Mafia a Bari, Martiradonna e quei 22 milioni riciclati per il clan: così lo aiutavano anche alcuni avvocati

Il decreto che ha disposto la confisca di una parte del tesoro della famiglia Martiradonna racconta come si sta trasformando a Bari la vecchia mafia. Non più pistole ma “clic” per trasferire milioni in un batter d’occhio – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it
 
Ci sono gli immobili di lusso e le quote societarie delle sale scommesse, le barche a vela e le Bmw ma anche collezioni di orologi Rolex e di borse dei marchi più costosi: il decreto che ha disposto la confisca di una parte del tesoro della famiglia Martiradonna e dei loro presunti complici racconta come si sta trasformando a Bari la vecchia mafia. Non più pistole, come diceva uno dei Martiradonna in una conversazione intercettata con un Capriati, ma “clic” ovvero i movimenti del dito sulla tastiera del computer, che consentono “ai migliori adepti” di trasferire milioni in un batter d’occhio. Di investire e fare affari con gente insospettabile, ripulendo il denaro guadagnato illecitamente.
 
Operazioni su cui la Procura di Bari ha acceso i riflettori già da tempo, come ha ricordato il procuratore Roberto Rossi nel corso del forum a Repubblica, spiegando che a Bari esiste una “grande ricchezza non giustificata” su cui gli investigatori tengono gli occhi aperti. Una parte, ha detto il magistrato, viene certamente dall’evasione fiscale mentre un’altra parte può essere frutto del riciclaggio dei soldi della criminalità. Così era per il tesoro dei Martiradonna da 22 miioni scoperto dai finanzieri del Gico nell’inchiesta “Scommesse“, che nel novembre 2018 fece finire agli arresti 22 persone, ritenute responsabili della gestione di una vera e propria holding delle scommesse sportive, che in quattro anni aveva movimentato circa un miliardo. A capo di questo gruppo, con ramificazioni a Malta e investimenti tra Londra e Miami, ci sarebbe stato Vito Martiradonna, l’ex cassiere dei Capriati detto “Vitin’ l’enèl“, definito dal giudice che lo fece arrestare “una grossa mente” .
 
A lui si deve il salto di qualità del gruppo, con la creazione di una rete che partiva da Bari, passava per la Campania, Sicilia e Calabria e si estendeva fino alla Romania e alle Seychelles. Martiradonna aveva scelto i suoi uomini di fiducia in famiglia i figli Michele, Francesco e Mariano, i nipoti Antonio e Michele Buontempo, la cognata Mariella Franchini e poi una serie di master e agenti. E, per non avere problemi con il clan più potente di Bari, aveva stretto anche un accordo con Savino Parisi, inglobando negli affari il figlio Tommaso.
 
Anche a lui, nei giorni scorsi, è stato notificato il decreto di confisca, che ha fatto diventare definitivi i sequestri disposti dopo i patteggiamenti. A Tommy sono state sottratti beni riferibili alle sale scommesse di Valenzano, Torre a mare, Triggiano, via De Gemmis e via Peucetia a Bari nonché in via Caduti Partigiani. A Vito Martiradonna un Rolex da 3.500 euro, una Clio, parti degli immobili ubicati a Bari in via Ricciotto Canudo e Strada quercia, denaro contante e Poste pay. Altri orologi (due Rolex e due Bulgari) sono stati sequestrati al figlio Michele, nella cui disponibilità sono stati trovati anche tantissimi gioielli (dalle collane con i brillanti agli orecchini di perle, bracciali con pietre blu e altri orecchini), 24 borse Chanel, 8 di Hermès, 3 Valentino, 10 Luis Vuitton e un trolley della stessa marca.
 
Michele Martiradonna era anche proprietario di un appartamento a Londra e forse di altri immobili, di cui nel frattempo si potrebbe essere disfatto. Dalle intercettazioni fatte all’epoca delle indagini dai finanzieri, del resto, era emerso un iperattivismo dei figli di Vitin’nella compravendita di immobili all’estero.
Quando valutavano la scelta tra un appartamento da un milione e uno da 1,6 nel Miami Center, per esempio, uno diceva all’altro: “Va bene, lo prendiamo ma non è che lo prendiamo per farne un punto di appoggio, dobbiamo fare il business, perché dato in affitto frutterebbe 4.000 dollari al mese” . A dimostrazione di un enorme fiuto negli affari. Che spesso veniva aiutato anche da colletti bianchi, tra cui alcuni avvocati, e anche da esponenti delle forze dell’ordine infedeli. Il decreto di confisca è stato notificato anche a Mariano Martiradonna, Antonio e Michele Buontempo, Giovanni Paolo Memola, Mariella Franchini, Francesco Catacchio, Raffaele Tagliente, Giuseppe La Gala, Santino Concu, Dante Taranto. Per tutti le pene patteggiate sono diventate definitive.

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