Potenza, l’indagine su Capristo: dai soldi ai rapporti con Amara

I soldi lasciano una scia, quella adesso nel mirino della Procura di Potenza. I rapporti con «facoltosi imprenditori», le movimentazioni bancarie, l’acquisto di una villa a Bari da un noto costruttore: le indagini sull’ormai ex procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo, provano a mettere insieme piccoli pezzi sparsi nelle inchieste di mezza Italia. A partire da quelle di Roma e Messina sull’avvocato Piero Amara, di cui Capristo conservava gli atti in macchina (sono stati trovati sotto il tappetino della ruota di scorta e sequestrati il giorno dell’arresto), a finire da quelli con gli ex pm di Trani Savasta e Scimè, già coinvolti nei processi di Lecce.

Capristo manifesta fieramente la sua innocenza, bollando come assolutamente normali i 500mila euro prelevati in 10 anni dai propri conti correnti, i depositi in contanti e le operazioni immobiliari. Ma quei rapporti con Amara e con Filippo Paradiso, poliziotto barese al ministero degli Interni ai tempi di Salvini, avevano incuriosito anche la Procura di Roma. Perché le carte di credito di Amara e dei suoi familiari hanno pagato almeno dieci volte (tra 2014 e 2015) i biglietti aerei di Paradiso sulla tratta Bari-Roma. E dai tabulati telefonici di Paradiso (pur non indagato) sono emersi centinaia di contatti con Capristo.

I rapporti con l’avvocato Amara erano saltati fuori per un esposto anonimo planato a Trani su certe vicende interne dell’Eni: una macchinazione di Amara poi sventata dalla Finanza. L’avvocato, sentito a Messina prima dell’arresto, spiega così la conoscenza con Capristo: «Lui veniva a Roma con Filippo Paradiso che è un suo amico ed è un mio caro amico. L’ho frequentato in occasione dei ritrovi che organizzava a roma un certo don Aldo Bonaiuto». Ma, precisa Amara, all’allora procuratore di Trani non aveva offerto «né soldi, né favori» in cambio di quella indagine mai nata sul falso complotto ai danni del numero uno di Eni: «Capristo è un uomo di una vanità eccezionale (…) Speravo che in qualche modo fosse solleticato dall’idea di fare una indagine che poteva avere un suo rilievo. Avevo un rapporto di amicizia per cui avevo la possibilità eventualmente di andargliene a parlare».

Certo, Potenza indaga anche su una altra circostanza singolare. Nel 2017 Amara e il suo socio Calafiore avevano trasferito a Martina Franca, dunque nel circondario di competenza della Procura di Taranto, il domicilio fiscale delle proprie attività professionali e alcune imprese ritenute a loro riconducibili. Tutto questo senza aver mai lavorato da quelle parti. Perché? «Lui – racconta Calafiore al procuratore aggiunto Ielo, parlando di Amara – fa spostare Capristo a Taranto (da Trani, ndr) perché ha interessi nell’Ilva e quando ci sono le indagini fiscali mi dice “Tu le devi spostare con me qua”. E me la fa spostare (la partita Iva, ndr) a Martina Franca che è competente Taranto, lui questo mi dice».

Su Capristo, la «Gazzetta» lo ha raccontato ieri, Potenza indagava già prima che il pm tranese Silvia Curione denunciasse le presunte pressioni del suo ex capo a favore di tre imprenditori amici per le quali ora sono tutti agli arresti domiciliari. Era nato, il fascicolo su Capristo, dalle dichiarazioni di Flavio D’Introno, l’imprenditore coratino (ora in carcere) che ha fatto finire nei guai l’ex gip Michele Nardi e gli ex pm Savasta e Scimè. Ed è per questo che a fine ottobre il pm potentino Anna Piccininni ascolta Giovanni Vaira, collega della Curione e sottoposto di Capristo.

«Posso dire senz’altro che tra loro (Capristo, Savasta e Scimè, ndr) sembrava esserci molta cordialità e fiducia, peraltro Scimè era il sostituto anziano cui il procuratore Capristo aveva formalmente delegato l’esercizio delle funzioni direttive (…) pertanto di fatto spesso Scimè apponeva i visti sui provvedimenti che lo richiedevano». Quando c’erano «problemi organizzativi e incombenze che nessuno si offriva di svolgere», racconta Vaira, Capristo le assegnava a Savasta o Scimè «accompagnando questa sua decisione di imperio con il sorriso e la frase “tu non mi puoi dire di no”, sebbene ad oggi non sappia a cosa facesse riferimento il procuratore con quella espressione». Se lo chiede anche Potenza, che anche ieri ha ascoltato altri testimoni.

LA REPLICA – «Il dottor Capristo respinge ogni ipotesi di addebito a suo carico, ritenendo di avere improntato il suo agire al costante rispetto delle regole, giuridiche e comportamentali». Lo dicono gli avvocati del procuratore di Taranto, Angela Pignatari e Francesco Paolo Sisto in relazione all’articolo pubblicato ieri dalla Gazzetta. «A differenza di quanto potrebbe far presupporre l’articolo, al nostro assistito, che è stato sottoposto con la famiglia e gli affini ad una capillare verifica finanziaria, non è stata contestata alcuna irregolarità, meno che mai relativa a rapporti economici di qualsivoglia specie. Le pretese “anomalie” nella gestione delle sue risorse sono assolutamente inesistenti, non potendosi censurare il tenore di vita di un qualsiasi cittadino e del suo nucleo familiare, soprattutto se, come nel caso che ci occupa, lo stesso sia congruo rispetto al suo reddito. Le operazioni di finanziamento, attestate da mutui stipulati – e, nel tempo addirittura rinegoziati – per l’acquisto della casa di residenza e di un secondo immobile al mare, sono perfettamente regolari e del tutto tracciate nell’atto notarile afferente il mutuo ipotecario contratto. L’insinuazione, poi, che sul conto corrente siano stati versati 130mila euro in contanti, erroneamente quanto stranamente non tiene conto della vendita di un bene ricevuto in eredità pur chiaramente evidenziata negli atti d’indagine. Il dottor Capristo respinge così, con assoluta fermezza, ogni possibile collegamento tra la sua disponibilità finanziaria e qualsiasi ventilata ipotesi di corruzione in atti giudiziari, reato che, per altro, non rientra tra le contestazioni oggetto della misura cautelare». 

«Per quanto attiene ai richiamati contatti con i giudici Nardi, Savasta e Scimè, si ribadisce che questi rapporti, già oggetto di meticolose verifiche da parte della Procura di Lecce, sono stati improntati sempre a correttezza formale e sostanziale. Sono stati chiariti, altresì, nelle sedi competenti i rapporti meramente professionali e comunque del tutto occasionali intrattenuti con l’avvocato Amara, così come quello di conoscenza e normale frequentazione con Filippo Paradiso, ispettore appartenente alla Polizia di Stato».
«Per quanto attiene al capzioso collegamento con il rinvenimento di atti relativi all’avvocato Amara – conclude la nota -, si precisa, molto pacatamente che si trattava di documenti noti e non nascosti, ma solo lasciati banalmente in macchina (tra l’altro afferenti alla posizione del dott. Capristo in un procedimento caratterizzato da richiesta di archiviazione nei suoi confronti)».

fonte: MASSIMILIANO SCAGLIARINI – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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