Pensionato ucciso a Manduria, il gip: “Maggiorenni in carcere perché famiglie incapaci di educarli e controllarli”

fonte: CHIARA SPAGNOLO – bari.repubblica.it

I nuclei familiari degli indagati hanno dato prova di incapacità a controllare ed educare i giovani”: è questo il motivo per cui sono finiti in carcere gli otto ragazzi che avrebbero aggredito il pensionato sessantaseienne di Manduria Antonio Stano, deceduto il 23 aprile. Le gip Paola Morelli e Rita Romano (che hanno esaminato rispettivamente le posizioni dei sei minorenni e dei due maggiorenni) hanno accolto le richieste della procuratrice Pina Montanaro e del pm Remo Epifani, disponendo per tutti la custodia cautelare in carcere. I sei minori sono stati trasferiti dalle due comunità di accoglienza di Bari e Lecce in cui si trovavano al carcere minorile Fornelli di Bari.

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Tutti e otto erano stati sottoposti a fermo il 30 aprile, con le accuse di tortura aggravata, danneggiamento, sequestro di persona e violazione di domicilio. Gli avvocati difensori avevano chiesto l’applicazione di misure meno restrittive del carcere ma le gip hanno ritenuto necessario allontanare i ragazzi dalle famiglie, considerato che – secondo la procura ordinaria e minorile – i genitori di molti di loro erano al corrente delle violente aggressioni ai danni di Stano e non hanno fatto nulla per fermare i figli violenti, aiutandoli addirittura nel tentativo di eludere le indagini.

Anche in considerazione di tale ragione, gli inquirenti avevano chiesto il trasferimento in carcere, ma al termine degli interrogatori del 2 maggio, nel quale gli indagati hanno ammesso le loro responsabilità, inchiodati dai video che riprendono le aggressioni nei confronti di Stano, divulgati sulla chat “Comitiva degli orfanelli”. 

Stano è stato fatto oggetto di un  trattamento inumano e degradante, braccato dai suoi aguzzini, terrorizzato, dileggiato, insultato anche con sputi, spinto in uno stato di confusione e disorientamento, costretto ad invocare aiuto per la paura e l’esasperazione di fronte ai continui attacchi subiti e, di più, ripreso con dei filmati (poi diffusi in rete nelle chat telefoniche) in tali umilianti condizioni“: così scrive la gip Romano nell’ordinanza di custodia cautelare per i due maggiorenni.

La misura della custodia cautelare in carcere – aggiunge – appare sostanzialmente adeguata alla gravità dei fatti, avendo gli indagati dimostrato notevole inclinazione alla consumazione di reati, totale inaffidabilità e completa assenza di freni inibitori“.

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– rileva – vi è misura diversa meno grave rispetto a quella anzidetta idonea a garantire le esigenze di tutela della collettività stante la personalità dei due indagati” che “non offrono alcuna garanzia certa di rispetto degli obblighi di una misura cautelare meno afflittiva, dovendosi pertanto fortemente limitare la loro libertà di movimento per impedire la ricaduta nel delitto“. Secondo la giudice, i nuclei familiari dei due indagati “hanno dato prova di incapacità a controllare ed educare i due giovani”, da qui la decisione di escludere la concessione degli arresti domiciliari.

La gip ha sostanzialmente condiviso l’impianto accusatorio della Procura, anche in relazione al reato di tortura. “Giravano in rete (su YouTube e sulle chat degli indagati e dei loro amici) filmati che riprendevano i maltrattamenti in danno dello Stano – evidenzia – e che erano divenuti merce di scambio tra i diversi giovani che li ricevevano sui loro telefoni o vi si imbattevano in Internet”.

“Non vi è dubbio – conclude – che nel caso in esame le condotte poste in essere dagli odierni indagati e dai loro coindagati minorenni” sono state “perpetrate in danno di un soggetto affetto da disabilità mentale che viveva in un evidente stato di abbandono, di disagio sociale e che, pertanto, versava in un chiaro stato di minorata difesa”.

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