
La vittima sotto scacco di 12 persone ritenute vicine alla frangia di Enziteto del clan Strisciuglio, tra cui anche Saverio Faccilongo, alla guida dell’articolazione – fonte: Gennaro Totorizzo – bari.repubblica.it
Le minacce arrivavano anche dal carcere, da un detenuto che intimava in videochiamata di consegnare il denaro. Ma dopo otto anni di vessazioni, un commerciante barese, titolare di una carrozzeria nel quartiere Palese di Bari, ha denunciato i suoi aguzzini che chiedevano il pizzo. Prima, a febbraio, tre di loro sono stati fermati dai Carabinieri (due in flagranza), e ora, con l’avanzamento delle indagini, ne sono stati arrestati altri 12 ritenuti vicini alla frangia di Enziteto del clan Strisciuglio, tra cui anche Saverio Faccilongo, “Benzina” – alla guida dell’articolazione – detenuto già al 41 bis.
Al termine dell’operazione condotta dai Carabinieri del comando provinciale di Bari, la gip del tribunale di Bari Valeria Isabella Valenzi, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, ha emesso 12 ordinanze di custodia cautelare in carcere (sette erano già detenuti anche in altre parti d’Italia) nei confronti dello stesso Saverio Faccilongo e di Michele e Vittorio Bruno Faccilongo, Giuseppe Caizzi, Vito Antonio Catacchio, Francesco De Marzo, Pietro Mercoledisanto, Tommaso Peschetola,Giovanni Sgaramella, Raffaele Stella, Antonio Tortora e Giovanni Tritto, a vario titolo per estorsione continuata in concorso aggravata dal metodo mafioso.
“Dico ai cittadini di aver fiducia nelle istituzioni – ha commentato il procuratore Roberto Rossi – È più vantaggioso affidarsi allo Stato: si recupera la dignità e si evita di continuare a pagare soldi, questa ne è la prova. Sicuramente ci sono altre vittime, stiamo indagando, ma è opportuno che vengano a parlare con le forze dell’ordine, devono avere fiducia. Il clan è in difficoltà, ha bisogno di soldi, quindi noi dobbiamo togliergli questo flusso: così muore”.
Tutto parte da febbraio, quando sempre per racket ai danni del carrozziere, tre giovani – Emanuele Lacalamita, 22enne, Giuseppe Sebastiano, 25enne, e Saverio Petriconi, 21enne – erano stati fermati: i primi due, in flagranza, per estorsione aggravata dal metodo mafioso e il terzo, dopo un inseguimento, per porto e detenzione illegali di arma aggravata dal metodo mafioso. L’indagine si è allargata e ha consentito di ricostruire episodi che risalivano addirittura al 2015, e continuati fino a tutto al 2017, e che coinvolgevano altre 12 persone. “Una lunghissima serie di vessazioni”, l’ha definita il procuratore aggiunto e coordinatore della Dda di Bari, Francesco Giannella.
Venivano per esempio chiesti lavori gratuiti da effettuare sui veicoli a bordo dei quali si trovavano persone armate di pistola, oppure risarcimenti per riparazioni che sarebbero state eseguite male. E così si facevano consegnare denaro. Anche per “regali natalizi” oppure per aiutare i detenuti e pagare gli avvocati. Dopo tanti anni, il commerciante ha deciso di denunciare: per questo, dopo gli arresti di febbraio, è stato anche minacciato. “L’ex moglie lo ha anche rimproverato per aver fatto arrestare quelle persone, gli ha detto che avrebbe potuto risolvere la cosa, come sempre, in maniera ‘elegante’ – continua Giannella – E’ come l’usura: non se ne esce mai in altri modi e la denuncia rappresenta la migliore protezione per la vittima. Questa cultura omertosa deve finire, e in quel territorio l’omertà regna sovrana”.
Fondamentale è stata la rapidità del provvedimento. Ma la riforma della giustizia firmata dal ministro Carlo Nordio potrebbe rallentarli notevolmente: “Le misure cautelari sono importanti in un procedimento di mafia, così come è importante che siano fatte in tempi brevi – ha rimarcato Rossi – Attualmente gli uffici dei gip sono in grandissima difficoltà perché il numero di misure che chiediamo per reati gravi è altissimo e con il nuovo disegno di legge i tempi saranno triplicati e allungati tanto da non rendere più efficace, spesso, la misura”.