
Alfonso Tumbarello ha firmato 137 ricette per il latitante, il postino dei documenti era un insospettabile operaio del Comune – fonte: Salvo Palazzolo – palermo.repubblica.it
Nelle rete di Matteo Messina Denaro non c’era solo il medico massone Alfonso Tumbarello, ma anche un insospettabile operaio del Comune di Campobello: si tratta dell’omonimo cugino di Andrea Bonafede, il geometra che ha fornito l’identità al latitante. Entrambi sono stati arrestati dai carabinieri del Ros.
Il settantenne Tumbarello firmava una montagna di ricette per il boss, ne ha predisposte 137 — per farmaci (95) e per esami specialistici (42) — Bonafede, che ha 51 anni, faceva da postino. Anche il giorno dell’arresto di Messina Denaro andò nello studio medico, quando ancora la notizia del blitz non si era diffusa: chiese un farmaco per il “cugino”.
È stata la segretaria dello studio Tumbarello a svelare la grande bugia: «Bonafede classe 1963 non l’ho mai visto in studio, forse una volta, 17 anni fa». E, invece, il dottore Tumbarello aveva attestato di averlo visitato tante volte. Invece era Messina Denaro. E con quelle ricette il boss potè operarsi nel 2020 a Mazara del Vallo, e poi alla Maddalena.

«Il medico Tumbarello era pienamente consapevole che l’Andrea Bonafede a cui faceva le prescrizioni era il superlatitante». Ora, il professionista è accusato dal procuratore Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido di concorso esterno in associazione mafiosa e falso ideologico. L’operaio del Comune deve difendersi invece dall’accusa di procurata inosservanza della pena, quella del latitante.
Scrive il gip Alfredo Montalto, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare: «Il dottore Tumbarello è diventato stabile interlocutore del lungo e tormentato percorso terapeutico del suo assistito Messina Denaro». Tutto nella completa riservatezza: «Senza che il nome del latitante emergesse mai perché occultato dalle false generalità di Andrea Bonafede — scrive ancora il giudice — escamotage che ha permesso al latitante di continuare a sottrarsi alle ricerche e restare al vertice di Cosa nostra trapanese». I pm Gianluca De Leo e Pierangelo Padova mettono in evidenza che nel passato di Tumbarello c’erano già alcune ombre: l’ex sindaco Tonino Vaccarino, che per un certo periodo fu infiltrato dei servizi segreti, raccontò di aver chiesto proprio al medico un incontro con Salvatore Messina Denaro, il fratello di Matteo.

Era invece un insospettabile Andrea Bonafede: «Uno degli operai più disponibili e pronti al lavoro, a qualsiasi ora», dice il sindaco Giuseppe Castiglione. «Ancora una volta sono sconvolto».
A turbare il primo cittadino anche le parole dei magistrati che nella richiesta di arresto per Tumbarello e Bonafede non hanno utilizzato mezzi termini per evidenziare «l’assordante silenzio dell’intera comunità di Campobello che, evidentemente con diversi livelli di compiacenza omertosa, paura, o addirittura complicità, ha consentito impunemente al pericoloso stragista ricercato in tutto il mondo di affrontare almeno negli ultimi due anni cure mediche e delicatissimi interventi chirurgici in totale libertà».

Il sindaco replica: «Sono profondamente amareggiato e, al contempo, incredulo nell’apprendere di questi nuovi arresti e della ricaduta che questi avvenimenti stanno avendo sulla parte onesta della comunità campobellese, che sta subendo ingiustamente l’onta di comportamenti criminali di cui non è responsabile e che fortemente rinnega». Castiglione ringrazia le forze dell’ordine, ma replica ai magistrati: «Sorprende e ferisce leggere l’assordante silenzio dell’intera comunità campobellese: se la presenza del superlatitante a Campobello era così palese ed evidente a tutti, mi chiedo come mai non sia stato trovato prima».