Monopoli come Molfetta, i concerti con certi cantanti neomelodici sono a rischio

parisi monopoli

Quello che potrebbe accadere a Monopoli, è già accaduto a Molfetta il 7 Luglio 1992, quando il sindaco Gianni Carnicella fu assassinato. All’origine del grave fatto di sangue vi fu l’organizzazione di un concerto del cantante napoletano Nino D’Angelo e tale ultima iniziativa, a sua volta, scaturì da una scommessa intervenuta tra l’assassino, Cristoforo Brattoli, ed alcuni esponenti di quel mondo variegato che in Molfetta andava comunemente sotto il nome di ” Piazza Paradiso”.
  
Per l’organizzazione di tale concerto era stata costituita una società di fatto tra dieci persone, ne facevano parte oltre che alcuni esponenti della ” variegata realtà di Piazza Paradiso” anche un esponente politico della Democrazia Cristiana, tale Saverio Petruzzella (subentrato come consigliere comunale al defunto Sindaco Carnicella in quanto primo dei non eletti nella lista della D.C.). 
Nel dibattimento l’imputato aveva confermato l’esistenza della società, di cui facevano parte due suoi fratelli e un tale Nino Spezzacatena, De Robertis Paolo, Fiore Alfredo, Racanati Tommaso, Magarelli Damiano, Fiore Cosimo e Petruzzella Saverio.
 
Il concerto doveva tenersi nel campo sportivo del locale Seminario Regionale in data 18/7/1992. Quindi a Molfetta il problema nasceva all’interno dell’organizzazione del concerto, mentre a Monopoli il problema è rappresentato dal cantante e dalla sua famiglia; in quest’ultimo caso gli inquirenti potrebbero verificare chi c’è dietro l’organizzazione del concerto del Parisi.

Concerto Tommy Parisi. Questore chiama Prefetto

fonte : Carmela Formicola – http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/

La notizia dell’imminente concerto di Tommy Parisi a Monopoli non poteva passare sotto silenzio. Ieri mattina il questore Carmine Esposito ha chiamato il prefetto Carmela Pagano per sollevare un problema di «opportunità».
Il figlio di Savinuccio sta preparando il «ritorno» al pubblico dopo la vicenda giudiziaria che lo ha travolto. Nel marzo scorso, com’è noto, Tommy finì in carcere (per la prima volta nella sua vita) nell’ambito di un’inchiesta ribattezzata «Do ut des» che ha tagliato la testa del clan Parisi. Dopo 18 giorni di carcere, tuttavia, il gip Alessandra Piliego lo ha scarcerato accogliendo la tesi difensiva: è solo un artista non già un personaggio organico all’organizzazione criminale di famiglia. Il che non significa che Tommy Parisi sia uscito dall’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia, però la sua posizione sembra oramai marginale rispetto all’impianto accusatorio originale.
Digerita l’esperienza dell’arresto e della carcerazione, il cantante neomelodico sta provando a riprendere i fili della sua vita. È tornato in sala prove, ha ricominciato ad apparire in tivvù con il format delle «dediche e richieste» ed ora prepara il concerto, accompagnato dall’affetto dei fan che non lo hanno abbandonato nemmeno un attimo anche nel periodo del carcere.
Il 1° giugno, pertanto, il cantante salirà sul palcoscenico in un lido di Monopoli. Ma questa performance ha messo a rumore gli ambienti giudiziari e le stanze dell’ordine pubblico. Il questore e il prefetto stanno verificando se questo concerto si possa realmente consumare.

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Lo scorso anno, come si ricorderà, a Tommy Parisi era stato proibito di esibirsi a Pane e Pomodoro in un concerto gratuito organizzato per festeggiare vent’anni di attività artistica. Fu il sindaco Antonio Decaro a mettere il veto sulla performance ipotizzando che comunque l’ombra del clan si affacciasse oltre l’apparenza, nonostante il cantante fosse totalmente incensurato. Ne seguirono polemiche inevitabili ma, alla fine, il concerto saltò. Oggi l’apparato investigativo e quello della sicurezza si interrogano doppiamente sull’opportunità di un concerto visto che Parisi, nel frattempo, nelle maglie della giustizia è finito realmente.
«Io non ho autorizzato nulla e non so nulla – si appresta a chiarire il sindaco di Monopoli Emilio Romani – Non so nulla semplicemente perché quel lido ha regolare licenza di pubblico spettacolo. Se non c’è altro divieto, per esempio di carattere di ordine pubblico, lo spettacolo non ha nessuna limitazione», chiarisce Romani.
Si tratta di capire se il prefetto Carmela Pagano voglia andare fino in fondo e impedire il concerto a prescindere, perché in presenza di un artista indagato per mafia. Ma di indagati è piena l’Italia, potrebbe obiettare qualcuno, seppur il clan Parisi evochi la vera forza intimidatrice e il potere di assoggettamento tipici di un sodalizio mafioso.
E ancora una volta ci si domanda se sia giusto che le colpe dei padri debbano essere espiate dai figli o se i figli siano a loro volta, ineluttabilmente, colpevoli.

IL MONDO DELLO SPETTACOLO: DEVE ESIBIRSI  di Lia Mintrone

Ancora un guaio per l’ugola d’oro di Japigia. Anche questa volta Tommy Parisi, il cantante neomelodico figlio del boss Savinuccio, potrebbe non riuscire ad esibirsi in un suo concerto in programma, a Capitolo, il prossimo 1° giugno. Dopo Bari, anche la data monopolitana potrebbe avere uno stop. E ancora una volta ci si torna a interrogare su quanto sia giusto, o no, che il figlio del boss, recentemente scarcerato perché ritenuto «non organico all’organizzazione criminale di famiglia», debba subire un processo mediatico-sociale a causa del suo pesantissimo cognome.
La «Gazzetta» ha chiesto su questo caso il parere di protagonisti del mondo dello spettacolo barese.
Max Boccasile(ATTORE COMICO) «Io penso che cancellare un altro concerto di Tommy Parisi sia un’assurdità. La magistratura ha deciso di scarcerarlo, quindi cosa c’entra lui con la famiglia? Perché non riconoscono a questo ragazzo il diritto di cantare? Se non lo fanno cantare, cosa gli suggeriscono di fare, il figlio del boss? Io l’ho conosciuto quando avevo 14 anni, non sapevo manco chi fosse, faceva il cantante neomelodico e, nel suo genere, a Bari è uno dei più bravi. Non usciamo insieme ma se lo incontro chiacchiero piacevolmente con lui, per me lui è un artista. Califano e Corona hanno avuto guai con la giustizia, non avrebbe dovuto fare più niente nella vita? Sono contrario che gli si vieti di fare il concerto, così facendo lo si istiga a fare il lavoro del padre. O no? Se lui è pulito, deve cantare».
Gianni Colajemma (ATTORE) «Perché vietargli di cantare? Si parla tanto di recupero ma solo a parole. Perché vietare a un ragazzo, anche se ha quel cognome, di fare il cantante? Così facendo, si finisce con l’incattivire lui e il suo pubblico. Non è giusto che un ragazzo paghi per il cognome che porta. Tommy lo conosco, viene anche a vedermi a teatro, mi è sempre sembrato un bravo ragazzo. È la seconda volta che tentano di negargli un concerto, dopo Bari. Eppure, in piazza Umberto, questa città tollera che ci sia gente a spacciare droga. E ce la teniamo. Per me, dove ci sono la musica e qualsiasi forma di arte, ci sono gli angeli. L’esclusione genera cattiveria».
Gianni Ciardo (ATTORE) «Il padre è una cosa, Tommy è un’altra, io stimo quel ragazzo. Lui vuole solo fare il cantante, piaccia o no la sua musica, non c’entra niente con il padre, lo lasciassero cantare. Lui , questo concerto di Capitolo, lo deve fare, u uagnon vol cantà e basta. Solo perché è figlio di un boss è una persona finita? Nessuno può pagare le colpe dei padri, lui vuole solo fare l’artista mica il politico. Ci sono tanti delinquenti in giro, anche artisti, e sono a piede libero. Io sono stato invitato ad aprire i suoi concerti per tre volte e, per tre volte, le date sono state annullate. Pazzesco. Io voglio che lui canti e gli mando anche a dire che gli voglio bene».
Roberto Ottaviano (MUSICISTA) «Non conosco la sua storia e non lo conosco come artista però penso che avere a che fare con la musica e usare il linguaggio della musica, di qualsiasi tipo, significhi voler vivere una vita diversa, personale, propria. Abbracciare la bellezza di una forma di arte, è una scelta di distanza, personale, di chi decide di non farsi coinvolgere da altre vicende, segnala un distacco dal mondo di provenienza. Insomma, se questo ragazzo è pulito e non ha nulla a che vedere con le attività familiari, perché non farlo suonare o cantare? Il suo fardello è il suo cognome a quanto pare, è da lì che scaturiscono le cautele delle forze dell’ordine, forse temono che lui sia il simbolo di un certo mondo. Però, forse, il ragazzo sta cercando di smarcarsi da tutto questo proprio con la musica. Negargli tutto ciò potrebbe essere controproducente».
Nabil Salameh (CANTAUTORE) «Se una persona non ha nulla a che fare con l’ambiente di provenienza, con la giustizia e con la delinquenza, perché non deve fare quello che vuole fare? Non conosco la sua storia ma, a volte, bisogna andare al di là del nome, dei luoghi comuni e del preconcetto. Io l’ho vissuto sulla mia pelle da arabo, palestinese e musulmano. La musica mi ha permesso proprio questo, di esprimermi per quello che sono. Una persona non può scontare colpe sugli stereotipi. Se Parisi non ha alcun debito con la giustizia, perché non dovrebbe cantare? Lo troverei ingiusto».

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