Maxi operazione antidroga a Barletta, condotta dai pm Giuseppe Maralfa, Giuseppe Gatti e Lidia Giorgio

Droga, 23 arresti e 126 indagati a Barletta. Tra i destinatari di misure il 58enne ucciso e il suo assassino.

fonte: bari.repubblica.it

Sono 23 le persone, appartenenti a quattro diversi gruppi criminali di presunti trafficanti e spacciatori di droga di Barletta, arrestate dai carabinieri (12 in carcere e 11 ai domiciliari) su disposizione della Dda di Bari nella maxi operazione compiuta a Barletta.

Nell’inchiesta sono indagate complessivamente 126 persone. Tra i destinatari della misura cautelare ci sono anche il pregiudicato Ruggiero Lattanzio (che sarebbe stato il 24esimo arrestato), ucciso il 15 gennaio scorso e il suo assassino (reo confesso) che era già in carcere per questo reato, il 29enne Alessandro Antonio Cacciatore.

Dalle indagini, coordinate dai pm Giuseppe Maralfa, Giuseppe Gatti e Lidia Giorgio, è emerso che dopo le operazioni antimafia degli anni Novanta e 2000 che hanno smantellato il clan Cannito-Lattanzio, nuovi gruppi criminali stavano emergendo spartendosi le piazze di spaccio in città sulla base di un accordo stretto a partire dal 2009 tra quattro organizzazioni: la prima con a capo i fratelli Albanese detti ‘i vaccari’, la seconda capeggiata da Luigi Lombardi detto ‘gino melon‘ con il defunto Ruggiero soprannominato ‘Rino non lo so‘ e con Luigi Marchisella, la terza guidata da Cosimo Damiano Cannito detto Mimmo, ed infine la quarta dai fratelli Sarcina.

All’indagine, oltre a intercettazioni audio e video, hanno contribuito le dichiarazioni rese tra il 2011 e il 2017 da 15 collaboratori di giustizia. Nelle conversazioni gli indagati utilizzavano un linguaggio criptico definendo la droga ‘magliette’. L’inchiesta ha rivelato anche contatti con gruppi mafiosi spagnoli, campani e baresi, dai quali gli indagati si rifornivano delle sostanze stupefacenti che poi rivendevano nelle piazze di Barletta “militarizzando gli spazi della movida dopo il tramonto” hanno spiegato gli inquirenti.

 Nel 2012, dopo la scarcerazione del boss Cannito, la pax mafiosa si stava sgretolando a causa del tentativo di alcuni gruppi di assumere un controllo egemonico del territorio. Le indagini hanno, infatti, documentato un episodio di aggressione, “uno sfregio sul viso con una bottiglia, a uno spacciatore che aveva acquistato la droga da un gruppo diverse, il pestaggio del figlio del boss e poi alcuni agguati di sangue.

“Siamo intervenuti – ha spiegato il procuratore aggiunto Francesco Giannella – prima che questi gruppi si evolvessero in vere e proprie organizzazioni mafiose, abbiamo cioè impedito che la presa di possesso del territorio assumesse i connotati della mafiosità”. Nel corso delle indagini sono state arrestate in flagranza altre 20 persone e, nascosti nel bagno di una masseria riconducibile agli indagati, sono stati sequestrati oltre 200mila euro in contanti

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