ROMA – Colpo al clan Casamonica. È di 33 arresti e quattro persone al momento ricercate il bilancio di una maxi operazione che ha visto impegnati 250 carabinieri del Comando provinciale di Roma. I militari, dalle prime luci dell’alba, stanno eseguendo tra la Capitale e le provincie di Reggio Calabria e Cosenza 37 misure cautelari in carcere, emesse dal gip di Roma su richiesta della locale Dda. Sono ritenuti responsabili, in concorso fra loro e con ruoli diversi, di aver costituito un’organizzazione dedita al traffico di droga, estorsione, usura, commessi con l’aggravante del metodo mafioso.

· In manette anche il pugile Spada

L’indagine è partita prima ancora dei funerali show di Vittorio Casamonica in una chiesa gremita a piazza Don Bosco nell’agosto del 2015. Per 14 dei 37 arrestati l’accusa è associazione a delinquere di stampo mafioso (416bis) ed è la prima volta per il clan Casamonica. Tra loro c’è il pugile e campione italiano Domenico Spada, detto Vulcano, la cui palestra, frequentata dal senatore 5Stelle Emanuele Dessì, eletto nel collegio di Latina, è stata sequestrata stamane all’alba dai carabinieri del gruppo Frascati, diretti dal colonnello Stefano Cotugno. Dessì ha così commentato: “Mi indicano sempre così ma non sono un amico di Spada, ho solo frequentato la sua palestra”. Ultime ad essere state arrestate due donne: stavano facendo tranquillamente shopping in un centro commerciale quando sono state fermate.

· Un impero fondato sulla paura

Ci sono storie di vessazioni, ricatti, violenza nell’ordinanza firmata dal procuratore aggiunto della Dda Michele Prestipino, in cui la paura che le vittime avevano della famiglia Casamonica ha avuto la meglio sulla denuncia. Non solo boss e affiliati bussavano alle porte degli usurati chiedendo interessi per prestiti lievitati a cifre astronomiche, ma da quelle stesse persone si presentavano anche per avere “un contributo per le spese mediche della famiglia”. E le vittime pagavano, negando poi con i carabinieri di aver mai avuto contatti con quella famiglia. “Preferisco pagare in silenzio che avere problemi con quelli”, ha detto al telefono un uomo al figlio, senza sapere di essere intercettato dai militari.

Roma, blitz contro clan Casamonica: arrestato anche il pugile Domenico Spada

· Il boss: “Nessuno viene a bussare dove sto io”

Il nome Casamonica evoca paura: “Quella è gente con cui non si scherza”. “Nessuno viene a bussare dove sto io”, definiva così il suo impero Giuseppe Casamonica. Per gli inquirenti è lui a capo dell’organizzazione. Uscito dal carcere dopo circa 10 anni di detenzione ha scontato l’ultimo periodo della pena in un buen retiro, una comunità di recupero all’insegna “dell’amore come terapia e come senso della vita” vicino a Fiuggi. Una decisione dei giudici di sorveglianza, che l’hanno ritenuto un semplice tossicodipendente

Lui, detto Bitalo, però, anche da detenuto ha continuato a coordinare le attività e a inviare ordini. A reggere l’organizzazione in sua assenza, secondo la procura di Roma,  è Liliana, la sorella più grande. In vicolo di Porta Furba lei è un punto di riferimento, provvede alla riscossione dei crediti e fa da contabile, mantiene i rapporti con gli avvocati. Era già stata arrestata per aver segregato l’ex cognata minacciando di sfregiarla con l’acido e di portarle via i piccoli.

· Le vittime: da Baldini al figlio di Zeffirelli
Tra le vittime dell’usura di Consiglio e Rocco Casamonica ci sono Enrico Migliarini ritenuto debitore in solido con Marco Baldini, il conduttore famoso per il sodalizio con Fiorello che di recente ha rivelato di non aver mai smesso di giocare e di essere arrivato a un passo dal suicidio . A un tasso annuo del mille per mille: quindi a fronte dei 10mila euro prestati ne ricevono 600mila indietro in 6 anni.
Rocco lo fa addirittura da sorvegliato speciale. Con le consuete minacce. Consiglio, detto Simone, concede finanziamenti, lui che non è iscritto a nessun elenco, anche a Luciano, uno dei due figli adottivi di Franco Zeffirelli. A lui per 20mila euro applica un tasso annuo del 30%.

LA SOLIDARIETA’ DEL CDR DI REPUBBLICA
Il Cdr e la redazione di Repubblica sono al fianco dei colleghi Floriana Bulfon di Repubblica, Piergiorgio Giacovazzo del Tg2 e alla sua troupe, aggrediti ieri mentre documentavano il blitz contro 33 persone accusate di essere legate al clan mafioso dei Casamonica. Se qualcuno ancora pensa di poter condizionare o intimidire con la violenza e le minacce i cronisti che, a Roma come in altre parti d’Italia, lavorano per denunciare gli affari delle mafie, si sbaglia di grosso. I giornalisti di Repubblica sono e saranno sempre dalla parte dei fatti e di chi li racconta.