più lussuosi e poi la fusione della sua famiglia con un’altra ben conosciuta a Molfetta. La ciliegina sulla torta è stata messa durante le ultime elezioni comunali del 2017. Una parente di Cristoforo Brattoli era capolista nella lista di Tommaso Minervini, “Molfetta in più“, e indovinate chi era questa candidata? La stessa donna che l’estate scorsa con il suo pseudomino “Merlyn Allegretta” ha sputato veleno sulla verità storica e processuale dell’omicidio Carnicella. In tutta questa vicenda il sindaco Minervini non ha ritenuto di intervenire. Il silenzio della politica su queste gravi “coincidenze” ammazza la memoria di Gianni Carnicella.

E’ accaduto anche dopo le dimissioni dell’assessora Germano, in seguito all’arresto del marito considerato dagli inquirenti “un soggetto socialmente pericoloso, dedito abitualmente a condotte delittuose, con precedenti penali per truffa e falso e condannato con plurime sentenze irrevocabili per ricettazione, falso e furto aggravato in concorso”. 

Un fatto molto grave che avrebbe dovuto far riflettere su possibili “infiltrazioni o condizionamenti” nella giunta. Tommaso Minervini poteva non essere al corrente della storia della famiglia Germano-Carrara? Ancora oggi mi chiedo come, il sindaco, abbia potuto nominare in Giunta Comunale una sconosciuta per il popolo molfettese, senza alcun titolo specifico o competenza amministrativa, residente nel territorio di Bitonto e moglie di un signore ritenuto dal Tribunale di Bari “per le sue condotte, socialmente pericoloso”? In merito a questo grave “incidente di percorso”, e molti altri ancora, le forze politiche d’opposizione presenti in consiglio comunale avrebbero dovuto chiedere al Prefetto l’accesso della Commissione d’indagine nella Casa Comunale, ai sensi dell’articolo 143 – Testo unico degli enti locali (TUEL , D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267),  per verificare se ci fossero stati, nei 9 mesi di attività amministrativa dell’assessora Germano, e dopo, eventuali forme di condizionamento tali da determinare un’alterazione dei procedimenti di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi, compromettendo il buon andamento o l’imparzialità dell’amministrazione comunale.

Niente di tutto questo è avvenuto, e la “memoria” ha subìto un’altra pugnalata alle spalle. In questo tempo sospeso tra un anniversario e l’altro sono accadute molte cose e mi riservo di raccontarle il prossimo anno sperando che la situazione sanitaria torni alla normalità. Ma è necessario soffermarsi su alcune vicende che fanno da cornice a una città che taluni vogliono far passare come tranquilla. Qualsiasi nuovo progetto politico futuro, sia chiaro a tutti, non potrà mai svilupparsi positivamente se non c’è consapevolezza che in questi 28anni non è cambiato nulla, anzi la situazione è peggiorata fino a creare delle cancrene sociali che sarà difficile estirpare.

E’ inutile girarci intorno, sotto il fuoco di quel fucile a canne mozze non è caduto solo Gianni Carnicella, Sindaco di Molfetta, ma una città intera. Da allora non si è più rialzata, anche se alcuni cittadini senza memoria vorrebbero Molfetta ogni giorno vestita a festa, con sagre e tavolate mangerecce. E mentre ci si affanna a far diventare Molfetta una “città della cultura”, la cultura dell’illegalità, che proviene dalla ormai famosa zona grigia che nelle aule giudiziarie degli anni ’90 aleggiava come quel mondo variegato che andava sotto il nome di Piazza Paradiso”, si è ormai estesa a tutta la città. 

Dobbiamo imparare a leggere il territorio, a conoscere le storie dei protagonisti di quegli anni, gli investimenti fatti con il danaro sporco, chi sono i prestanome, chi sono i politici che gli aiutano, chi sono gli avvocati e i giudici che hanno protetto la zona grigia diventandone parte attiva del sistema.

Questo è l’unico modo per fare memoria del Sindaco Gianni Carnicella, ancor prima di organizzare inutili cerimonie d’occasione, progetti di improbabile educazione alla legalità o apposizione di pietre d’inciampo dove scompare il fucile a canne mozze. 

di Matteo d’Ingeo

 

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