Nell’udienza di ieri chiamati a deporre i tecnici
di La Redazione (www.molfettalive.it/…)
La parola “fine” al processo al crollo delle palazzine di prolungamento di Via Aldo Fontana sarà scritta con ogni probabilità tra un mese, il 23 marzo.
L’udienza tenuta ieri nella sezione molfettese del tribunale di Trani ha infatti fissato per quella data la discussione del procedimento a carico di Giuseppe Calò e Leonardo De Gennaro, responsabile e direttore dei lavori della ditta Italco, imputati del reato di crollo degli edifici (difesi dai legali Bepi Maralfa e Annamaria Caputo).
Davanti al giudice Lorenzo Gadaleta sono comparsi ieri cinque tecnici, due su richiesta del pubblico ministero Antonio Savasta (sostituito da un pm onorario) e tre dalla parte civile rappresentata dall’avv. Marcello Magarelli.
Armando Albi-Marini, Enzo Balducci, Vincenzo Di Paola, Mauro Mezzina e Raffaele Nappi hanno deposto sulle cause dei fenomeni che hanno portato all’abbattimento. Secondo le perizie esposte in aula dai tecnici – ad eccezione di Balducci, che ha riferito di essersi occupato delle fasi successive allo sgombero, – sarebbe stato il contenuto in sali, presente dell’acqua utilizzata per impastare il calcestruzzo e prelevata da un pozzo artesiano scavato nelle vicinanze del cantiere, a compromettere la statica delle palazzine.
Gli ingegneri hanno puntato il dito sull’eventuale negligenza piuttosto che su un presunto dolo. Alla base delle decisioni di utilizzare acqua sorgiva, non vi sarebbero state neanche motivazioni di natura economica, essendo il risparmio elemento trascurabile.
Ciò di cui non si ha prova, nella vicenda molfettese, sono invece i saggi in corso d’opera sul calcestruzzo. Eseguiti di norma direttore dei lavori, permettono di valutare la qualità del materiale impiegato.
Intanto le nuove palazzine, sorte dopo l’abbattimento di quelle compromesse, sono in via di ultimazione nella zona di ponente.