Parchi eolici in odor di mafia. Accade in Sicilia, provincia di Messina, dove questa mattina cinque persone sono state arrestate dai carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto e di Patti con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, truffa, estorsione aggravata dal metodo mafioso. Al centro dell’inchiesta, avviata nel 2009, c’è la realizzazione di impianti eolici nella provincia peloritana, e in particolare il sistema di affidamento degli appalti e dei lavori per i parchi eolici “Alcantara-Peloritani” e “Nebrodi” ricadente nei Comuni di Fondachelli Fantina, Antillo e Francavilla di Sicilia, con 63 aerogeneratori previsti per una potenza complessiva di 57,6 megawatt, distribuiti su due lotti, “Alcantara Nord” ed “Alcantara Sud”. In manette sono finiti anche un sindaco e un funzionario comunale, per i quali l’accusa è di concorso in concussione. Si tratta di Francesco Pettinato, primo cittadino di Fondachelli Fantina, del funzionario comunale, Giuseppe Catalano, responsabile dell’unita’ organizzativa del III settore. Coinvolti anche gli imprenditori Michele Rotella, detto “Barone”, pregiudicato, Santi Bonanno e Giuseppe Pettinato. Ad emettere il provvedimento di custodia cautelare in carcere è stato il Gip del Tribunale di Messina, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia.
L’inchiesta. Un’imprenditoria mafiosa interessata alle energie rinnovabili e alternative quella che viene descritta nella conferenza stampa di oggi a Messina dagli investigatori che hanno messo a segno l’operazione. Le 11 persone sono indagate a vario titolo per truffa in concorso, poiché’ nei lavori per l’impianto eolico “avrebbero utilizzato materiali e modalità’ non conformi al capitolato d’appalto, predisposto false certificazioni e ostacolato i controlli tecnici”. Sono state eseguite anche perquisizioni in varie località’ d’Italia, a carico di persone e presso le sedi di alcune società coinvolte nei lavori. Il sindaco e il funzionario di Fondachelli Fantina – secondo l’accusa – dopo l’inizio dei lavori ne avevano sospeso l’esecuzione e avevano ritardato il rilascio delle autorizzazioni necessarie alla ripresa per costringere la società’ appaltatrice ad affidare, ad una ditta riconducibile ad uno stretto congiunto, i lavori per la costruzione di alcune sottostazioni di raccordo elettrico, e per far assumere persone segnalate dal sindaco. Michele Rotella, inoltre, è un imprenditore già coinvolto nell’affaire sulla discarica di Mazzarà Sant’Andrea, in provincia di Messina, condannato dal tribunale di Messina a dodici anni di reclusione, poiché ritenuto colpevole di associazione mafiosa “previa riqualificazione dello stesso reato nell’ipotesi di concorso esterno”. Dopo i tentativi di infiltrazione nel settore dell’eolico a Trapani, per la seconda volta in Sicilia, le mani di imprese – che gli inquirenti ritengono in odor di mafia – arrivano ad occuparsi della costruzione di parchi eolici. Ancora una volta l’asse su cui si sviluppano gli affari è quello che attraversa imprenditoria, appalti pubblici e amministrazioni locali.
Il cono d’ombra sulla provincia. Dopo l’inchiesta sui rifiuti, scaturita dall’operazione “Vivaio” che ha sancito gli interessi dei clan in questo settore e il rischio concreto di infiltrazione nelle discariche della provincia, dopo le numerose operazioni coordinate dalla Dda di Messina, sul versante antiracket, oggi un altro capitolo che riguarda il settore delle energie rinnovabili. Negli ultimi anni un susseguirsi di inchieste toglie ogni dubbio sulla presunta “assenza” di affari importanti per i clan nella provincia a lungo – come si legge nella relazione annuale della Direzione nazionale antimafia – avvolta in un “cono d’ombra” che in passato ha permesso: alla mafia “barcellonese” o “tirrenica” di assumere una strutturazione e metodi operativi del tutto omologhi a quella di Cosa nostra palermitana, nonché un controllo virtualmente totalizzante dell’economia; ed alla mafia “messinese” di realizzare facilmente una evoluzione dalla fase primaria della estrazione violenta delle risorse dal territorio (racket e traffico di droga) alla fase ulteriore del riciclaggio e della creazione di una vera e propria imprenditoria mafiosa, capace di realizzare, con l’intimidazione, forme di monopolio di importanti settori economici e di alterazione delle regole di mercato. Una analisi confermata anche annualmente dai rapporti ecomafie curati da Legambiente.