di Nicolò Aurora (da l'AltraMolfetta di ottobre 2010)
A poco meno da un mese dalla deposizione delle motivazioni che hanno portato alla condanna in primo grado a tre anni dell’ex consigliere comunale dell’UDC Pino Amato riguardo il processo “Amato+5” abbiamo intervistato quello che fino a qualche settimana fa era anche il vice presidente del Consiglio comunale, raccogliendo in esclusiva i suoi commenti e soprattutto le sue accuse.
Giuseppe, per tutti Pino, Amato, consigliere comunale dell’UDC e vice presidente del Consiglio stesso, almeno fino a qualche settimana fa. La sua mancanza negli scranni di Palazzo Giovene s’è notata subito…
Chiariamo subito una cosa. Io in Consiglio comunale non siedo più, momentaneamente poiché questa non è una decadenza, ma è una sospensione in seguito ad una pena accessoria.
Quindi non esclude un suo ritorno in Consiglio comunale?
Assolutamente. La legge prevede la sospensione solo per un massimo di 18 mesi. Se poi l’appello, che presenteremo nei prossimi giorni a Bari, risulterà vincente, potrei rientrare anche prima. Ma è assurdo come dovrò forzatamente perdere un anno di Consiglio comunale, non tanto per il Consiglio ma quanto per l’espressione del voto popolare.
Sembrerebbe quasi che secondo lei, questa è stata anche una sentenza politica e non solo giudiziaria.
Questo non lo posso dire anche perché rispetto ed accetto la sentenza, seppur si è rivelata inaspettata per me, ma sicuramente è stata una sentenza alla persona e c’è un forte atto di sciacallaggio su questi episodi soprattutto ad opera di un signore…
Sarebbe?
È un signore che fa politica in questa città…
Provo io allora a fare un nome, Matteo d’Ingeo.
Io non so se è Matteo d’Ingeo, so che si chiama Matteo. Io lo chiamo il Robin Hood della politica. Ma a lui dico solo che deve apprezzarmi per quel che ho fatto, sottoponendomi alla giustizia, nonostante avessi potuto patteggiare con il P.m. ed ora sarei un uomo libero. Ma, ritenendomi innocente, mi sono voluto far processare.
Eppure la sentenza di primo grado l’ha ritenuto colpevole di aver “tradito le funzioni pubbliche” aver “rastrellato consensi facendo leva sul dramma di un posto di lavoro” ed aver “imposto orientamenti elettorali e politici a poveri commercianti”.
Questo impianto accusatorio è solo frutto di fantasie ed è stato già smentito non da me, ma dal mio elettorato, nel 2008 quando avevo già subito la misura cautelare e non ero assessore dal 2005 e, se fosse come dicevano loro, la gente non mi avrebbe votato e non sarei stato di nuovo il più suffragato. Quella è stata la risposta che la gente ha voluto dare a tutti. E la gente è il mio unico giudice.
Anzi, Le dico che tutti dovrebbero fare quello che fa il consigliere Amato, cioè aiutare la gente.
Cosa si aspetta dal secondo grado, visto che lei si considera completamente innocente?
Io credo nella giustizia, però in quella giustizia non condizionata. Sarà stato un caso ma nel mio processo ho avuto un P.m. molfettese, un Gup molfettese ed un giudice anch’esso molfettese nel collegio che mi ha giudicato. Lo prendo per un caso, però avrei gradito che ci fosse stata maggior attenzione magari con un giudice non molfettese e più imparziale. E le dirò di più, il P.m. è cugino dell’assessore che sostituii all’epoca.
Lei dice che ha esercitato sempre il suo ruolo politico in mezzo alla gente, quindi cosa ha notato dopo la sentenza nei suoi concittadini?
All’epoca la gente mi chiedeva a gran voce di scendere in campo come candidato sindaco ed ora il mio elettorato è molto risentito, in quanto crede nella mia persona ed hanno reagito male nei confronti della giustizia ed hanno compreso che questa è sentenza alla persona.
Secondo lei, quello della compravendita dei voti a Molfetta non è un segreto di Pulcinella e che ci sia una questione morale anche nel nostro Consiglio comunale?
Guardi io sicuramente sono stato il capro espiatorio del sistema, ma certamente non ho mai fatto compravendita di voti, però tutti sanno che in questa città chi gestisce il potere ne fa uso a propria discrezione.
Inoltre c’è anche da dire che il Comune di Molfetta s’è costituito parte civile nel processo, quindi si è comunque fatto un’idea su di lei..
Ed anche qui ci sono belle cose da dire. Nel 2006 quando la mia candidatura guardava a centro-destra, il Comune non s’è schierato come parte civile, però quando mi sono candidato con il centro-sinistra, subito c’è stata la costituzione di parte civile! Ed il sindaco mi deve spiegare perché per Michele Palmiotti non s’è costituito parte civile?
E Palmiotti ora fa l’assessore comunale! Inoltre vorrei cogliere l’occasione per lanciare un messaggio: sono amareggiato dalla sentenza ma mi sento pulito in quanto ho sempre operato per le classi più deboli. E poi sono sicuro che tutti i puritani che si sciacquano ora la bocca non hanno un solo scheletro nell’armadio, ma parecchi.
Una vicenda sicuramente controversa in cui è doveroso aspettare che la giustizia esaurisca il suo iter per dare un giudizio complessivo. Ma al di là dell’innocenza o meno di Pino Amato, questo episodio non contribuisce a riavvicinare le istituzioni e la politica ai cittadini, anzi li divide ulteriormente.