
fonte: Matteo d’Ingeo – l’Altra Molfetta – Settembre 2024
I giudici di primo grado ignorano le intercettazioni
A fronte di siffatte considerazioni in merito alla prova documentale che il Collegio ha posto a fondamento del suo convincimento in via esclusiva, vi è il rilievo, doveroso, della grave lacuna in cui è incorso l’Organo giudicante in I^ grado ignorando totalmente le risultanze delle intercettazioni telefoniche relative al capo V) di imputazione, richiamate anche dal Luogotenente del Corpo Forestale dello Stato Marcotrigiano G. nel corso del suo esame.
Le conversazioni telefoniche oggetto di intercettazione, invero, hanno una valenza probatoria notevole in riferimento al capo di imputazione in parola perché da esse si evince chiaramente cosa draga e trasferisce la Machiavelli nella colmata oltre fango e roccia e quante persone ne fossero a conoscenza.
In rilievo si pongono, a riguardo, le intercettazioni di Zannini Piergiorgio (titolare dell’omonima ditta individuale esercente l’attività di bonifiche subacquee) che in molti passaggi danno contezza del rinvenimento quasi quotidiano di ordigni al fosforo, proprio durante le operazioni di dragaggio della Machiavelli.
Trattasi, come si apprende dalle dichiarazioni rese da Marcotrigiano nel corso del suo esame da parte del Pubblico Ministero, Dr. Vaira, all’udienza del 02.07.2018 (da pag.18 del verbale redatto), delleconversazioni registrate sul RIT 258.
Interessante quanto emerge dalla conversazione del 25.09.2011, progressivo 1723, in cui Zannini apprende da un suo dipendente (tale Sante) del rinvenimento di un ordigno, spostato e “messo alla discarica all’angolo”.
Zannini dice di aspettare e di non comunicare questa circostanza se non a fine lavori, in quanto “lo sanno già tutti che gli incendiari non hanno segnale per cui, l’importante, è che l’abbiamo tolto”.
Ed anche in questo caso apprende che l’incendiario fumava (si precisa che per incendiario è da intendersi lo spezzone di fosforo rimasto nudo, senza ogiva e, dunque, senza protezione, che appena entra in contatto con l’ossigeno, fuori dall’acqua, prende fuoco).
Zannini avverte di non fare entrare persone nella colmata, “ci deve andare solo l’escavatore perché è pericoloso, a parte il fosforo ci può essere anche il liquido dell’iprite di una damigianetta che si è rotta 30 anni fa”.
Nella conversazione successiva, progressivo n.1727, Zannini accenna alla draga e al fatto che la stessa, durante le operazioni di dragaggio, può macinare gli ordigni riducendoli in pezzi che finiscono giù nella colmata.
La bomba caricata a benzene e fosforo
Ma la conversazione più emblematica è sicuramente quella tratta dal RIT 258, progressivo 1800, intercettata il giorno 28.09.2011, (si badi bene, lo stesso giorno in cui l’Arpa effettua il prelievo dei sedimenti!).
Da tale conversazione si apprende del rinvenimento di una bomba caricata a fosforo e benzene, bucata dall’escavatore all’interno della colmata, con conseguente fuoriuscita di fumo (“una bomba era benzene e fosforo; molto probabilmente nel lavoro che fanno le motopale l’ha bucata, è cominciato a uscire il fumo; si vedeva proprio il dentino della motopala che era entrato dentro e ha cominciato a fumare; era bello spesso e puzzava di un accidente”).
Dal tenore della conversazione emerge, altresì, che tutto era fatto in modo tale da mantenere il riserbo su quanto accadeva e sui rimedi adottati (creazione illecita di un deposito in mare per tutto il materiale pericoloso rinvenuto).
Quanto precede è solo uno stralcio di numerose conversazioni tratte tutte dal RIT 258 ed espressamente richiamate da Marcotrigiano nel corso del suo esame del 2.07.2018, alle pagg. 23 e 24 del succitato verbale, che il Collegio giudicante immotivatamente non ha preso in considerazione, come se non esistessero.
Tale omissione, lo si ribadisce priva di qualsivoglia motivazione, rende pertanto censurabile la sentenza di assoluzione nei confronti degli imputati in relazione al capo V), ai sensi e per gli effetti dell’art.576 c.p.p..
Sul contenuto di tali intercettazioni, la difesa del CBM, chiede ai Giudici della Corte d’Appello di soffermarsi sulla loro valenza probatoria, trattandosi di dichiarazioni captate nel corso di attività di intercettazione regolarmente autorizzata e ad insaputa dei soggetti coinvolti e sulla base di quanto accertato. Pertanto si chiedeva il riconoscimento delle responsabilità penali degli imputati per il reato loro contestato al capo V).

