Palazzina dei tumori a Bari, il legale delle famiglie: “Lì si muore ancora, non c’è prescrizione”

fonte: bari.repubblica.it

Il disastro ambientale che ha colpito i 21 residenti della palazzina in via Archimede 16 nel quartiere Japigia di Bari potrebbe aver fatto altre vittime. E il rischio, dicono i residenti, è tutt’altro che scongiurato. I continui roghi nella ex discarica comunale di via Caldarola hanno provocato fino ad oggi 21 tumori accertati, tutti inquilini dello stesso palazzo, ma servirebbe una indagine epidemiologica più estesa per comprendere quali siano stati realmente gli effetti di quello che è accaduto in quella zona fin da anni Settanta, tra decine di case popolari e scuole. E chi vive ancora lì “ogni giorno ha paura di ammalarsi” dice Licia, una dei residenti. Suo padre Antonio ricorda la gioia di aver ricevuto quell’alloggio popolare: “venivo da uno sfratto, da un trauma, baciai quei muri, senza sapere che avevano il veleno dentro”.

“É intollerabile che non si accertino le ragioni per le quali si è verificato questo enorme disastro” dice l’avvocato Michele Laforgia, legale del Comitato “Archimede 16” che raccoglie le famiglie dei residenti, vittime e familiari di vittime della “montagnola” di Japigia, che oggi hanno paura di ammalarsi ancora. La Procura di Bari ha chiesto l’archiviazione del procedimento per il troppo tempo passato, ma le famiglie si sono opposte.

Palazzina dei tumori, parla il legale delle famiglie: “Ecco perchè non c’è prescrizione”

“Le malattie e le morti si stanno ancora verificando, – spiega il legale – questa è la ragione principale per la quale i reati non si sono prescritti e chiediamo che la Procura continui a fare il suo lavoro dal punto di vista dell’accertamento delle responsabilità”, a partire dal reperimento di tutta la documentazione relativa alla gestione della discarica e alla messa in sicurezza, fino ad oggi non acquisita. Ma il legale va oltre.

“Qui siamo di fronte a un gigantesco problema di carattere pubblico. Non è una piccola questione locale, ma un enorme disastro” insiste l’avvocato Laforgia, che chiede che “questa diventi una grande questione dell’intera città, forse dell’intera regione. Fin dagli anni Settanta le autorità pubbliche avevano perfettamente contezza che quella fosse una zona a rischio salute, però ci sono voluti trent’anni e qualche decina di malati per cominciare ad occuparsene”.

E ora i residenti chiedono “tutela per chi non si è ammalato. Dobbiamo lottare contro il tempo – dice Licia Magliocchi, portavoce del Comitato – per fare diagnosi precoci e prevenire nuove patologie”, perché quella lista di vittime non continui ad allungarsi.

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