Olivieri: “Voti per mia moglie Mari Lorusso comprati con buoni pasto o benzina. Ma niente mafia”

L’ex consigliere regionale, detenuto da un anno, in aula per il processo“Codice interno”. Le scuse alla città e le ammissioni, l’accusa a Emiliano (“Patto politico con lui per sostenere Di Rella e indebolire il centrodestra contro Decaro”) e l’ira del governatore che annuncia querela – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Le scuse alla città, le ammissioni di alcuni errori e le spiegazioni di cosa ci sarebbe stato dietro la campagna elettorale per le comunali baresi del 2019. «Un accordo politico con il presidente Michele Emiliano», ha sostenuto in aula l’avvocato Giacomo Olivieri, finalizzato a indebolire il centrodestra sostenendo Pasquale Di Rella alle primarie contro Filippo Melchiorre e Fabio Romito, in modo tale da fargli avere un candidato soccombente nello scontro diretto con il centrosinistra di Antonio Decaro. E anche da poter contare in seguito, su soldati direttamente collegati al governatore, eletti in Consiglio con il centrodestra ma con l’obiettivo di passare con il centrosinistra. Come effettivamente fece la moglie di Olivieri, Maria Carmen Lorusso. E prima di lei Francesca Ferri.

Maria Carmen Lorusso con Michele Nacci: i due furono candidati in accoppiata

Maria Carmen Lorusso con Michele Nacci: i due furono candidati in accoppiata

Entrambe elette a sostegno di Di Rella, entrambe arrestate e ora a processo per voto di scambio. La storia politica di quei mesi del 2019 è entrata con forza nel processo “Codice interno”, in cui Olivieri — assistito dagli avvocati Gaetano e Luca Castellaneta — si è sottoposto per cinque ore all’esame dell’imputato. È accusato di voto di scambio politico-mafioso e per lui i pm Fabio Buquicchio e Marco D’Agostino hanno chiesto cinque anni di carcere.

Le ammissioni

Olivieri è arrivato a Bari dal carcere di Lanciano, in cui è detenuto dal febbraio dello scorso anno. Jeans e giacca, ha parlato con lucidità partendo da un punto fermo: la consapevolezza di aver sbagliato e le scuse «alla città di Bari». Dall’operazione “Codice interno” è scaturita, nel marzo 2024, la volontà del Viminale di nominare una commissione di accesso agli atti del Comune, per valutare eventuali condizionamenti della criminalità sull’azione amministrativa. Una possibilità esclusa dalla relazione del prefetto Francesco Russo e dalla determinazione del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, di non sciogliere il Consiglio comunale disponendo soltanto provvedimenti per due società partecipate e per la polizia locale.

I voti comprati

L’ex consigliere regionale ha ammesso di avere chiesto aiuto ad alcune affinché portassero voti alla lista “Pasquale Di Rella sindaco” in cui era candidata la moglie Mari Lorusso, dando loro in cambio denaro e buoni pasto o benzina. L’obiettivo non era far eleggere lei, ha chiarito, ma far sì che la lista avesse un rappresentante in Consiglio, così come concordato con Emiliano. Da qui un impegno a tutto campo, nell’ambito del quale sarebbero stati utilizzati anche metodi non leciti. Ovvero dazioni di denaro e altre utilità a personaggi che avrebbero promesso di portare molte preferenze alla causa. Persone che erano legate ai clan Parisi, Montani e Strisciuglio, contesta la Dda. Che non a caso accusa Olivieri di voto di scambio politico-mafioso. «Ha cercato di coprire il 70-80 per cento del territorio barese — hanno detto i pm nella requisitoria — Era consapevole della caratura criminale delle persone con le quali aveva a che fare». Di più: «Si poneva alla pari con i boss mafiosi, non era colui che chiede i voti ma li pretendeva».

I Parisi

Per la Dda avrebbero sostenuto l’elezione di Mari Lorusso. Ma secondo Olivieri i numeri raccontano un’altra storia: «A Japigia mia moglie prese 12 voti», ha detto in aula. E poi ha spiegato di aver conosciuto Tommaso Lovreglio (nipote del boss Savino Parisi) tramite il fratello Vito che lavorava alla Multiservizi, di cui era stato presidente. Nel febbraio 2019 sarebbe stato proprio Lovreglio a contattarlo per affidargli il cugino Gaetano Bellomo, malato di tumore, chiedendogli di intercedere con il suocero oncologo Vito Lorusso. Sia con Lovreglio sia con il cugino Michele De Tullio sarebbero stati presi accordi affinché sostenessero Di Rella alle primarie del centrodestra e Lorusso alle elezioni comunali. Ma di entrambi l’avvocato ha affermato di non conoscere passato e legami familiari. Ritenendo una bugia l’affermazione di Lovreglio, secondo il quale gli avrebbe chiesto 200mila euro: «Ha millantato». Ammessa, invece, la dazione di 10mila euro da parte di Olivieri, che avrebbero dovuto essere utilizzati per premiare gli elettori.

Buoni e lavoro

Anche di Bruna Montani e Gaetano Strisciuglio (appartenenti alle omonime famiglie mafiose), Olivieri ha detto di non conoscere passato e legami di sangue. «Bruna per me era la suocera di Michele Nacci», ha chiarito, candidato al posto dell’ispettore Di Girolamo. Nacci gli avrebbe presentato la suocera, lei si sarebbe proposta per portare voti, facendo anche notare che altri politici pagavano assai. Alla stessa Montani l’avvocato ha ammesso di aver dato 5mila euro in buoni pasto e 5mila in buoni benzina, più 3mila euro in contanti per lei e Nacci. A Gaetano Strisciuglio un assegno postdatato, che dopo due giorni sarebbe stato restituito. Di lui Olivieri ha detto «Era ossessionato dalla ricerca di un lavoro alla madre, ho promesso che lo avrei aiutato». Aggiungendo che in campagna elettorale le promesse sono scritte sulla sabbia. E ribadendo che l’intesa con Emiliano, per la sua natura e le finalità, non poteva essere inficiata da voti mafiosi.

La reazione

Attacca l’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, definendolo «un uomo disperato che sta affogando nella sua stessa ignominia», e annuncia querele il governatore Michele Emiliano. «Vedo che il centrodestra barese continua a servirsi delle bugie di un criminale reo confesso che loro stessi hanno reclutato nella loro coalizione — ha scritto poche ore dopo l’interrogatorio di Olivieri — dando credito a una storiella ridicola, quella della trappola elettorale che fu costruita invece da Sisto e Dattis, come è a tutti noto». «Nel 2019 il centrodestra era convinto di vincere grazie alla candidatura di Pasquale Di Rella, che veniva dal Pd, sostenuta da Olivieri e Canonico. Ricordo ancora che quando mi incontravano per strada mi dicevano che per Decaro era finita. Tutti immaginavano invece che a causa della loro incapacità il centrodestra avrebbe perso di nuovo le elezioni. È la stessa incapacità che gli ha fatto credere di poter convincere i baresi a fargli vincere le elezioni con la favoletta, poi finita nel nulla, dello scioglimento per mafia dell’amministrazione comunale di Antonio Decaro»

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