fonte: Matteo d’Ingeo – l’Altra Molfetta – Settembre 2024
Come si sono espressi i Giudici d’Appello
“Il Tribunale (collegio giudicante di primo grado n.d.r.) ha assolto gli imputati Balducci Vincenzo, Calderoni Giorgio, Catteau Pierre, Defendi Daniele, Grimaldi Franco, Grondona Giuseppe, Loliva Gianluca, Marconi Carlo Alberto, Mazzola Osvaldo, Menchini Gianluca, Parmigiani Carlo, Turbolente Paolo, dai reati a loro ascritti al capo V) dell’imputazione (artt. 110, 81,40 cpv, 635 cpv c.p. art. 256, co,1,2,3 Dlgs 152/06) perché il fatto non sussiste.
In particolare il Tribunale ha posto a fondamento della esclusione di ogni responsabilità dall’aver concorso, ciascuno nelle rispettive qualità, nella illecita raccolta e smaltimento nella “cassa di colmata” di quanto residuava al dragaggio degli ordigni bellici unitamente ai fanghi ed alle rocce raccolti sul fondale marino che venivano riversati nella cassa di colmata, realizzando nella stessa una discarica abusiva di rifiuti pericolosi.
Secondo l’appellante le motivazioni del Tribunale, basate sulla relazione dell’Arpa che aveva escluso la presenza di sedimenti pericolosi e sostanze chimiche nella cassa di colmata, atteso che la concentrazione di azoto, fosforo e carbonio era risultata più bassa rispetto ai sedimenti prelevati nei porti di Bari, Barletta e Monopoli, non avrebbero tenuto conto degli esiti delle conversazioni intercettate.
Rileva la Corte che dalle conversazioni intercettate, e riportate nell’atto di appello del Comitato Bonifica Molfetta, emergono le seguenti circostanze:
– il rinvenimento, da parte della ditta dello Zannini esercente attività di bonifiche subacquee e “messo alla discarica all’angolo” (vd. progressiva 1723) di ordigni al fosforo;
– il rinvenimento di una bomba caricata a fosforo e benzene, bucata dall’escavatore all’interno della colmata con fuoriuscita di fumo, “una bomba era benzene e fosforo, ha cominciato a uscire il fumo” (vd. progressiva 1800).
È evidente quindi che vi è stato il rinvenimento di materiale pericoloso per la salute, quali gli ordigni, e che lo stesso era stato depositato in una zona di mare, la “discarica all’angolo”, nella colmata, e infatti Zannini si raccomandava di non fare andare persone lì, ma solo l’escavatore “perché è pericoloso”.
Orbene il reato di cui all’art. 256, D.Lgs n. 152/06, è un reato di pericolo: “il reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata è reato di pericolo, sicché la valutazione in ordine all’offesa al bene giuridico protetto va retrocessa al momento della condotta secondo un giudizio prognostico “ex ante”, essendo irrilevante l’assenza in concreto, successivamente riscontrata, di qualsivoglia lesione.” (vd. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 19439 del 17/01/2012: Sez. 3 -, Sentenza n 4973. del 18/10/ 2018).
Sulla scorta di tali principi non è condivisibile la valutazione effettuata dal Tribunale basata sulle risultanze delle verifiche effettuate dall’ARPA circa i livelli non elevati di concentrazione di azoto, fosforo e carbonio, per escludere la rilevanza penale delle condotte poste in essere dagli imputati come si evincono dalle conversazioni intercettate e che integrano l’abbandono e deposito in modo incontrollato di rifiuti pericolosi.
Tuttavia, il reato contravvenzionale contestato e la condotta ascrivibile agli imputati deve ritenersi cessata al più tardi al momento in cui è avvenuto il sequestro dell’area ovvero in data 07/10/2013 come da verbale di sequestro preventivo in atti. “L’attività di gestione abusiva o irregolare di una discarica comprende anche la fase post-operativa con la conseguenza che la permanenza del reato cessa: -1) con il venir meno della situazione di antigiuridicità per rilascio dell’autorizzazione amministrativa; -2) con la rimozione dei rifiuti e della bonifica dell’area; -3) con il sequestro, che sottrae al gestore la disponibilità dell’area; -4) con la pronuncia della sentenza di primo grado (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 9954 del 19/01/2021)”.
Ne consegue che, considerato che il termine massimo di prescrizione del reato de quo è di anni cinque ex art. 161. comma 2. c.p., detto termine risulta decorso al più tardi il 7/10/2018 ovvero prima della pronuncia della sentenza di primo grado del 20 dicembre 2019”.
Quindi i giudici d’appello dicono espressamente che le condotte poste in essere dagli imputati, come si evincono dalle conversazioni intercettate, hanno rilevanza penale e integrano l’abbandono e il deposito in modo incontrollato di rifiuti pericolosi. Peccato, però, che il relativo reato si sia prescritto già prima della sentenza di primo grado.
Resta il fatto, non di poco conto, che l’imputato Balducci abbia rinunciato alla prescrizione su tutti i capi d’imputazione nell’udienza del 22.01.2018. Tale espressione di volontà è riportata nella sentenza di primo grado n. 3004/19, emessa il giorno 20.12.2019 dal Tribunale Penale di Trani.