Mafia, delitto Rostagno: ergastolo per i due imputati

TRAPANI – Ergastolo per entrambi gli imputati.  E’ arrivata alle 23.30 la sentenza della Corte d’Assise di Trapani nel processo a carico del capomafia trapanese Vincenzo Virga e del sicario della famiglia mafiosa Vito Mazzara, accusati di essere rispettivamente il mandante e l’esecutore dell’omicidio di Mauro Rostagno, il sociologo e giornalista ucciso in contrada Lenzi, a Valderice (Trapani) il 26 settembre 1988. Inflitta anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

La Corte, presieduta da Angelo Pellino, era riunita in Camera di Consiglio dalle 12 di martedì scorso, nell’aula bunker del carcere di Trapani. Per i due imputati, entrambi detenuti per altre condanne, i pm della Dda di Palermo Gaetano Paci e Francesco Del Bene avevano chiesto l’ergastolo. Per la pubblica accusa, “il modus operandi seguito nel delitto Rostagno è quello tipicamente mafioso” e il movente sarebbe da rincondurre “all’attività giornalistica, destabilizzante della quiete criminale” che Rostagno conduceva dagli schermi dell’emittente televisiva locale Rtc. I difensori Stefano Vezzadini e Giancarlo Ingrassia, per Virga, e Vito e Salvatore Galluffo, per Mazzara, avevano invece chiesto l’assoluzione dei loro assistiti “per non aver commesso il fatto”.

In aula c’erano la figlia di Rostagno, Maddalena (oggi è il suo compleanno), l’ex compagna Chicca Roveri e la sorella del sociologo-giornalista Carla, parti civili nel processo. Presenti anche l’ex pm e commissario della Provincia di Trapani Antonio Ingroia, che riaprì il caso, e il portavoce del M5S al Senato, il trapanese Vincenzo Santangelo. La lettura della sentenza è stata accolta con evidente soddisfazione, accompagnata in alcuni casi da un pianto liberatorio.

La condanna di Virga e Mazzara fa piazza pulita della tesi che aveva escluso la matrice mafiosa del delitto e aveva puntato all’interno della comunità Saman per tossicodipenti, fondata da Rostagno, adombrando un movente che mescolava storie private con una confusa gestione della struttura. Per lungo tempo, ha tuonato l’accusa, la ricerca della verità è stata frenata da “sottovalutazioni inspiegabili, omissioni, miopie”.

“Se la Corte d’Assise è arrivata a questa decisione – dice ora il pm Paci – è per lo scrupolo e il rigore impiegati in questi anni di indagine nel non tralasciare alcune ipotesi tra quelle emerse nel tempo”.

Il collegio ha condannato i due imputati al risarcimento delle parti civili tra le quali l’Ordine dei giornalisti, la comunità Saman, di cui Rostagno era il fondatore, i familiari del sociologo e l’Associazione della stampa. La Corte ha anche disposto la trasmissione in Procura delle deposizioni di una serie di testimoni tra i quali l’ex sottufficiale dei carabinieri Beniamino Cannas e l’editrice dell’emittente televisiva Rtc, Caterina Ingrasciotta, televisione privata dalla quale Rostagno denunciava Cosa nostra e i suoi legami con la massoneria deviata.

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