
A distanza di 31 anni da quell’episodio che ha segnato per sempre la storia di una città, Molfetta torna a fermarsi per commemorare Gianni Carnicella, l’allora sindaco ucciso il 7 luglio del 1992 dalla mano armata di Cristoforo Brattoli ai piedi del sagrato della Chiesa di San berardino a pochi metri da Palazzo di Città. Colpi che recisero l’arteria femorale del primo cittadino ma che uccisero per sempre una parte di Molfetta, ancora oggi orfana della legalità. Anche quest’oggi, come ormai da trent’anni, ai piedi del sagrato della Chiesa di San Berardino, alle 13.30, si svolgerà una cerimonia commemorativa in suo onore. Nel corso della cerimonia, a cui prenderà parte il sindaco Tommaso Minervini, sarà deposta una corona di fiori. Il ricordo del primo cittadino di Molfetta è tutt’altro che spento.
Per anni Matteo d’Ingeo, coordinatore del movimento civico “Liberatorio Politico“, si è battuto affinché di Carnicella non ne rimanesse soltanto un ricordo. Provando a pensare di riavvolgere il nastro lungo 31 anni e lasciarlo nuovamente scorrere, oggi è legittimo chiedersi: Al di là dei governi cittadini che si sono alternati in questi anni, in cosa Molfetta è riuscita a prendere coscienza di quell’omicidio e che cosa oggi continua ad ignorare.
“Dopo una lunga elaborazione del lutto – ha risposto Matteo d’Ingeo – in pochi hanno preso coscienza di aver perso oltre che l’uomo, un politico di grande levatura che aveva compreso in pochi mesi di governo della città che era giunto il momento di cambiare rotta. Ma quella sua consapevolezza, ancora oggi, manca nella nuova classe politica dirigente. Si continua ad ignorare quella pagina di storia cittadina senza coglierne insegnamento per non commettere gli stessi errori”.
In questi anni, complice una politica “dormiente” sotto certi aspetti, si continua ad assistere ad una illegalità diffusa già nota 31 anni fa. Ne sono un esempio le “spaccate” ai negozi, i fuochi d’artificio illegali e soprattutto lo spaccio di droga sempre più dilagante.
“Proprio perché si è voluto rimuovere dalle coscienze collettive quel tragico omicidio – ha proseguito il coordinatore del Liberatorio Politico – il territorio è tornato sotto il controllo della criminalità molto più organizzata di allora, più invisibile, fatta di prestanome e una montagna di soldi da riciclare”.
Ma come avrebbe affrontato, proprio Carnicella, l’illegalità con cui Molfetta oggi è costretta a convivere?
“Ricordando l’elogio fatto da Carnicella a Giovanni Falcone, nel consiglio comunale del 30 maggio 1992, sicuramente non avrebbe chiesto la militarizzazione della città. Si sarebbe lasciato incuriosire dal flusso anomalo di danaro in città e avrebbe continuato a fare ciò che aveva fatto nei suoi 5 mesi di sindacato. Avrebbe messo in atto tutto ciò che una pubblica amministrazione potrebbe fare per evitare i livelli di degrado sociale e di illegalità diffusa, mai toccati prima, sino ai limiti di pericolose contiguità tra la politica e criminalità”.
C’è un altro interrogativo chee ogni maledetto 7 luglio fa capolino nella mente di ogni molfettese coscienzioso di quanto accadde 31 anni fa e quanto accadde oggi a Molfetta: Su Gianni Carnicella è stata fatta completamente giustizia?
“A mio parere il fascicolo dell’omicidio Carnicella non è mai stato chiuso – ha proseguito Matteo d’Ingeo nell’intervista rilasciata alla Gazzetta – Il sequestro e la confisca di beni a famiglie che parteciparono all’organizzazione del concerto di Nino D’Angelo ci dice che l’attività della Direzione Antimafia di Bari non si è mai fermata. Si attende la confisca definitiva dell’Agriturismo “Gardenia”, riconducibile ad una ben nota famiglia. Quando accadrà si potrà cominciare a riscrivere la storia dell’omicidio Carnicella che è sovrapponibile alla storia di questa città. Si dovrà far luce sul vero obiettivo dell’organizzazione del concerto negato e chi è stato il mandante dell’omicidio di Gianni Carnicella”.
fonte: Matteo Diamante dalla “Gazzetta del Mezzogiorno” del 7 luglio 2023

