Mafia, sette anni a Dell’Utri, il pg ne avrebbe chiesto l’arresto

palermo.repubblica.it

La Corte d’Appello di Palermo ha condannato  l’ex senatore Pdl Marcello Dell’Utri imputato di concorso esterno in associazione mafiosa confermando la pena di 7 anni.
Secondo l’Ansa e l’Agi il pg Luigi Patronaggio ne avrebbe chiesto l’arresto, paventando il pericolo di fuga. Non è ancora nota la decisione della Corte. La sentenza che ha condannato oggi l’ex senatore del Pdl giunge a 17 anni dall’avvio delle indagini, aperte nel 1994 dalla Procura di Palermo e sfociate nell’ottobre del 1996 nel rinvio a giudizio. Il primo processo, apertosi il 5 novembre del 1997 davanti al Tribunale di Palermo presieduto da Leonardo Guarnotta, era durato sette anni e si era concluso l’11 dicembre del 2004 con la condanna dell’imputato a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa, più due anni di libertà vigilata, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e il risarcimento per le parti civili, il Comune e la Provincia di Palermo. Sulla circolazione delle notizia relative alla richiesta di arresto il neo-presidente del Senato, Pietro Grasso, intervenuto alla trasmissione “Piazza pulita” su La7, si è detto “stupito”: “Non credo che Dell’Utri scappi – ha detto Grasso – ma è una normale prassi cautelativa procedere alla richiesta di arresto e poi diffondere la notizia”.

I PROCESSI E LA SENTENZA
“Vi è la prova -aveva scritto il collegio nella motivazione – che Dell’Utri aveva promesso alla mafia precisi vantaggi in campo politico e, di contro, vi è la prova che la mafia, in esecuzione di quella promessa, si era vieppiù orientata a votare per Forza Italia nella prima competizione elettorale utile e, ancora dopo, si era impegnata a sostenere elettoralmente l’imputato in occasione della sua candidatura al Parlamento europeo nelle file dello stesso partito, mentre aveva grossi problemi da risolvere con la giustizia perché era in corso il dibattimento di questo processo penale”. Quel verdetto era stato parzialmente corretto in secondo grado, in un processo assai più rapido del primo, iniziato il 16 aprile del 2010 e conclusosi il 29 giugno dello stesso anno quando la Corte di Appello, presieduta da Claudio Dall’Acqua, aveva ridotto a sette anni la pena per Dell’Utri, a fronte di una richiesta di 11 anni formulata dal procuratore generale Antonio Gatto. I giudici avevano ritenuto provati i rapporti tra Dell’Utri e la mafia fino al 1992 mentre lo avevano assolto “perché il fatto non sussiste” per i fatti successivi. Aveva però retto l’impianto accusatorio secondo cui Dell’Utri avrebbe fatto da mediatore tra Cosa nostra e Silvio Berlusconi, e lo aveva tra l’altro convinto ad assumere come stalliere ad Arcore il boss Vittorio Mangano, morto di cancro in carcere.

Le immagini / Fotostoria del processo

La sentenza di appello era stata parzialmente annullata il 9 marzo 2012 dalla Cassazione, che aveva accolto il ricorso della difesa di Dell’Utri. Confermata l’assoluzione per le accuse successive al 1992, e per le quali la sentenza è diventata definitiva, la quinta sezione penale della Suprema Corte, presieduta da Aldo Grassi, nelle motivazioni depositate il 24 aprile successivo,aveva spiegato che risulta”probatoriamente dimostrato” il comportamento di Dell’Utri “di rafforzamento dell’associazione mafiosa fino a una certa data, favorendo i pagamenti a Cosa nostra di somme non dovute da parte di Fininvest. Tuttavia -aveva ritenuto la Cassazione- va dimostrata l’accusa di concorso esterno per il periodo in cui il senatore di Forza Italia lasciò Fininvest per andare a lavorare per Filippo Alberto Rapisarda, tra il 1977 e il 1982. Su questo aspetto, la Cassazione aveva disposto un nuovo giudizio davanti a una diversa sezione della Corte di Appello di Palermo, quella presieduta da Raimondo Lo Forti, che si è pronunciata oggi. Il processo bis di secondo grado si era aperto il 18 luglio del 2012, e il 18 gennaio scorso il Pg Luigi Patronaggio aveva chiesto la conferma della pena di sette anni per Dell’Utri. L’ex senatore è stato a condannato anche a risarcire le spese legali delle parti civili che si erano costituire contro di lui, il Comune e la Provincia di Palermo: al Comune Dell’Utri dovrà versare 7.800 euro, mentre alla Provincia dovrà rimborsarne 3.500, come prevede il dispositivo.

LA REAZIONE
“Se arrivasse la prescrizione direi come Andreotti e cioè sempre meglio che niente. E’ una possibilità e staremo a vedere. Io attendo, gli altri facciano i calcoli. Per quel che mi riguarda speravo in un’altra sentenza, ma è arrivata questa condanna: il mio romanzo criminale. Ma accetto il verdetto”. Così Marcello Dell’Utri dopo la sua condanna per concorso esterno in associazione mafiosa. “Fiducia? è una parola grossa. Io continuo ad avere tranquillità – ha proseguito – ci sarà la Cassazione. Ci stava l’assoluzione, ci stava anche la condanna”. “Il romanzo criminale prosegue – dice ancora Dell’Utri – visto che ha molta audience continua. Faranno un altro supplemento del romanzo criminale. Poi ci sarà il processo per la trattativa. Siamo in questo trip e non possiamo fare altro. Che devo fare? Devo dire parolacce? Prendiamo la vita come viene”.

“Certamente siamo delusi e amareggiati. Bisogna rileggere il dispositivo, ma di fatto hanno riconfermato la sentenza d’appello. Faremo ricorso in Cassazione, naturalmente. Noi non tendiamo alla prescrizione, ma se dovesse essere acclarata, non ci opporremmo”, ha aggiunto l’avvocato Giuseppe Di Peri, uno dei legali di Dell’Utri, commentando la condanna.

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