Di Matteo a Rai3: ”Recidere rapporti mafia-potere non è obiettivo primario della politica”

fonte: http://www.antimafiaduemila.com

di Miriam Cuccu  
Il pm di Palermo a #cartabianca: “Andro’ alla Pna solo se e quando supererò un concorso”

Nessun segnale di resa. E’ questo che il pm Nino Di Matteo ha intenzione di trasmettere con la decisione di non andare alla Procura nazionale antimafia, come invece aveva proposto il Csm a seguito delle parole di un boss di Cosa nostra che, intercettato, aveva detto: “A quello (Di Matteo, ndr) lo devono ammazzare”. L’ha ribadito ancora una volta ieri sera negli studi di #cartabianca, programma televisivo condotto da Bianca Berlinguer che si è aperto con la tragica notizia dell’attacco al Mercato di Natale di Berlino (commentata dal giornalista Domenico Quirico), e concluso con il ricordo di Giuseppe Fava, giornalista ucciso nel 1984, da parte dell’attore Leo Gullotta.
“Ho ritenuto che accettare un trasferimento legato esclusivamente a ragioni di tutela della mia sicurezza avrebbe costituito un segnale di resa personale ed istituzionale che non era opportuno dare” ha raccontato Di Matteo in trasmissione, perché “alla mafia non si possono dare segnali di arrendevolezza”. “Nei miei confronti il Csm ha attivato una procedura mai effettuata prima – ha spiegato – nemmeno ai tempi in cui Falcone subì l’attentato all’Addaura, ritenendo che ci fossero gravissime condizioni di rischio. Ma alla Pna andrò solo se e quando supererò un regolare concorso”.
“Ci siamo abituati in questi anni – ha detto ancora – ad un silenzio a mio parere a volte colpevole e grave verso il sistema mafia ed i processi sui rapporti tra mafia e potere. E’ un argomento scomodo che troppi vorrebbero definitivamente archiviare”. “C’è stato un periodo in cui – ha proseguito – soprattutto il partito comunista era il primo argine politico verso la mafia, un laboratorio di denuncia politica della gravità sulla questione mafiosa. Purtroppo mi sembra che negli ultimi decenni è stato lasciato alla magistratura e alle forze dell’ordine il compito esclusivo di combattere la mafia, come se la politica avesse rinunciato a stare in prima linea”.

Di Matteo ha quindi spiegato che “per i vertici di Cosa nostra è molto importante avere rapporti con il potere, senza sarebbe una banda di criminali ordinari facilmente debellabile. Noi, Stato, dobbiamo capire che per vincere questa guerra bisogna tentare di recidere i rapporti tra mafia e potere”, esigenza che, ha sottolineato il pm, “non è molto compresa, né obiettivo primario della politica” dato che nei legami tra le due parti “c’è sempre stato e c’è tuttora un reciproco scambio ed interesse: la mafia dalla sua ha avuto sempre la forza e la violenza delle armi, del tritolo e del ricatto” anche se emerge sempre di più il fatto che “è il politico che va a cercare la mafia per avere il sostegno, mentre tradizionalmente era il contrario. Oggi assistiamo perfino a situazioni in cui gruppi imprenditoriali, anche non siciliani o non italiani, quando investono in Sicilia cercano la famiglia mafiosa competente sul territorio per avere aiuto e risolvere i problemi”. Secondo Di Matteo, infatti, “è come se la mafia stesse diventano un’agenzia di servizi anche in favore di gruppi di potere che mafiosi non sono”.
“Molti italiani ricordano, ma quello che temo – ha riflettuto il magistrato – è che si sia persa la consapevolezza della necessità di fare piena luce sulle stragi di Capaci e via d’Amelio, come su quelle del ’93 e tanti altri delitti eccellenti”, mentre invece “il modo migliore per commemorare è proseguire con lo stesso sforzo investigativo dell’immediato post stragi. Purtroppo sempre di più ho la sensazione che gran parte della politica e dell’opinione pubblica ritenga quei fatti da archiviare e l’interesse a cercare di completare la verità sia rimasto a pochi magistrati e investigatori”.
Parlando poi dei rapporti tra magistratura e politica Di Matteo ha dichiarato: “Negli ultimi 30 anni c’è stato un attacco strumentale organizzato da parte di quella politica che non sopporta che il controllo della legalità si estenda all’esercizio del potere, contro parte della magistratura che non si rassegna alle valutazioni di opportunità ma obbedisce solo a quelle di doverosità”. La speranza, ha concluso, è che “la magistratura mantenga la sua piena autonomia dalla politica, che non è privilegio dei magistrati ma garanzia di libertà per tutti i cittadini”.

Link alternativo per guardare la puntata: RaiReplay

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