La rievocazione di quel terribile 7 luglio attraverso filmati d’epoca. D’Ingeo: «in diciotto anni non è cambiato nulla»
di Vincenzo Drago (www.molfettalive.it/…)
Politici di oggi con qualche ruga in meno, le battaglie di un giovane d’Ingeo, le comparse di un sindaco baffuto e il suo assassinio, la dura predica di don Tonino Bello. Preziose le immagini proiettate martedi sera dal presidio molfettese di Libera, che ha voluto a suo modo ricordare l’omicidio di Gianni Carnicella nell’aula consiliare a lui dedicata. Una commemorazione lontana dai formalismi dell’amministrazione, presentata da Michele Pappagallo, presidente diocesano dell’Azione cattolica.
È toccato a Franca Carlucci, della Casa della Pace, aprire il doloroso amarcord di «una Molfetta bisognosa di aiuto», il cui emblema era una piazza Paradiso piena di «violenza, cattiveria e comportamenti inaccettabili». Un andazzo che culminò in quel tragico 7 luglio che scosse la città; da allora «ci sono stati segnali forti, ma Molfetta si sta lentamente abituando a perdere ogni giorno pezzi di dignità: la piccola illegalità passa sotto il naso e diventa norma; si vuol quasi rimuovere questo episodio».
Memoria che però resiste in alcuni cittadini, anche tra emigrati. È il caso di Nicola Cibelli, residente al nord che ha allestito, su un noto social network, una pagina per raccogliere e diffondere tutto ciò che riguardi il defunto sindaco.
E se c’è qualcuno che non lascia nulla al caso, quello è proprio Matteo d’Ingeo, che all’epoca del fattaccio era già attivo nelle sue note battaglie. Duro il j’accuse dell’ex consigliere, per il quale «in diciotto anni non è cambiato nulla». Il riferimento è allo smantellamento, «da parte della procura e non dell’amministrazione», del commercio ambulante.
Riguardo al ricordo che va dissolvendosi nel tempo, il punto di riferimento del Liberatorio Politico è convinto: «Probabilmente a qualcuno fa comodo che si perda la memoria; quello su cui bisogna riflettere è che a scuola non si deve parlare solo delle mafie degli altri: bisogna accettare l’idea che la mafia a Molfetta c’era e c’è».
Dito puntato infine contro l’immobilismo della politica in una città «che non sa cercare un ricambio» e aperte critiche all’Udc di Pino Amato, recentemente condannato in primo grado per voto di scambio, la cui sede è stata dedicata al sindaco assassinato.