Otranto, sigilli al cantiere del Twiga: Briatore divorzia dai soci pugliesi, sospese le assunzioni

 
 
 
LECCE – La Procura di Lecce ha disposto il sequestro del Twiga, la struttura che stava nascendo a Otranto sotto l’egida di Flavio Briatore, il quale aveva concesso l’uso del marchio che contraddistingue i Twiga di Marina di Pietrasanta e Montecarlo senza però investire un solo centesimo in Salento. A distanza di poche ore dalla notifica del decreto di sequestro la società Cerra srl (proprietaria del terreno di Otranto e dello stabilimento) e la Bilionaire Lifestyle Sarl (proprietaria del marchio Twiga) hanno sospeso la licenza per l’uso della denominazione che avrebbe consentito di accomunare il locale salentino agli altri di proprietà di Briatore.

Otranto, ecco il cantiere dove sta sorgendo il Twiga di Flavio Briatore

La decisione è maturata, secondo quanto ha spiegato la società Cerra – “al fine di tutelare il buon nome del Twiga e quello del suo fondatore, Flavio Briatore, che sono del tutto estranei agli accertamenti in corso”. L’inchiesta del pm Antonio Negro – che dovrà trovare conferme nelle ulteriori indagini, condotte dai carabinieri e dalla polizia provinciale – ha ravvisato presunte illegittimità nelle autorizzazioni rilasciate dall’amministrazione comunale di Otranto a monte della realizzazione dell’opera e nella successiva realizzazione di manufatti diversi da quelle autorizzati.

Il Twiga è di proprietà della società Cerra, formata da imprenditori salentini e presieduta da Mimmo De Santis (presidente di Federalberghi Salenti) e non prevede quote di Briatore. De Santis è indagato insieme con il progettista e direttore dei lavori, Pierpaolo Cariddi, fratello dell’attuale sindaco Luciano e candidato come primo cittadino alle elezioni dell’11 giugno. Le ipotesi di reato contestate riguardano violazioni di norme urbanistiche in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e abusiva occupazione del Demanio marittimo.

 La struttura non nasce come vero e proprio stabilimento balneare, ma come “accesso al mare” su un’area privata di cinque ettari, a nord del centro storico di Otranto, su un tratto caratterizzato da scogliere a picco sul mare. Il primo permesso su cui ha indagato la magistratura è stato rilasciato dal consiglio comunale di Otranto il 4 marzo 2016 e riguarda la convenzione tra la società Cerra e l’amministrazione per un “accesso al mare”, dotato di “strutture amovibili di chiosco e ristorante e servizi per la balneazione” al fine di “consentire la fruizione del litorale e garantire la fornitura di servizi e attrezzature utili alla balneazione”.

La realizzazione di tali opere è stata autorizzata in un’area indicata come ‘agricola’ nel Piano regolatore, sulla quale – secondo le ipotesi investigative – non sono consentite strutture ben più grandi di un chiosco quali sono quelle in costruzione. Le immagini, che nelle scorse settimane hanno fatto il giro del web e che gli investigatori hanno raccolto in un ampio dossier fotografico, documentano l’esistenza di diversi prefabbricati, pedane, una grande piscina, oltre che lo spianamento di un’area posteriore per la realizzazione di un parcheggio e di una fronte mare per la sistemazione di lettini e baldacchini.

Per questo motivo nel decreto di sequestro si contesta l’avvenuto sbancamento del terreno e l’esecuzione di lavori edili in difformità con le opere per le quali il Comune ha rilasciato le autorizzazioni. Il sequestro probatorio è stato disposto dal pm Antonio Negro nel timore che la prosecuzione degli interventi potrebbe causare ulteriori danni alla zona. Nei prossimi giorni dovrà essere convalidato dal giudice per le indagini preliminari.

In attesa di ulteriori decisioni giudiziarie, la società Cerra ha sospeso i 60 pre-contratti firmati con le persone che avrebbero dovuto lavorare al Twiga, nonché con le aziende e fornitori coinvolti. La Cerra ha ricordato che l’intervento era stato preceduto da un “complesso iter autorizzativo, concluso con concessione edilizia corredata da 11 pareri favorevoli”.

 

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