Mascherine pagate 36cents, vendute a 20 euro ad Asl pugliesi: sequestrati 1,1mln. L’indagine nata da un articolo della «Gazzetta»

Le mascherine di protezione individuale FFP3 acquistate a ottobre in Cina a 36 centesimi l’una, a marzo sono state vendute alle Asl pugliesi a prezzi via via crescenti, fino a 20 euro a pezzo. Troppo, secondo la Procura di Bari, soprattutto in un momento di emergenza nazionale: per questo gli uomini del comando provinciale della Guardia di Finanza di Bari, agli ordini del generale Roberto Pennoni, su ordine del procuratore aggiunto Roberto Rossi hanno sequestrato d’urgenza oltre 1.100.000 euro alle tre aziende baresi ritenute responsabili di manovre speculative illecite.

Nelle indagini del gruppo Tutela spesa pubblica, guidato dal tenente colonnello Roberto Maniscalco, sulla base di alcune segnalazioni, è stato acquisito anche un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno che raccontava, appunto, come la Asl di Bari – che aveva tra l’altro il compito di acquistare le mascherine per tutti gli ospedali pugliesi – avesse affidato un appalto alla 3M (estranea all’indagine), ma che la multinazionale non avesse poi consegnato quanto offerto se non (in parte) dopo la pubblicazione dell’articolo. E così, la Asl ha dovuto far fronte al fabbisogno acquistando mascherine a qualunque prezzo, nonostante il valore delle ffp3 vendute da 3M (primo fabbricante mondiale) non fosse superiore a 1,25 euro ciascuna.

La Finanza ha dunque disposto il sequestro di 626mila euro a carico della 3MC spa di Capurso, che ha acquistato 127mila mascherine ffp3 a 30 centesimi di dollaro l’una dalla Cina, rivendendone dopo l’inizio dell’emergenza coronavirus 100mila (per 687mila euro, a fronte di un costo di 36mila) con un ricarico tra il 1.800 e il 4.000%. Circa 33.600 di queste mascherine sono state acquistate dalla Penta srl (riconducibile agli stessi titolari della 3MC e ritenuta una società cartiera) a 6,40 euro ciascuna, per un totale di 215mila euro: Penta le ha rivendute alla Aesse Hospital a 12,80 euro ciascuna. Penta ne ha poi acquistate altre 4.080 a 7,70 euro l’una rivendendole alla Aesse a 14,80 euro. Alla Penta sono stati sequestrati 244mila euro. Altri 235mila sono stati sequestrati alla Aesse Hospital, che ha poi provveduto a rivendere le mascherine alla Asl Bari e alle altre Asl pugliesi a prezzi che vanno dai 18,2 euro pagati dalle Asl di Taranto e Bari in una prima consegna, fino ai 20,2 euro pagati dalle Asl di Taranto, di Brindisi, dagli Ospedali Riuniti di Foggia, dalla Sanitaservice Asl Lecce e dalla Marina militare di Taranto il 13 marzo. In tutto la Aesse Hospital ha incassato 734mila euro per circa 37mila mascherine che ha acquistato a 492mila euro. Il tutto a fronte di un valore iniziale delle 127mila mascherine cinesi che non supera i 40mila euro. Le stesse mascherine che, prima dell’inizio dell’emergenza, la 3MC aveva venduto a propri clienti a prezzi variabili tra i 60 centesimi e i 2,80 euro: l’incremento di prezzo – secondo la Finanza – è avvenuto proprio dopo il 31 gennaio, con la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale che ha fatto schizzare il prezzo delle mascherine di 40 volte “in presenza – secondo la Procura – di una grave rarefazione nel mercato nazionale di mascherine e altri presidi individuali di protezione”.

                        il procuratore aggiunto Roberto Rossi

Il 20 marzo i finanzieri hanno acquisito l’articolo della Gazzetta che raccontava appunto delle difficoltà della Asl di Bari nel farsi consegnare le mascherine dalla 3M e hanno ascoltato via Skype il dg della Asl di Bari, Antonio Sanguedolce. Ecco cosa ha dichiarato Sanguedolce, spiegando pure che “stranamente, stamattina, dove con coincidenza con quanto fosse venuto fuori sui giornali, mi arrivano stamattina 880, ben poca roba ovviamente, di 3M a prezzo di gara, cioè al prezzo di gara di 1 euro e 25”.

DAL VERBALE – Domanda al direttore generale della Asl Bari, Antonio Sanguedolce: «Allora, in riferimento ad una serie di articoli stampa pubblicati anche nella stampa odierna, in particolar modo sulla Gazzetta del Mezzogiorno, emerge la situazione relativa al mancato approvvigionamento da parte dell’Asl Bari in esito ad una gara effettuata dalla stessa Asl che ha visto, con riferimento alle mascherine, ai dispositivi di protezione mascherine di varie tipologie, con riferimento in particolar modo alla società la multinazionale 3M; può lei sintetizzarci la vicenda, in particolar modo l’espletamento della procedura di gara, l’invito, come è stata eseguita, il mancato adempimento, ovvero la non fornitura da parte di 3M delle mascherine?»

Sanguedolce: «L’Asl di Bari a ottobre, le do anche il numero di delibera perché questo ce l’ho appuntato, con delibera 1937, che quindi è visibile anche sul sito, eventualmente anche on line adesso, la 1937 del 14 ottobre, tra l’altro in un’epoca quindi dove di corona virus non se ne parlava neanche in Cina, per l’ordinario uso fabbisogno di un’Asl, perché comunque i dispositivi di protezione si usano comunque, ovviamente non in questa quantità, ma si usano, ha fatto una gara per una serie di dispositivi di protezione comprese, con vari lotti, e uno di questi lotti sono le famose maschere facciali filtranti, cosiddette FFP3 ed FFP2, che sono quelle poi, immagino, in questione rispetto all’attenzione principale, ma non è solo questo, poi se vuole poi le aggiungo qualche altra cosa su altri presidi dispositivi di sicurezza(…). Il fabbisogno triennale di quella gara, pre corona virus quindi, era di 28.000 unità indistinte, adesso non ricordo se era indistinto, comunque la somma delle due faceva 28 mila; la gara, questo lotto è stato aggiudicato e ha vinto la gara la 3M con un prezzo di gara a maschera di 1 euro e 25, se confezionate in scatole multiple, credo da 10 pezzi l’una, invece se confezionate monouso, cioè con cellophane mono maschera, il prezzo saliva a 1 e 45».

fonte: MASSIMILIANO SCAGLIARINI – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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