Mafia Bat, la “caratura criminale” del boss Gallone nel report DIA. Capoclan foggiano gli chiese di mediare per fermare faida garganica

Mafia lungo l’asse Foggia-Gargano-Cerignola-Bat. Questo raccontano le carte della DIA nell’ultima relazione antimafia pubblicata, periodo di riferimento primo semestre 2019. Focus sul territorio della provincia di Barletta-Andria-Trani, “caratterizzato – si legge – da un tessuto economico-produttivo in ripresa e, quindi, appetibile ai fini dell’infiltrazione mafiosa”. La Bat “offre uno scenario criminale tra i più complessi nella Regione”. Ne è convinta la Direzione Investigativa Antimafia che scrive: “Tale area costituisce il punto d’incontro tra organizzazioni criminali di diversa estrazione geografica (Società Foggiana, malavita cerignolana e criminalità organizzata barese), quasi una cerniera tra le stesse, generando così un quadro locale eterogeneo, la cui peculiarità si traduce anche nella diversificazione dei traffici illeciti (da reati predatori ad estorsioni, usura, contraffazione, contrabbando, mercato degli stupefacenti, nonché riciclaggio)”.

Secondo la DIA, “nonostante tali pervasive influenze esterne, i sodalizi autoctoni conservano una propria autonomia operativa, fondata soprattutto su un forte legame con il territorio. Nel corso del semestre in esame, nella provincia, si sono verificati numerosi fatti di sangue, indicativi di un singolare fermento negli assetti criminali. In tal senso, particolarmente significativo risulta l’omicidio del reggente del gruppo Griner-Capogna,avvenuto nella città di Andria la sera del 24 giugno 2019, nei pressi della villa comunale gremita di passanti. La vittima, scarcerata il precedente 28 aprile 2019 e considerata reggente dell’omonimo clan (vista la detenzione del fratello capoclan), stava attuando una riorganizzazione della gestione del locale mercato degli stupefacenti, ampliando la propria influenza su zone già controllate da altri gruppi criminali, in particolare ai danni dal clan Pesce.

Del resto – è scritto ancora nel report -, la criminalità andriese sembrerebbe aver assunto un ruolo determinante nell’intera provincia, anche grazie al rapporto privilegiato con la malavita cerignolana, particolarmente influente nell’area, specie nel compimento di reati predatori (furti di autovetture, rapine ai tir ed assalti ai portavalori) e nelle più complesse attività di riciclaggio. Degna di attenzione, in tale contesto, risulta l’affiliazione di un pregiudicato, esponente di rilievo della criminalità andriese e luogotenente del clan Griner, da parte del clan Nardino di San Severo, sodalizio che opera in collaborazione con la malavita cerignolana, con i Sinesi-Francavilla della Società foggiana, con esponenti della camorra e con la criminalità albanese”.

Fondamentale “l’influenza della mafia cerignolana, evidente pure nella Valle d’Ofanto (San Ferdinando di Puglia, Trinitapoli e Margherita Savoia) dove, grazie all’importazione dei suoi modelli operativi, alcuni sodalizi avrebbero consolidato la propria posizione sul territorio, dimostrando una particolare capacità pervasiva del tessuto socio-economico attraverso l’immissione di capitali illeciti, principalmente nel comparto agricolo. Dinamiche turbolente si registrano principalmente nel territorio di Trinitapoli dove, dopo la scarcerazione del capoclan del gruppo Gallone-Carbone, tra questi ed il contrapposto clan Miccoli-De Rosa, dall’inizio del 2019, sarebbe scoppiata una nuova faida, nel cui ambito sono maturati gli omicidi dei rispettivi elementi di vertice (il 20 gennaio 2019 del clan Miccoli-De Rosa ed il 14 aprile 2019, del clan Carbone-Gallone)”. Morirono nell’ordine, il 41enne Pietro De Rosa e il 63enne Cosimo Damiano Carbone, nomi di spicco delle due organizzazioni.

Cosimo Damiano Carbone

“L’operazione ‘Nemesi’ – ricorda la DIA –, scaturita dalle indagini sul primo omicidio, ha ricostruito la strategia del gruppo Gallone-Carbone, volta a destabilizzare gli assetti della criminalità locale, colpendo, in una serie di agguati, l’antagonista clan Miccoli-De Rosa, il gruppo Visaggio, originario di San Ferdinando di Puglia e referente della malavita cerignolana nella Valle d’Ofanto, e la criminalità organizzata andriese. Il riconoscimento della caratura criminale del capoclan Giuseppe Gallone in ambito provinciale sarebbe emerso quando il boss Pasquale Moretti (della Società Foggiana) avrebbe chiesto una mediazione presso Enzo Miucci, il reggente del clan dei montanari Li Bergolis-Miucci, per giungere ad un compromesso con il clan Lombardi-Ricucci-La Torre (mafia garganica) ai fini di una tregua alla faida del Gargano”. Moretti, infatti, temeva per la vita del padre Rocco,storico boss della Società, alleato con il gruppo di Lombardi.

Giuseppe Gallone e Pasquale Moretti; sullo sfondo, l’omicidio di Gentile a Mattinata

Nemesi individuò, infine, “una propaggine del clan Carbone-Gallone nel territorio di Trani, in due pregiudicati già legati al clan tranese Corda, fortemente indebolito a seguito delle inchieste giudiziarie che lo hanno colpito”.

Riguardo a Margherita di Savoia si legge che “l’assenza di organizzazioni strutturate locali favorisce le strategie di espansione dei clan limitrofi (in particolare degli andriesi) che individuano in quella città, in quanto meta turistica, un obiettivo altamente remunerativo per le floride piazze di spaccio e per la presenza di esercizi commerciali e strutture balneari da sottoporre ad estorsione o da utilizzare per le attività di riciclaggio”.

Lungo la litoranea tra Trani e Bisceglie “permane la forte influenza dei clan baresi ed in particolare dei Capriati”. A Trani, alla luce delle vicissitudini investigative e giudiziarie che hanno colpito i gruppi Corda e Colangelo, “si sono creati dei vuoti operativi, potenziali fonti di fibrillazione criminale”.

A Bisceglie, nell’ambito dell’operazione “Educazione Criminale”, le indagini, avviate a seguito di atti intimidatori in danno di un pregiudicato sorvegliato speciale di P.S., “hanno ricostruito una rete di soggetti dediti al rifornimento ed allo spaccio degli stupefacenti, gestita attraverso l’efficace connubio tra figure criminali storiche e nuove leve ‘arruolate’ con funzioni di pusher. Il sodalizio si approvvigionava anche fuori del territorio di competenza, presso i gruppi di Andria e Castellana Grotte”.

A Barletta, invece, come emerso nell’ambito dell’operazione “Nabucodonosor”, la DIA fa sapere che “il mercato degli stupefacenti sarebbe gestito non solo dal clan storico Cannito-Lattanzio (che prevalentemente curava il mercato della cocaina), ma anche dai sodalizi Albanese (cocaina e marjuana), Sarcina e Lombardi (marijuana). L’inchiesta, che ha riguardato un totale di 126 soggetti (indagati anche per estorsioni, rapine, detenzione illegale di armi e munizioni, incendio doloso, con l’aggravante, per alcune delle fattispecie contestate, del metodo mafioso), ha ricostruito le evoluzioni dei sodalizi operanti in quel comune a partire dagli anni ’80, mettendo in evidenza come la detenzione dello storico capoclan Cannito non abbia frenato la recente riorganizzazione del gruppo, che avrebbe riconquistato una posizione di egemonia”.

A Canosa di Puglia gli investigatori evidenziano che “permane l’influenza dei gruppi dei limitrofi comprensori di Andria e Barletta e, soprattutto, della malavita cerignolana”.

E ancora: “A dimostrazione dell’elevata specializzazione acquisita dalle cosche locali nelle attività di riciclaggio, nell’ambito dell’operazione ‘Chiavi della Città’, è stata ricostruita l’attività di un sodalizio, i cui componenti sono stati ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere, riciclaggio, autoriciclaggio, bancarotta, falso, appropriazione indebita, peculato e abuso d’ufficio. Tra i cinque arrestati, un ruolo di rilievo era rivestito da un imprenditore barese, già coinvolto in una precedente indagine per bancarotta fraudolenta. L’indagine ha riguardato cospicue somme di denaro destinate al pagamento delle spese di gestione di un’associazione sportiva dilettantistica di Trani, in cambio di favori per le società dell’imprenditore nelle procedure per l’affidamento di appalti indetti dal Comune. Le attività investigative hanno ricostruito una serie di rapporti tra soggetti e società, fino a metterne in luce il collegamento con soggetti coinvolti nella vicenda giudiziaria oggetto dell’indagine ‘Scommessa’ relativa alla gestione del gioco di azzardo e delle sale scommesse da parte dei clan Martiradonna, Capriati e Parisi di Bari, dimostrando pericolosi intrecci tra criminalità organizzata, imprenditoria ed apparati della pubblica amministrazione”.

Si segnala, infine, un particolare episodio di violenza “che si è verificato il 25 aprile 2019, a Bisceglie, quando nei pressi del mercato ittico, un pregiudicato per spaccio di stupefacenti ha esploso alcuni colpi di arma da fuoco contro il Comandante ed un Maresciallo della Tenenza dei Carabinieri. L’episodio – conclude la DIA – ha determinato una certa eco mediatica, oltre che per la violenza dell’evento, soprattutto per la vicinanza temporale con l’omicidio del Maresciallo Vincenzo Di Gennaro, avvenuto a Cagnano Varano, il precedente 13 aprile”.

fonte: www.immediato.net

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