Minacce, relazioni politiche e potere. Così il padrino di Gomorra resiste al carcere duro

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fonte: http://espresso.repubblica.it/inchieste –  di GIOVANNI TIZIAN

C’è solo il vetro blindato a separarlo dai familiari. Nella saletta dei colloqui del carcere di massima sicurezza, sezione 41 bis, loro ascoltano con attenzione. Poi rispondono e commentano. Ogni gesto del capo famiglia è da studiare con attenzione. Con un cenno, un tic, un movimento delle mani, anche il più impercettibile, decide cosa è necessario fare fuori da lì. Sul suo territorio. A Casapesenna. E anche altrove. Il disprezzo per i nemici del clan è evidente in ogni fotogramma. I primi cinque anni di carcere duro non hanno indebolito Michele Zagaria. Anzi, in queste immagine inedite che “l’Espresso” è in grado di pubblicare, il padrino mostra tutta la sua arroganza nonostante i quattro ergastoli. Inveisce contro i nemici giurati. In questo caso un giornalista.

È ancora lui, insomma, a dettare la linea. Con l’impero che perde pezzi importanti e pregiati. E la valanga di arresti, sequestri e processi che hanno decimato il gruppo. Dietro l’apparente tranquillità, in realtà, il boss è tormentato da una profonda inquietudine. E reagisce con la prepotenza del capo tutte le volte che si sente spogliato del suo scudo di invicibilità. Così se un’inchiesta giornalistica lo colpisce nel cuore delle sue relazioni indicibili con i servizi segreti deviati, la soluzione è che il giornalista venga «squartato vivo».

Il riferimento è all’inviato Sandro Ruotolo che nella puntata “Inferno Atomico”, sulla terra dei fuochi, di qualche anno fa accostava il nome di Zagaria agli spioni infedeli di Stato. La questione che ha fatto infuriare il padrino è il passaggio sulla trattativa che sarebbe avvenuta per la gestione dell’emergenza rifiuti. Il tema è finito al centro di alcune informative e anche in alcuni dettagliati articoli di Rosaria Capacchione, cronista del Mattino e ora parlamentare del Pd.

Secondo il magistrato di punta del pool anticamorra per quasi dieci anni Antonello Ardituro «L’ipotesi di una trattativa va valutata con attenzione»

Le minacce a Ruotolo sono state intercettate più di un anno fa. Pronunciate durante l’incontro con alcuni dei parenti più stretti, hanno fatto scattare d’urgenza un dispositivo di protezione per il giornalista. Che da allora vive sotto scorta. I brogliacci sono finiti in un’informativa inviata dal Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria alla procura antimafia di Napoli…. continua a leggere QUI

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