
La stessa Regione ha definito “nullo” l’accordo che ha consentito alla Procmatech di lavorare nella struttura. A luglio è scattata la procedura di autotutela e a settembre la chiusura – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it
C’è un altro grande buco nero nell’era post Covid della Regione: quello della fabbrica pubblica di mascherine voluta nella primavera del 2020, quando la penuria di dispositivi di protezione individuale rischiava di bloccare persino gli ospedali. Per la sua realizzazione sono stati spesi circa 10 milioni di euro e quasi 3 furono preventivati per la gestione, affidata alla società barese Procmatech con atti oggi ritenuti irregolari dalla Regione stessa. Per questo motivo, nell’estate scorsa, è stato avviato un procedimento per dichiarare nullo il contratto e a settembre la fabbrica è stata chiusa, con buona pace dei soldi pubblici spesi. La ditta è stata pagata, perché ha effettuato il lavoro per cui era stata scelta e perché non aveva alcuna responsabilità nell’ipotizzata irregolarità procedurale. Inizialmente si era pensato di affidare la gestione dello stabilimento alla Asl di Bari, ma quell’eventualità con il passare del tempo è caduta nel vuoto. E oggi, a quattro mesi dalla chiusura e a due anni e mezzo dall’inaugurazione, la fabbrica è un grande monumento allo spreco.
La storia
Pensata nella primavera 2020, quando i dpi venivano pagati a peso d’oro, è stata allestita a tempo di record nell’ex Ciapi della zona industriale (lo stesso in cui si sta realizzando la centrale Nue 112). “Produrrà 30 milioni di mascherine all’anno”, era stato annunciato nell’inaugurazione nell’agosto 2020. A tagliare il nastro il governatore Michele Emiliano e l’allora capo della Protezione civile, Mario Lerario, insieme in una gigantografia velocemente scomparsa dalla parete esterna della fabbrica subito dopo l’arresto di Lerario nel dicembre 2021. Le mascherine – era stato spiegato – sarebbero dovute costare 30 centesimi l’una. Ma il prezzo non era così conveniente, se pochi mesi fa la stessa Regione, mentre la fabbrica era ancora attiva, ne ha acquistate quattro milioni a 14 centesimi l’una.

Il pasticcio della gestione
Stando a quanto certificano recenti atti della Protezione civile regionale, porta la firma di Lerario e del suo ex braccio destro Antonio Mercurio. Lo scrive a chiare lettere Lucio Pirone (il rup, responsabile unico del procedimento, subentrato a Mercurio un anno fa) nelle conclusioni di una lunga istruttoria, rese note a inizio dicembre. In particolare il riferimento è all’atto dirigenziale del settembre 2020, con cui Lerario aveva deciso di affidare alla Procmatech “servizi e forniture” della fabbrica al costo di 1,4 milioni. Quell’atto aveva avuto parere negativo dalla sezione Ragioneria e quindi era rimasto privo di operatività. Nonostante questo, un mese dopo la Protezione civile e la Procmatech firmavano un accordo con cui la società si impegnava a “gestire i servizi dello stabilimento”. Costo dell’operazione: 40mila euro al mese per due anni. Alla stessa azienda era stata affidata anche la manutenzione degli impianti e la fornitura della componentistica di ricambio per 330mila euro, tre giorni più tardi, nonché la gestione degli impianti e conduzione per quasi 900mila.

I conti non tornano
A fronte di un affidamento della gestione inizialmente ipotizzato in un milione 400mila euro, stando alla documentazione messa assieme da Pirone, le determine dirigenziali firmate da Lerario avrebbero poi dato alla Procmatech servizi per quasi 3 milioni di euro. Al netto di quelli già elencati, il primo agosto 2021 era stato aggiunto anche il “servizio di conduzione e gestione delle linee di produzione” per un anno, al costo di 500mila euro. E infine la manutenzione di ulteriori due macchinari acquistati dalla Protezione civile a ottobre 2021, per 147mila euro. Una parte di queste cifre sono state recentemente liquidate alla società, che ha messo in mora la Regione evidenziando di aver svolto tutti i compiti che le erano stati richiesti.
Gli atti irregolari
Ma per la Protezione civile il pasticcio è a monte. L’accordo che ha consentito alla Procmatech di lavorare nella fabbrica viene definito “nullo” e nel luglio scorso è stata avviata la revoca in autotutela. Il motivo è che quell’accordo “si basa su un provvedimento non esecutivo, risulta non sottoscritto dall’amministrazione regionale, richiama un’offerta allargata che non è allegata al contratto, è caratterizzato da incertezza e indeterminatezza dell’oggetto”. Di fronte a tali contestazioni, la ditta ha ribadito di aver lavorato per due anni e presentato un conto da un milione di euro insieme con le copie dei badge dei dipendenti che si recavano in fabbrica. La Regione, però, ha liquidato solo alcune di quelle fatture (per circa mezzo milione). Precisando che i provvedimenti all’epoca firmati da Lerario vengono ritenuti illegittimi ma “non sussistono le condizioni, di opportunità e di legge, per procedere all’annullamento d’ufficio”. La situazione, dunque, si è complicata ancora di più.