PopBari, c’è l’ennesimo buco nero: spariti altri 150 milioni

Una esposizione che sfiora i 145 milioni di euro. Più quasi mezzo miliardo finiti in operazioni immobiliari ritenute veri e propri portage. La Procura di Bari accende un faro sulla Sgr del gruppo Sorgente, un altro dei «buchi neri» all’interno della Popolare di Bari: è questo il nuovo capitolo dell’indagine sul crac del principale istituto di credito pugliese. Su cui è stato aperto il quarto fascicolo.

Il pm Lanfranco Marazia, che coordina l’indagine con il procuratore aggiunto Roberto Rossi, ha mandato la Finanza ad acquisire tutta la documentazione sui rapporti tra Sgr e PopBari: una lunga lista di operazioni che risalgono fino al 2001 ma che hanno conosciuto un boom a partire dal 2009 con gli investimenti nel settore turistico-alberghiero che si incrociano con quelli delle società di Vito Fusillo. A partire dall’acquisto dalla Fimco dell’Albergo delle Nazioni di Bari.

Attraverso la sottoscrizione di Fondo Donatello e Fondo Tiziano, la Popolare è arrivata a investire quasi 150 milioni nei fondi riconducibili al professor Valter Mainetti, immobiliarista romano cui faceva capo – tra l’altro – anche la Denver, società che deteneva il 30% della Edisud (editrice di questo giornale, poi fallita): Denver si era impegnata a presentare un piano di salvataggio poi abortito quando il commissariamento della banca ha fatto venire meno i finanziamenti. La stessa Sorgente Sgr è attualmente in amministrazione straordinaria per «gravi irregolarità»: la sua esposizione verso la Popolare è stata riclassificata dai commissari come probabile inadempienza.

Una girandola di compravendite, dunque, che oggi vedono PopBari proprietaria di quote nei fondi Donatello e Tiziano (tramite i vari comparti Tulipano, Michelangelo 2, Puglia 1 e Puglia 2, e ancora San Nicola), per un valore di libro pari a 147 milioni: il 19% del patrimonio di vigilanza della banca pre-dissesto. Un quadro estremamente complesso: la Procura ha affidato una consulenza tecnica per ricostruire i diversi passaggi, con lo scopo di capire la reale consistenza del patrimonio. Così come nell’inchiesta che ha riguardato le società di Vito Fusillo, anche in questo nuovo fascicolo (per il momento Mainetti non risulta indagato) si punta a capire se sono state effettuate operazioni distrattive ai danni dei creditori e dei soci della Popolare. Questo perché i finanziamenti concessi alla Sgr sono stati via via trasformati in quote del fondo.

Nel perimetro dei fondi della Sgr si sono affacciati diversi imprenditori a partire dal gruppo Parnasi, che ha investito nel comparto San Nicola. Ma lo ha fatto con i soldi della Popolare: nel 2012 la Parsitalia ha ottenuto 5 milioni con cui ha acquistato dalla stessa banca il 31% del Fondo Tiziano, valutato 10 milioni di euro. Nel 2013 PopBari ha concesso una linea di credito da 10 milioni alla Figepa, altra società del gruppo Parnasi, che ha così potuto completare l’operazione di acquisto: nel 2015, una nuova linea di credito «bullet» da 20 milioni (scaduta lo scorso 31 dicembre) ha azzerato quella precedente sanando anche gli scoperti di conto corrente. Ma sono diverse le operazioni effettuate con modalità fotocopia, così come quelle che incrociano la Fimco di Vito Fusillo: l’imprenditore di Noci ha reso altri interrogatori che hanno come oggetto proprio i rapporti con la Sgr.
Nel mirino dell’inchiesta è finito ad esempio il rimborso parziale del comparto Vulcano del fondo Tintoretto, il cui regolamento di gestione è stato modificato per permettere, nel 2017, il rimborso parziale dell’eccesso di liquidità disponibile. PopBari rifinanziò il fondo per 11,6 milioni di euro, soldi utilizzati per 6,7 milioni ad estinguere l’esposizione precedente e per 4,6 milioni a rimborsare Fimco, che a sua volta utilizzò i soldi per ridurre l’esposizione di conto corrente con la banca. Con il risultato che PopBari spostò i suoi rischi dalla Fimco, ormai quasi decotta, al fondo di Mainetti.

fonte: MASSIMILIANO SCAGLIARINI – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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