Miulli, intrigo da 45 milioni misteri e attori dell’inchiesta

Miulli, intrigo da 45 milioni misteri e attori dell'inchiesta

 di PIERO RICCI – bari.repubblica.it
Impedire un salasso alle casse regionali ed evitare la chiusura per debiti del “Miulli”: fino a quando i carabinieri non hanno rastrellato documenti dalla Regione per le inchieste sulla sanità pugliese, in molti, tra Bari e Acquaviva, erano convinti di aver fatto un buon affare. Invece nell’accordo approvato dalla giunta regionale l’11 marzo del 2009 vi sono alcune incongruenze che il governo pugliese prova a correggere revocando l’intesa. Sulla prima delibera ha messo gli occhi la procura barese che vuole un supplemento d’indagini per abuso d’ufficio, falso e peculato a carico del governatore Nichi Vendola, dei due ex assessori Tommaso Fiore e Alberto Tedesco e dei vertici dell’ente ecclesiastico tra cui il vescovo di Altamura, Mario Paciello, e il direttore amministrativo Nino Messina, all’epoca dei fatti dirigente dell’assessorato alla salute. Sulla seconda delibera si è riaperta la battaglia legale tra Regione e Miulli davanti ai giudici amministrativi.

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Il trasferimento nel nuovo ospedale, nell’estate del 2008, mette in grave difficoltà economica il bilancio del Miulli che pretende dalla Regione il pagamento di oltre 42 milioni di euro, salvo conguaglio, per le prestazioni extra-tetto erogate tra il 2002 e il 2008. Pagamento non dovuto, dice l’Ares all’epoca guidata da Mario Morlacco che è tra gli indagati. Un diniego che porta il Miulli a fare ricorso al Tar. Ma davanti ai giudici amministrativi, che fissano l’udienza a gennaio 2009, non si arriverà perché nel frattempo s’è messa in moto la macchina per la transazione.

Il 20 ottobre i carabinieri, che stanno indagando sulla malasanità pugliese, intercettano una telefonata tra l’assessore alla sanità Alberto Tedesco e il nuovo capo dell’avvocatura regionale Nicola Colaianni. “Ho avuto per quella faccenda del Miulli una richiesta dall’avvocato. Vogliono vederci, forse dovremmo farlo per capire”, dice Colaianni. Tedesco risponde: “Ma quella è una cosa nazionale, vogliono aprire un ragionamento con noi perché da soli non ce la fanno a portare avanti l’ospedale e quindi hanno piantato tutta quella zeppa”. Il capo dell’avvocatura spiega di aver avuto delle carte, cita una sentenza del Tar della Campania confermata dal Consiglio di Stato. “Che dice?” chiede l’assessore. “Che sostanzialmente equipara questi ospedali classificati se pur privati”, risponde Colaianni che convince Tedesco a organizzare un incontro. E l’incontro si fa. Due giorni prima dell’udienza, il 12 gennaio, alla Regione. Ci sono Vendola, il vescovo Paciello, Tedesco, Colaianni, l’avvocato del Miulli, Luigi Volpe, il reggente dell’ente ecclesiastico don Mimmo Laddaga e il direttore amministrativo Rocco Palmisano. Sul tavolo la Regione è disposta a mettere 45 milioni, non come rimborsi per le prestazioni extra-tetto ma come contributo per gli investimenti fatti dal Miulli per sostenere l’innovazione tecnologica del nuovo ospedale.

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Il Miulli, però, deve rinunciare al ricorso che potrebbe valere 70 milioni. L’accordo è fatto: la Regione pagherà tre rate da 15 milioni in tre anni. Ed è sulla modalità di pagamento che i conti non tornano perché l’accordo prevede che le risorse siano prese da un capitolo di spese correnti (“Iniziative straordinarie di attività sanitaria e convegni della Regione Puglia”) non da uno in conto capitale riservato agli investimenti. Di più: tocca alla Asl di Bari pagare e aspettare la compensazione dai fondi dell’edilizia sanitaria che si prevedeva di sottoscrivere nel 2009. Il nodo è qui. E quando Tommaso Fiore, subentrato a Tedesco, lo scopre dopo la retata degli inquirenti, prepara la revoca in autotutela di quell’accordo suggerendo, prima di pagare, un protocollo d’intesa che coinvolgesse anche il ministero. Siamo all’inizio di luglio 2010. Il “Miulli” non ci sta e ritorna al Tar: vince il primo round e incassa il sì a un anticipo di 45 milioni che, a gennaio, la Regione prova a bloccare con una sospensiva: il Consiglio di Stato nega rimandando tutto all’udienza di merito non ancora fissata.

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