di MARINA BONIFACIO, ANNALISA CANGEMI, CARLO DI FOGGIA, CLAUDIO PAUDICE – inchieste.repubblica.it
Niscemi non è un paese come gli altri. Se ci si allontana di qualche chilometro a sud dal centro, in direzione della Sughereta, non ci si imbatte solo in alberi e arbusti. Tre gigantesche antenne paraboliche verniciate d’azzurro si stagliano in mezzo al verde: è il Muos, un sofisticato sistema di comunicazione satellitare, di proprietà della Marina militare americana. L’ultima delle quattro stazioni terrestri che permetteranno di coordinare tutte le comunicazioni dell’esercito americano in ogni angolo del pianeta. Insieme alle altre basi già completate in Virginia, Hawaii e Australia, servirà a collegare tutti gli utenti mobili, dai droni, ai sottomarini, alle truppe di terra. Solo, però, se i lavori saranno portati a termine. Il Muos di Niscemi è infatti bloccato dopo la revoca delle autorizzazioni disposta dal governatore siciliano Rosario Crocetta che proprio ieri ha confermato ufficialmente lo stop.
Visto dal satellite, il cantiere appare come una piccola macchia bianca in una distesa brulla. A occhio nudo, le grandi parabole (22 metri di diametro) sono visibili dal belvedere del centro storico, che dista solo sei chilometri dalla Base radio Nrtf che le ospita. Una base dotata di ben 46 trasmettitori posizionati all’interno di una delle più antiche sugherete d’Europa, un’area naturale protetta e classificata come sito d’interesse comunitario fin dal 1997.
La Nrtf risale al 1991, e per oltre 20 anni nessuno si è mai posto il problema degli effetti sulla salute del campo elettromagnetico generato da quelle antenne, che si stagliano a perdita d’occhio. Sullo sfondo, in lontananza, il polo petrolchimico di Gela, con i suoi fumi e l’odore acre che brucia la gola. La costruzione del Muos ha attirato l’attenzione su quello che formalmente è un distaccamento della base militare americana di Sigonella (distante 60 chilometri) ma legalmente di proprietà del demanio militare italiano. Su quella base non è mai stato effettuato uno studio di impatto ambientale. “La prima cosa di cui ci siamo accorti, arrivati sul posto per fare i rilievi, è che c’era una base di cui non eravamo a conoscenza – ricorda l’ingegnere dell’Arpas Stefano Caldara – Le antenne della Base radio non sono mai state autorizzate da alcun ente né valutate dall’Arpa, anche perché preesistenti alla nascita dell’agenzia stessa”. Nessuna autorizzazione è stata mai chiesta per la costruzione della base Nrtf, e senza di quella nessun ente è mai stato incaricato di effettuare un monitoraggio della situazione.
Fino al 2008, quando il nuovo progetto arriva sul tavolo della Conferenza degli enti locali, chiamata a rilasciare l’autorizzazione, l’unico studio sulle radiazioni emesse dal nuovo impianto Muos è un documento redatto dagli stessi americani, povero di dati ma ricco di rassicurazioni sulla non nocività dell’opera. Nessun accenno alla base già esistente. In pratica, un’autocertificazione, sufficiente al ministero della Difesa per firmare nel 2006 l’accordo con il governo statunitense che avvia il progetto e lo stanziamento di 11 milioni di euro per i lavori. Lavori che ufficialmente inizieranno solo nel giugno del 2011, con la firma del protocollo d’intesa tra la regione Sicilia, guidata da Raffaele Lombardo e il ministro della difesa La Russa. Molti, tra attivisti del movimento “No Muos” e abitanti della zona, parlano però di scavi e lavori iniziati già nel 2008. La base Nrtf infatti è protetta solo da una recinzione metallica, costruita di recente senza permesso, e dalle case più vicine, distanti poche centinaia di metri, è possibile vedere tutto quello che succede all’interno…
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