«Sto agendo perchè venga alla luce la pura verità, fermo restando la mia piena responsabilità». E’ questo il motivo della clamorosa iniziativa di Cristofaro Brattoli, l’assassino del sindaco Giovanni Carnicella, che ha firmato una decina di manifesti apparsi ieri mattina per le vie cittadine. “Piedone”, questo il suo soprannome, freddò il primo cittadino il 7 luglio 1992 davanti al Comune.
Brattoli omette i nomi con dei punti di sospensione, ma parla senza mezzi termini di «sistema politico» e svela che aveva preparato un memoriale per la magistratura. Riferendosi al pubblico ministero che lo interrogò spiega: «Volevo tramite colloquio fare raggiungere il manoscritto a lei, ma lo sequestrarono e alcuni giorni dopo mi chiamarono dallo stesso giudice e confermai tutto ciò che era descritto».
Nel frattempo, però, temeva per la sua vita. «Un giorno vennero e mi portarono alla legione dei carabinieri di Bari dove avrei dovuto comfermare il mio manoscritto – si legge sul cartellone – ma non mi fu data la possibilità perchè non mi garantivano la mia incolumità».
Una versione, la sua «vera storia», all’epoca nascosta, che sarà racchiusa in un libro che pubblicherà l’anno prossimo, nel ventennale dell’omicidio. «Spiegherò – ha annunciato – perchè giravo armato senza porto d’armi e che attività svolgevo in quel periodo tra Puglia, Calabria, Campania e Sicilia».
Per ora il suo messaggio è parecchio sibillino. «Dopo 19 anni ho avuto il coraggio di fare il primo passo – recita il suo appello – e adesso aspetto che tu e un’altra persona X lo facciate, dicendo tutto quello che non è stato detto al processo». Quel “Tu” misterioso dovrebbe incontrarsi, secondo Brattoli, con un “Don” e un “Giornalista“, al fine di ricostruire i retroscena della tragica vicenda.
Sul manifesto ci sono tre foto che lo ritraggono inginocchiato davanti alla lapide di Carnicella, risalenti allo scorso 7 luglio. Poi ce n’è un’altra, non meno significativa, che immortala una sua dichiarazione scritta a penna. «Oggi, nel diciannovesimo anniversario – si legge in piccolo – ho avuto modo di dialogare con calma e serenità con la persona. Mi riservo che questo signore dica la verità al giornalista Matteo d’Ingeo».
Almeno l’identità del “Giornalista“, dunque, sembra svelata. Si tratta del leader del Liberatorio Politico, erroneamente identificato come un operatore dell’informazione, ma che in questi anni si è occupato dell’omicidio Carnicella come un vero reporter.
«Se fosse realmente pentito – ha replicato l’attivista – dovrebbe andare in procura e raccontare della società che curò l’organizzazione del concerto di Nino D’Angelo». D’Ingeo ha detto di non conoscere le motivazioni per le quali Brattoli gli vorrebbe parlare.
«Forse sono l’unico che da 20 anni sostiene che all’epoca molte cose non sono state dette perchè andavano ad intaccare il mondo politico», azzarda il coordinatore del Liberatorio, che ritorna a quell’estate del ’92. E a quel concerto negato, che costò la vita al primo cittadino.