"Provenzano non docet". Il presunto boss bitontino viveva (abusivo) nel lusso

di GIOVANNI LONGO e LUCA NATILE (www.lagazzettadelmezzogiorno.it/…)

Una stella gigante di colore giallo si distende pigra al riparo del soffitto in marmo. Sotto gli otto raggi ondulati e sinuosi due divani di colore bianco sono sistemati uno di fronte all’altro. Non lontano un tavolo rettangolare, sempre bianco, con quattro sedie di colore nero. Sembra una fotografia di una rivista specializzata. Invece, è il salone della casa del presunto boss Domenico Conte, di 40 anni, arrestato ieri mattina a Bitonto dagli agenti della squadra mobile di Bari, con l’accusa di avere violato gli obblighi previsti dalla sorveglianza speciale cui era sottoposto. 

Un «colpo» clamoroso messo a segno dalla procura per tentare di fermare la guerra tra clan in corso nell’hinterland barese. Guardandola da fuori, questa palazzina di proprietà dell’Istituto Autonomo Case Popolari, a nessuno verrebbe in mente lo sfarzo (che forse rasenta il kitch, a dirla tutta) con cui sono arredati gli 85 metri quadri occupati (abusivamente) da Conte. 

L’immobile, assegnato dallo Iacp ad un suo parente, si trova in via Sandro Pertini a Bitonto. Neanche a cento metri (una coincidenza?) dall’abitazione di Anna Paola Ricciardi, la donna, madre e al quinto mese di gravidanza, arrestata sabato scorso perché nella sua cantina gli agenti hanno trovato armi e droga suddivisa in dosi. Da una cantina umida al salone di casa Conte, pulito e ordinato, ci sono poche decine di metri. L’arredamento, invece, è distante anni luce. 

L

Sulla parete attrezzata del salone, una enorme cornice argentata «abbraccia» un televisore di ultima generazione. Lo stesso da cui il presunto boss riusciva a spiare, grazie alle otto telecamere che aveva fatto installare, i movimenti dei clan rivali o delle forze dell’ordine. Quando Conte non era in casa (violando gli obblighi della sorveglianza) il «Grande Fratello» avrebbe potuto consentire di «controllare i controllori». Da qualsiasi parte del mondo. Bastava un computer e un click. 

Ristrutturata di recente senza lesinare su materiale e consulenze per arredatori e architetti, l’appartamento occupato abusivamente da Conte, è composto da un salone, due camere da letto (letto bianco e parete in granito nella più grande), bagno, cucina. Quando Conte non era in casa, stando a quanto è stato ricostruito dalla Dda, il sorvegliato guidava, senza patente, una Bmw. In due circostanze gli agenti lo hanno riconosciuto e inseguito. Intercettato fuori della propria sfarzosa abitazione, è riuscito a sfuggire alla cattura dopo gli inseguimenti. 

bitonto arrestato conte

L’escalation criminale (mercoledì scorso due gli omicidi commessi in meno di un’ora a Capurso e Bitonto) è stata stoppata dalla reazione dello Stato. In poco più di una settimana la polizia ha sgominato il clan Cipriano (rivale dei Conte), scovato e sequestrato l’arsenale del clan Conte, arrestato la custode e, ieri mattina all’alba, assicurato alla giustizia (spia pure per un reatominore) uno dei più pericolosi boss del barese. Che, per un po’, dovrà restare lontano dalla sua reggia. 

Bernardo Provenzano

VIAGGIO NELLE CASE DELLA MALA. I BARESI SPACCONI, SFARZOSI ED ECCESSIVI. I FOGGIANI COW-BY SPARTANI. I SICILIANI? BHE, RICORDATE IL COVO DI PROVENZANO… 

Al «capo dei capi» lo scovarono in campagna, viveva come un povero contadino in un casolare di Corleone. Bernardo Provenzano (nella foto; ndr), l’ultimo padrino, ha consumato la sua latitanza in maniera assai spartana, mobili di risulta, una cucina economica e alcune pareti dell’edificio ancora allo stato grezzo. È uno stile. 

Anche i Libergolis, nella feroce Capitanata insanguinata dalla faida, vivono nelle loro case rurali. E se gli domandi quale sia il loro mestiere ti rispondono con la faccia senza espressione: «Allevatore». 

Diversa la criminalità barese, più spaccona, più pacchiana come dimostra la reggia scoperta ieri al presunto boss di Bitonto Domenico Conte. Nei sottani barivecchiani, quelli abitati dagli uomini dei Capriati, degli Strisciuglio o del defunto clan Laraspata, era facile, durante le perquisizioni di carabinieri e polizia, trovare le vasche idromassaggio Jacuzzi e perfino i rubinetti d’oro.

E che dire dell’ex boss di Enziteto, Carmine Piperis, che nella sua casa popolare in uno degli infimi quartieri della periferia barese, custodiva preziosi cristalli veneziani, tappeti persiani e quadri di Alinari? Ma è un vezzo della sola criminalità barese. 

A Potenza Renato Martorano, che per i magistrati della Procura antimafia è «il massimo esponente della ’ndrangheta in Basilicata», stava tirando su una villa di due piani con rivestimento in pietra e vista panoramica sulla città. Due anni fa i carabinieri del Ros l’hanno sequestrata perché era «provento di attività usuraia». In quel cantiere di contrada Marrucaro, a due passi dal centro, alcuni imprenditori edili lavoravano gratis, pagando di tasca loro anche i materiali. 

Di tono minore i basilischi che alle ville preferivano i prefabbricati di Bucaletto, cittadella costruita dopo il terremoto. Quando i carabinieri entrarono nel prefabbricato in cui era in corso un summit rimasero sorpresi. Chi viveva lì aveva scelto mobili costosi e arredi pregiati. 

Ad Andria, nel Nord Barese, lo scorso luglio fu confiscato il patrimonio di Mauro Pilato, 53 anni, e di suo figlio Gianrico, di 27, arrestati nel corso di un’operazione antidroga durante la quale vennero sorpresi a spacciare nella loro villa bunker protetta da telecamere. Una villa lussuosa, con tanto di araldo in marmo effigiato su uno degli stipiti d’ingresso. E il «tesoro» dei Pilato annoverava oltre alla villa hollywoodiana beni per oltre due milioni di euro. 

Il covo di Bernardo Provenzano - foto ANSA

Le forze di polizia d’altronde hanno sequestrato tesori mafiosi su tutto il territorio pugliese, dalle ville al mare di esponenti della Scu brindisina agli sfarzosi possedimenti di Giuseppe Rogoli, di Mesagne presunto fondatore della Nuova Sacra Corona Unita, e dei suoi uomini. 

A tal Walter Ferrero di San Pietro Vernotico, ad esempio, il Tribunale ha sottratto perfino una villa con maneggio, campi da tennis e piscina. Molte di queste tenute sono state riconvertire per scopi sociali: come accaduto solo pochi giorni fa a Ugento (nel Leccese) alla lussuosa dimora del boss Michele Scarce, ora elevata al rango ben più nobile di centro polivalente per minori disagiati.

(Dal basso verso l’alto: il covo di Bernardo Provenzano e il padrino – foto ANSA; la conferenza stampa per l’arresto di Domenico Conte e la sua abitazione – foto LUCA TURI)

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