Quattromila dosi di droga e sette arresti nel Sud-Est barese

  

  I finanzieri della compagnia di Monopoli hanno eseguito sette ordinanze di custodia cautelare emesse dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bari, su richiesta della Procura del capoluogo pugliese, per l’operazione “Black and White”

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“Smantellata una struttura criminale”, questa l’affermazione del generale Vito Straziota, comandante del comando provinciale della guardia di finanza di Bari. Associazione per delinquere finalizzata al traffico, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti (cocaina, eroina, marijuana e hashish): con questa accusa, questa mattina, i finanzieri della compagnia di Monopoli hanno eseguito sette ordinanze di custodia cautelare emesse dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bari, su richiesta della Procura  del capoluogo pugliese, per l’operazione “Black and White”.

L’indagine ha fatto emergere una cellula criminale con una divisione di ruoli, all’interno, molto articolata.
A capo dell’organizzazione un barese, residente a Loseto, Giulio Cassano di 31 anni.
Gli altri sei arrestati sono: Nicola del Re, Sebastiano Ratto, Vincenzo Boccuzzi, Saverio Fritelli, Michele Lamacchia e Giovanni Sblendorio.  Altre cinque persone, tra cui quattro donne, risultano indagate. Le zone interessate dall’attività illecita erano i quartieri Loseto, Carbonara e Ceglie del Campo di Bari,e i comuni di  Triggiano, Mola di Bari e Monopoli
“Il mangiare è buono”: era con un sms di questo genere che l’organizzazione contattava i propri tossicodipendenti-clienti quando arrivava la merce.
A fornire le sostanze stupefacenti il capo dell’associazione, Cassano, che aveva presso la sua abitazione di Loseto il  quartier generale. Ed è stato, proprio, seguendo uno dei suoi pusher, sottoposto a intercettazione telefonica, che due anni fa venne avviata l’indagine.
Cassano non solo si preoccupava di rifornire di droga  la sua rete di spacciatori in base alle richieste di mercato, ma  provvedeva a raccogliere e distribuire i proventi dello spaccio, si assicurava che le famiglie dei suoi pusher arrestati potessero godere di assistenza a vari livelli, compresa anche quella legale. La  peculiarità dell’organizzazione consisteva nel fornire agli spacciatori dei telefonini con i contatti dei tossici che venivano informati con un messaggio.
Insomma, a disposizione dell’associazione una vera e propria mappatura dei clienti che consentiva agli organizzatori del traffico illecito di non doversi sottoporre al rischio di contattare nuovi consumatori, ma di avere un “portafoglio clienti”. Ma la “forza” dell’organizzazione è stata anche la sua maggiore “debolezza”, perché proprio l’articolata attività di intercettazione e individuazione delle celle telefoniche, ha permesso di  individuarne non solo l’attività illecita, ma ogni singolo spostamento. Nelle intercettazioni le dosi diventavano a volte “magliette” (eroina) o “giubbotti bianchi” (cocaina), oppure Malboro (eroina) o Merit (cocaina).
Fedelissimi del capo i molesi Ratto e Del Re, che provvedevano non solo a fornire le dosi da spacciare ai pusher, ma anche i soldi per il sostentamento delle mogli i cui mariti, parti integranti dell’associazione, erano in carcere.Quattromila le dosi sequestrate per un valore medio di mercato di circa venti o trenta euro per bustina. Lo spaccio avveniva in qualsiasi momento della giornata e in luoghi diversi, anche nelle stazioni ferroviarie. L’organizzazione non aveva la minima paura, le sei persone arrestate in flagranza di reato durante le indagini, venivano prontamente sostituite dalla stessa. Un’operazione destinata ad ulteriori sviluppi, come sottolineato dal generale Straziota.
gi. co

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