“Perché proprio qui”…

fonte: Matteo d’Ingeo – l’altra Molfetta di Ottobre 2024

La città della pace che non ha pace, sbattuta sulle prime pagine dei giornali e su tutti i canali tv italiani. Questa volta non si è trattato di microcriminalità endogena, bensì di criminalità d’importazione (ma non tanto) che ha fatto irruzione nella nostra quotidianità con inaudita violenza. I fatti di Capodanno del 2023/24 e l’omicidio del giovane Dario De Gennaro, in confronto, sembrano ragazzate rispetto a quanto accaduto nell’ultima domenica d’estate al Lido Bahia.

Una vita spezzata, a soli 19 anni. Antonella Lopez, in quella notte, è caduta come la prima foglia d’autunno, instabile e provvisoria. Il suo era un destino segnato, impietoso e terribilmente scontato. La Lopez era nipote di Ivan Lopez, morto in un agguato compiuto sul lungomare di Bari il 29 settembre 2021. Il delitto fu compiuto – secondo l’accusa – da uomini che agirono per conto del clan mafioso Capriati e del clan Parisi-Palermiti, in lotta con gli Strisciuglio. Il fratello di Ivan Lopez, Francesco Lopez, è un collaboratore di giustizia. Nonostante le sue parentele ingombranti, Antonella Lopez si accompagnava nelle serate in discoteca con Eugenio Palermiti, nipote 20enne dell’omonimo boss di Japigia. Pochi giorni di frequentazione con il nipote del boss e già la storia poteva risultare pericolosa.

Andare in giro con un esponente della famiglia che aveva ammazzato suo zio, rappresentava un’anomalia nel codice malavitoso e comportava per lei dei rischi. E proprio per quel rischio latente ha pagato con la sua giovane vita. Il suo corpo si è trovato nella traiettoria dei proiettili esplosi dalla pistola impugnata da Michele Lavopa, rivolti verso Eugenio Palermiti, che rimane ferito. Invece Antonella è colpita da un solo proiettile che le ha reciso i grandi vasi e procurato un’emorragia che ne ha causato la morte in pochi minuti.

Il 21enne Michele Lavopa, già in carcere reo confesso, è accusato dell’omicidio di Antonella Lopez e del tentato omicidio di quattro ragazzi, tra cui Eugenio Palermiti, nipote omonimo del capoclan del quartiere Japigia. Il giudice ha riconosciuto l’aggravante mafiosa contestata dalla Dda di Bari. Quindi il contesto in cui è avvenuto il grave fatto, è un contesto mafioso, nonostante la giovane età dei protagonisti.  Nella conferenza stampa della DDA di Bari gli inquirenti descrivono gli attori in campo come “bambini” insicuri e ansiosi di affermare la loro caratura criminale, girando in lungo e in largo discoteche e locali della movida barese per mostrarsi, segnare il territorio e, perché no, intimidire chiunque si permetta di pestare i  piedi al figlio del boss o a qualcuno dei suoi accompagnatori.

Le due bande criminali

Gli investigatori hanno detto anche altro. Le telecamere di videosorveglianza mostrano l’arrivo a Bahia di Michele Lavopa tra le 01:00 e le 01:30, di domenica 22 settembre scorso, con il suo gruppo. Mentre Eugenio Palermiti arriva alle 02.36 con il suo seguito. Entrambi i gruppi erano formati da circa dieci persone. Alle 02.45 circa si sentono gli spari e alle 02.49 le telecamere riprendono Michele Lavopa e i suoi amici in fuga. Ancora non è stato stabilito per certo che Lavopa sia stato l’unico ad essere armato e a sparare. Questa istantanea, indiscutibile, fornita dagli inquirenti contrasta con qualche dichiarazione frettolosa rilasciata dal sindaco Tommaso Minervini all’indomani dei gravi fatti di Bahia avvenuti tra la notte del 21 e 22 settembre 2024.

Le dichiarazioni fuorvianti

Durante una delle tante interviste al sindaco T. Minervini, ascoltate e lette in rete, il primo cittadino dichiara: “Quanto è accaduto questa notte a Molfetta, all’esterno del Lido Bahia, con una maxi rissa sfociata in una sparatoria, ci rattrista e ci preoccupa… Confido nella prontezza e nella capacità investigativa degli inquirenti per la ricostruzione della dinamica degli avvenimenti e l’individuazione dei responsabili. Soprattutto abbiamo necessità di sapere perché proprio qui”.

Non si è capito se il sindaco era mal informato sui fatti, o ha fatto finta di non sapere, escludendo a priori il recinto di Bahia da qualsiasi coinvolgimento nei fatti accaduti. Probabilmente dichiarando che i fatti si erano svolti fuori dal locale, voleva farci credere che il tessuto sociale molfettese è sano; e che questi giovinastri venuti da fuori hanno scelto, per caso, come terreno di scontro il parcheggio di Bahia.

Purtroppo i fatti sono avvenuti dentro il locale. Lo dimostrano le dichiarazioni dei presenti, le ammissioni dei protagonisti e i video della serata. La difesa d’ufficio del sindaco, potrebbe essere legata a un fatto affettivo-amministrativo con il locale che risale esattamente a 20 anni fa. Il “Lido Bahia” è nato durante il suo primo mandato di sindaco di Molfetta, nonostante esposti in Procura e mobilitazioni delle associazioni locali. Allora, Tommaso Minervini e la sua amministrazione, ricevettero il “riconoscimento” della bandiera nera 2004 da Legambiente e Goletta Verde con le seguenti motivazioni: “Dopo la privatizzazione degli ultimi 4 cm pro-capite di spiaggia fruibile, l’amministrazione comunale di Molfetta, unica nella provincia di Bari, si è aggiudicata la bandiera nera di Legambiente”.

“Perché proprio qui?”… A Bahia non è la prima volta

E poi, quell’altra frase finale del sindaco –  “Soprattutto abbiamo necessità di sapere perché proprio qui”- , avrebbe bisogno di una riflessione più ampia. Da subito appare chiara la difesa di parte di alcuni esponenti della famiglia proprietaria del Lido Bahia. Si affrettano a dichiarare, nelle varie interviste, che mai nulla del genere era successo nel locale. Certo, non c’è mai stato il morto (per fortuna), ma un uomo rimasto a terra, massacrato di botte e lasciato in una pozza di sangue, questo è accaduto.

Dobbiamo andare indietro nel tempo fino alle ore 02:00 della notte del 7 luglio 2012. Neanche il tempo di celebrare il ventennale dell’omicidio del sindaco Gianni Carnicella, e quella data funesta viene intrisa ancora una volta di sangue. Proprio presso il lido Bahia durante una festa, Ciccio Azzollini, nipote del sindaco senatore Antonio Azzollini fu picchiato a sangue, con la testa fracassata e lasciato per terra fino all’arrivo del 118. Anche in quel caso tutto nasce da una discussione (per futili motivi?) tra l’Azzollini e il figlio di un noto malavitoso molfettese. Dopo l’accaduto si riprese a ballare normalmente ma, dopo qualche minuto, il “rampollo” torna con i rinforzi, assieme aggrediscono e lasciano per terra Azzollini, per poi allontanarsi indisturbati senza che nessuno li fermasse. Questa storia è stata silenziata in città, e anche i proprietari del Lido Bahia l’hanno dimenticata. Quindi per loro un fatto diventa grave, solo quando c’è un morto? Ancor più grave, fuori contesto, è l’episodio del 2016.

Il precedente del  4 settembre 2016

Le cronache giornalistiche dell’epoca ci raccontano che erano circa le 00.03, di una domenica di settembre, e in una discoteca (di cui non si faceva il nome) tra Molfetta e Giovinazzo scoppia una rissa tra due gruppi di giovani, uno barese e l’altro molfettese. I baresi erano in cinque, tre dei quali noti alle forze dell’ordine e legati alla criminalità del quartiere Libertà. Giungono in tempo i Carabinieri, prontamente allertati, che impediscono che la lite degenerasse. Dopo l’identificazione di rito, i giovani lasciano il locale non essendoci gli estremi per fermarli e sottoporli a particolari procedimenti d’ufficio.

Sembrava essere tornato tutto alla normalità ma due dei giovani baresi tornano a Bari, si procurano una pistola calibro 9, ricompattano il gruppo e ripartono per l’azione punitiva.

Tutti e cinque concordano di tornare a Molfetta e di recarsi sul porto di Molfetta, in uno dei pochi bar che a quell’ora della notte sforna cornetti caldi. Individuato il gruppo di giovani molfettesi, scendono in due mentre l’autista tiene il motore acceso, pronto per la fuga. Qualche minuto e si concretizza l’azione di fuoco.

Sono le ore 00.05 del mattino e i due, senza farsi scrupoli, esplodono una decina di colpi di pistola ferendo alle gambe 6 giovani, due ragazze di 16 anni e altri quattro ragazzi tra i 16 e 20anni. Dopo aver messo a segno la punizione sono fuggiti a bordo di una Peugeot di colore grigio, la stessa parcheggiata davanti alla discoteca dove era nata la discussione. La loro fuga è finita però alle ore 00.06, quando una delle pattuglie del nucleo radiomobile di Bari li ha rintracciati. Due sono stati subito arrestati con l’accusa di tentato omicidio aggravato, porto abusivo di arma da fuoco e rissa. Dopo 24h saranno arrestati anche gli altri tre gruppo. E’ stato un miracolo che quella notte non ci sia stata una strage ben più grave di quella dello scorso 22 settembre a Bahia.

Le infiltrazioni criminali a Molfetta

Dalla narrazione di questi fatti si ha la sensazione che tutto ciò che accade nel nostro territorio non accade per caso. Senza tener conto della cronaca degli ultimi decenni, riflettiamo sul fattaccio avvenuto al Lido Bahia la notte tra sabato 21 e domenica 22 settembre 2024 e poniamoci delle domande.

Michele Lavopa, armato di pistola calibro 7,65, e i suoi amici, arrivano al Lido Bahia poco più di un’ora prima dell’arrivo di Palermiti. Nel tempo trascorso cosa fanno?  Ballano, bevono, incontrano altre persone di Molfetta? Chi sono i componenti del gruppo? Insomma, sono lì perché sono una comitiva di clienti abituali o ci sono andati per la prima volta? Come è possibile entrare in un locale con delle armi senza un particolare controllo? Poi arriva il nutrito gruppo di Palermiti e le domande sono le stesse. Se è vero che gli inquirenti stanno setacciando le chat dei social e dei cellulari, sicuramente risponderanno loro a queste domande. A noi molfettesi preme sapere se questi gruppi frequentano abitualmente Bahia o altri nostri locali, e quali sono le loro amicizie, referenti ed eventuali interessi su Molfetta.

Il Procuratore capo Renato Nitti già in una conferenza pubblica a Molfetta, il 5 novembre 2021, dichiara, senza problemi di sorta, e alla presenza del sindaco Minervini, che «Molfetta è terra di mafia» confermando quanto riportato nella relazione semestrale della DIA che a Molfetta «si registra la presenza di gruppi criminali riconducibili agli alleati clan Capriati e Mercante-Diomede». E non solo, dopo aver fatto riferimento a Giuseppe Manganelli aggiunge che il sequestro del suo patrimonio «non può farci ignorare che questa è terra di mafia». Quindi il capo della Procura, e non il Matteo d’Ingeo di turno, ha dichiarato che a Molfetta c’è la mafia. Gli stessi concetti sono stati riportati e amplificati, se non fossero stati ancora chiari, durante un’altra conferenza pubblica organizzata a Molfetta il 4 Marzo 2022 dall’associazione imprenditori di Molfetta.

I due gruppi baresi presenti a Bahia, Strisciuglio e Palermiti, possono essere collocati all’interno della mappatura della D.I.A., o non c’entrano nulla? I molfettesi possono sapere di chi fidarsi; in quale locale possono stare tranquilli senza correre il rischio di trovarsi nel bel mezzo di un regolamento di conti?

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